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Ma questa spiegazione troppo semplice non convinceva Norton. Alcuni pezzi del rompicapo cominciavano a trovare la sistemazione, sebbene ne mancassero ancora moltissimi. L'assenza di segni d'invecchiamento, di logorio, per esempio, e quella sensazione di nuovo, come se Rama fosse stato appena creato.

Con lenta decisione, Norton aprì finalmente gli occhi e cominciò a fare un inventario accurato di tutto quello che vedeva.

Per prima cosa doveva crearsi una specie di sistema di riferimento. Stava guardando nel più enorme spazio chiuso mai visto dall'uomo, e, per potercisi orientare, doveva farne una specie di mappa mentale.

La forza di gravità, così debole, non gli era di nessun aiuto, perché gli bastava un leggero sforzo per trasformare il su in giù, in qualsiasi direzione volesse. Ma certe direzioni erano psicologicamente pericolose, e quando la sua mente tentava di soffermarvisi, doveva scacciarle subito.

Meglio di tutto, per la sua sicurezza mentale, era pensare di trovarsi sul fondo concavo di un pozzo gigantesco largo sedici chilometri e alto cinquanta. Questa versione toglieva la paura della caduta. Però presentava gravi difetti.

Poteva immaginare che le città e le zone di forme e colori diversi fossero tutte attaccate solidamente alle pareti incombenti. Le numerose e complesse strutture che vedeva pendere dalla cupola sovrastante forse non erano più sconcertanti del grande lampadario di una sala da concerti. Ma quello che non riusciva accettabile era il Mare Cilindrico.

Lassù, a mezz'aria intorno alla parete del pozzo, c'era una fascia d'acqua che girava tutt'intorno senza nessun sostegno visibile. E non c'era dubbio: si trattava proprio di acqua. Era di un azzurro vivo punteggiato da chiazze luminose, dove la luce batteva sugli ultimi resti dei ghiacci galleggianti. Ma un mare verticale che forma un cerchio completo a venti chilometri di altezza è un fenomeno talmente sconcertante che, dopo un po', Norton cercò di trovare un'alternativa.

Spostò la scena di novanta gradi e di colpo il pozzo profondo diventò un tunnel chiuso alle due estremità. Giù era naturalmente in direzione della scala e della gradinata, e in questa prospettiva poté finalmente apprezzare la visuale secondo cui gli architetti avevano costruito quel mondo.

Lui stava aggrappato alla faccia di uno strapiombo curvo alto sedici chilometri, la metà superiore del quale si alzava complessivamente fino a fondersi col tetto arcuato di quello che era adesso il cielo. Sotto di lui, la scala a pioli scendeva per più di cinquecento metri, per terminare nella prima sporgenza o terrazza. Di qui aveva inizio la gradinata che scendeva verticale dapprima in regime di scarsa attrazione gravitazionale e poi diventava lentamente sempre meno ripida finché, dopo essere stata interrotta da altre cinque terrazze, raggiungeva la pianura lontana.

Lo strapiombo di quella ciclopica scalinata era tale per cui risultava impossibile valutarlo nella sua esatta misura. Una volta Norton aveva sorvolato l'Everest ed era rimasto colpito dalle sue dimensioni. Quella scalinata era alta come l'Himalaya, ma il confronto non serviva a niente.

E non c'erano confronti validi per le due altre gradinate. Beta e Gamma, che digradavano all'insù verso il cielo per poi curvarsi lassù al di sopra della sua testa. Norton si sentiva ormai sicuro e arrischiò di curvarsi all'indietro per guardarle un momento. Ma cercò subito di cancellarne l'immagine dalla mente.

Il troppo insistere sull'argomento riportava una terza immagine di Rama che Norton era ansioso di distruggere a tutti i costi. Era l'immagine che ne derivava considerandolo ancora come un cilindro, o pozzo verticale, di cui non occupava il fondo ma la sommità, come una mosca che si arrampica a testa in giù su un soffitto a volta, con un precipizio di cinquanta chilometri sotto di sé. Tutte le volte che gli ritornava alla mente questa immagine doveva ricorrere a tutta la sua forza di volontà per non aggrapparsi alla scala in preda al panico.

Sapeva che col tempo i suoi timori si sarebbero sopiti. Le meraviglie e la singolarità di Rama avrebbero preso il sopravvento almeno in coloro che erano abituati ad affrontare la realtà dello spazio. Forse, uno che non avesse mai lasciato la Terra e non si fosse mai trovato fra le stelle, nello spazio, non avrebbe potuto sopportare quella vista. Ma se c'era qualcuno che poteva riuscirci, pensò Norton con grinta e decisione, erano il Comandante e l'equipaggio della Endeavour.

Guardò il cronometro. La pausa era durata solo due minuti, ma gli erano sembrati anni. Con uno sforzo, per contrastare la gravità e la propria inerzia, riprese a salire lentamente fino alla cima della scala. Prima di entrare nel compartimento stagno, si voltò ancora a guardare Rama.

In quei pochi minuti era cambiato. Dal mare stava levandosi la nebbia e per le prime centinaia di metri le fantomatiche colonne bianche si inclinavano bruscamente in direzione del senso di rotazione di Rama. Poi, cominciavano a dissolversi in volute capricciose man mano che l'aria gettata verso l'alto cercava di scaricarsi del proprio eccesso di velocità. Gli alisei del mondo cilindrico cominciavano a segnare il proprio cammino nel cielo: stava per scoppiare il primo uragano tropicale dopo migliaia di anni.

19

Per la prima volta dopo parecchie settimane fu possibile riunire il Comitato Rama. Il professor Solomons era emerso dalle profondità del Pacifico dove era andato a studiare gli scavi minerari lungo la fossa che corre al centro dell'oceano. E adesso che si era presentata la possibilità che Rama potesse offrire qualcosa di più interessante dei manufatti, si era rifatto vivo anche il dottor Taylor.

Il presidente si aspettava che il dottor Perera fosse ancor più dogmatico e sicuro del solito, dal momento che le sue previsioni di un uragano su Rama erano state confermate. Ma con gran sorpresa di sua eccellenza, Perera fu talmente modesto e accettò le congratulazioni dei colleghi con tanta riluttanza da mettere gli altri nell'imbarazzo.

In realtà, l'esobiologo era molto mortificato perché lo spettacolare scioglimento dei ghiacci del Mare Cilindrico era un fenomeno molto più ovvio degli uragani, eppure non ci aveva pensato. Essersi ricordato che l'aria calda tende a salire, ma essersi dimenticato che il ghiaccio si scioglie non era un risultato di cui un esperto potesse andare molto fiero. Ma non era uno stato d'animo che sarebbe durato a lungo, e in breve il dottor Perera riacquistò la sua olimpica sicurezza.

Quando il presidente gli diede la parola dopo avergli chiesto se avesse previsto altri cambiamenti meteorologici, si tenne prudentemente sulle generali.

— Vi dovete rendere conto — spiegò — che la meteorologia di un mondo singolare come Rama può serbarci altre sorprese. Ma se i miei calcoli sono esatti, non ci saranno altri uragani, e le condizioni atmosferiche torneranno a stabilizzarsi. Ci sarà un lento aumento della temperatura fino al perielio, e oltre, ma questo non ci deve preoccupare, in quanto la Endeavour l'avrà lasciato già da un pezzo.

— Si potranno quindi riprendere le esplorazioni senza pericolo?

— Direi di sì. Ma potremo averne la certezza solo fra quarantott'ore.

— Non si può fare a meno di rientrare nell'interno di Rama — disse l'ambasciatore di Mercurio. — Dobbiamo cercare di saperne il più possibile, adesso che la situazione è completamente cambiata.

— Credo di capire cosa intendete dire, ma vorreste spiegarvi meglio?

— Senz'altro. Finora abbiamo creduto che su Rama non ci fosse vita, e che andasse alla deriva. Ma adesso non possiamo più pensare che sia un relitto. Anche se non ci sono forme di vita a bordo non è detto che non sia guidato e controllato da meccanismi robot programmati per determinate incombenze… qualcuna delle quali potrebbe rivelarsi dannosa per noi. Per quanto l'idea possa sembrare sgradevole, dobbiamo anche prendere in considerazione il problema della difesa.

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