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— Uno, due, tre, quattro…

— Ricevuto solo in parte. Trasmettete per quindici secondi solo il segnale, poi riprendete a parlare.

— Pronto.

Jimmy attivò il segnale automatico che serviva a localizzarlo in qualunque punto si trovasse, e contò i secondi. Poi chiese preoccupato: — Cosa succede? Mi sentite, adesso?

Probabilmente non lo sentivano, perché l'operatore chiese una ripresa di quindici secondi. Solo dopo aver ripetuto due volte la domanda, Jimmy riuscì a farsi capire.

— Siamo contenti che possiate sentirci, Jimmy. Ma c'è qualche cosa di strano dalla vostra parte. Ascoltate la registrazione.

Jimmy ascoltò il noto fischio del suo segnale; sulle prime gli parve normalissimo, poi si verificò una strana distorsione. Il fischio di mille cicli arrivava modulato, a impulsi così bassi che si percepiva appena. Era un sussurro basso, profondo, di cui si percepiva ogni vibrazione. Anche le modulazioni si innalzavano e cadevano a intervalli di cinque secondi.

A Jimmy non passò neanche per l'anticamera del cervello che ci fosse un guasto nella sua trasmittente. Si trattava di un disturbo esterno, ma in cosa consistesse, non avrebbe saputo dirlo.

Anche il Controllo Mozzo brancolava nel buio, ma aveva un'ipotesi.

— Crediamo che ci sia una specie di campo molto intenso, probabilmente magnetico, con una frequenza di dieci cicli. Potrebbe essere abbastanza forte da risultare pericoloso. Meglio che vi allontaniate di lì, può darsi che si tratti di un fenomeno localizzato. Continuate a trasmettere il segnale, noi ve lo rinviamo. Così potrete dirci quando sarete uscito dalla zona d'interferenza.

Jimmy liberò in fretta la bomba adesiva e rinunciò al tentativo di atterraggio. Fece compiere un ampio cerchio alla Libellula mentre dagli auricolari gli veniva ritrasmesso il fischio del segnale. Dopo aver percorso pochi metri sentì che il disturbo diminuiva rapidamente. Come aveva ipotizzato il Controllo, si trattava di un fenomeno localizzato.

Si fermò quando era ormai appena percettibile, come una tenue pulsazione, allo stesso modo che un selvaggio avrebbe potuto ascoltare il ronzio di un trasformatore elettrico.

Qualunque fosse l'origine di quel rumore misterioso, e quale ne fosse il significato, Jimmy fu ben felice di uscire dalla zona in cui si verificava lo sconcertante fenomeno. Là, fra le gigantesche strutture architettoniche del Polo Sud, non era certo il posto più adatto per ascoltare, in completa solitudine, la voce di Rama.

27

Mentre iniziava la via del ritorno, l'estremità settentrionale di Rama sembrava a Jimmy lontanissima. Anche le tre scalinate gigantesche erano appena visibili, come una Y appena scalfita sulla volta che chiudeva il mondo. La fascia del Mare Cilindrico era un'enorme barriera minacciosa che aspettava di inghiottirlo, come Icaro, se le sue fragili ali avessero ceduto.

Aveva fatto tutto il percorso d'andata senza difficoltà, e sebbene adesso fosse un po' stanco, sapeva che non aveva motivo di preoccuparsi. Finora, eccitato com'era, non aveva mangiato né bevuto. Decise di procedere più adagio, durante il ritorno, e di sostare di tanto in tanto. Inoltre, se voleva, poteva accorciare il percorso di una ventina di chilometri perché una volta superato il mare, niente gli avrebbe impedito di compiere un atterraggio d'emergenza nell'emisfero settentrionale. Certo, non sarebbe stato divertente fare una lunga passeggiata, né dover abbandonare la Libellula, ma solo pensare che avrebbe potuto farlo gli dava un senso di conforto.

Stava acquistando quota, risalendo verso la punta dell'aculeo centrale, quando cominciò a provare una sensazione strana, un senso di premonizione misto a un vero e proprio disagio fisico e psicologico. Gli venne improvvisamente in mente una frase che aveva letto, e che ora non servì certo a sollevargli il morale: Qualcuno sta camminando sulla tua tomba.

Sulle prime la ignorò, continuando a pedalare regolarmente. Non aveva la minima intenzione di riferire al Controllo quello che provava, era troppo vago e incomprensibile. Ma poiché la sensazione aumentava, peggiorando, fu tentato di farlo. Non poteva trattarsi di un disturbo psicologico, perché in tal caso la sua mente sarebbe stata più influenzabile di quanto credeva. Eppure si sentiva accapponare la pelle.

Seriamente allarmato, si fermò a esaminare la situazione. Quello che la rendeva ancora più strana era il ricordo di averla già provata in altre circostanze, anche se non ricordava quando.

Si guardò intorno. Tutto era come prima. Il gigantesco aculeo del Big Horn lo sovrastava di qualche centinaio di metri, e otto chilometri più in basso si stendeva il complicato mosaico del continente meridionale, pieno di meraviglie che nessuno aveva mai visto. In quel panorama totalmente estraneo, ma che stava diventandogli familiare, non c'era niente che potesse essere la causa del suo disagio.

Si sentì prudere il dorso della mano e per un attimo pensò distrattamente che vi si fosse posato un insetto, e fece per scacciarlo con l'altra mano. Ma non completò il gesto perché s'era improvvisamente reso conto di quanto fosse assurdo: su Rama non c'erano insetti…

Sollevò la mano, perplesso perché continuava a prudergli, e allora si accorse che tutti i peli erano ritti. Guardò l'avambraccio nudo fino al gomito: anche lì i peli stavano ritti e così anche i capelli, come poté constatare passandosi una mano sulla testa.

Ecco cosa gli stava succedendo! Si trovava immerso in un potentissimo campo elettrico. Il senso di oppressione e di pesantezza erano gli stessi che si provano a volte prima che scoppi un violento temporale.

Questa constatazione portò Jimmy sull'orlo del panico. Finora non si era mai trovato in una situazione così pericolosa. Come tutti gli spaziali aveva avuto noie a causa di qualche apparecchiatura difettosa o per colpa della sua inesperienza, ma si era trattato di brevi episodi durati pochi minuti, di cui poi aveva subito riso.

Ma stavolta non avrebbe potuto cavarsela in pochi minuti. Si sentiva nudo e solo in un cielo improvvisamente ostile, circondato da forze titaniche che potevano scaricare la loro furia su di lui da un momento all'altro. La Libellula, già fragile di per sé, adesso gli pareva addirittura inconsistente. La prima detonazione dell'uragano che si andava caricando l'avrebbe ridotta in briciole.

— Controllo Mozzo — si affrettò a comunicare — si sta creando una carica di energia statica intorno a me. Credo che fra poco scoppierà un temporale.

Aveva appena finito di parlare quando un lampo saettò alle sue spalle. Aveva contato fino a dieci quando lo raggiunse il rombo del tuono. Una distanza di tre chilometri… cioè all'estremità dei Little Horns. Si voltò da quella parte e vide che i sei aculei sembravano avvolti dalle fiamme. Rapide scariche, lunghe centinaia di metri, danzavano dalle loro punte, come se gli aculei fossero giganteschi conduttori di energia.

Ma quello che succedeva laggiù poteva ripetersi su scala molto maggiore intorno alla punta del Big Horn, perciò doveva cercare di allontanarsi immediatamente e il più in fretta possibile da quel vicino pericoloso e riparare in una zona sicura. Ricominciò a pedalare più in fretta che poteva, senza però forzare troppo la Libellula. Intanto, stava perdendo quota. Sarebbe finito in zone dove la forza di gravità era superiore, ma ormai era preparato a correre quel rischio. Otto chilometri erano un'altezza eccessiva perché potesse stare col cuore tranquillo.

Il sinistro nero aculeo del Big Horn non emetteva ancora scariche, almeno non visibili, ma Jinimy era certo che in quel punto si stava accumulando un potenziale elevatissimo. Di tanto in tanto il tuono rombava alle sue spalle, rotolando lungo tutta la circonferenza del mondo. Strano, un temporale a ciel sereno, pensò Jimmy, per poi correggersi: quello non era un fenomeno meteorologico. In realtà doveva trattarsi semplicemente di una perdita di energia da parte di qualche fonte interna, nascosta nella calotta meridionale di Rama. Ma perché adesso? E, cosa ancora più importante, cosa sarebbe successo?

30
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