Dopo venti minuti di navigazione, New York non era più un'isola lontana, ma una vera città le cui strutture cominciavano a rivelarsi ben definite al cannocchiale. E anch'essa, come tutto quello che esisteva su Rama, era triplicata. Era infatti formata da tre complessi circolari identici, posti su un lungo basamento ovale. Le foto prese dal mozzo avevano inoltre rivelato che ognuno di quei complessi era a sua volta diviso in tre parti uguali, come una torta tagliata a fette di 120°. Questa particolarità avrebbe facilitato enormemente l'esplorazione, in quanto era presumibile che bastasse esaminare un nono di New York per sapere com'era nel suo complesso. Ma anche così, non sarebbe stato un lavoro da poco: c'era da esaminare un buon chilometro quadrato di edifici e macchinari, alcuni dei quali alti centinaia di metri.
I ramani avevano portato alla perfezione l'arte di triplicare tutto. Lo dimostravano i compartimenti stagni, le scale e i soli artificiali. E nei casi più importanti, come a New York, avevano costruito tre copie uguali di ognuno dei tre esemplari identici.
Ruby diresse la Resolution verso il complesso centrale dove una scala saliva dalla superficie del mare alla sommità del muro, o argine, che circondava l'isola. C'era anche un molo a cui attraccare, e quando lo vide Ruby fu felice. Adesso poteva sperare di trovare una delle imbarcazioni con cui i ramani navigavano sul loro straordinario mare.
Il primo a sbarcare fu Norton. — Aspettate in barca — disse ai compagni, — finché sarò arrivato in cima al muro. Quando vi farò un cenno, Peter e Boris mi raggiungeranno. Ruby, voi restate al timone, così se dovremo partire in fretta non perderemo tempo. E se dovesse capitarci qualcosa, riferite a Karl e attenetevi ai suoi ordini. Mi raccomando, decidete per il meglio ma evitate eroismi inutili.
— Sì, Comandante. In bocca al lupo.
La scala era identica a quella che avevano disceso per arrivare alla riva opposta del mare, dove in quel momento i loro compagni stavano osservandoli al telescopio. In linea retta. Sì, perché in quell'unica direzione, parallela all'asse di Rama, il mare era completamente piatto. E probabilmente quello era l'unico corpo acqueo dell'universo ad avere parte della superficie piana, perché su tutti gli altri mondi, fiumi e laghi seguivano la superficie di una sfera, curvandosi in tutte le direzioni.
— Sono arrivato quasi in cima — riferì Norton agli altri che aspettavano con ansia a cinque chilometri di distanza. — Tutto tranquillo. Radiazioni normali. Tengo il contatore al di sopra della testa, nell'ipotesi che il muro costituisca uno scudo contro… contro non so cosa. E se ci sono creature ostili dall'altra parte, spareranno prima al contatore.
Naturalmente scherzava, ma perché correre rischi inutili quando era così facile evitarli?
Superato l'ultimo gradino, scoprì che la sommità piana dell'argine era larga una decina di metri. Verso l'interno dell'isola una serie alternata di rampe e scale scendeva fino al livello della città, venti metri più in basso. Trovandosi sulla sommità di quell'alto muro che racchiudeva New York, poteva abbracciarla tutta con lo sguardo.
Era uno spettacolo grandioso nella sua complessità e Norton si affrettò a filmarlo spostando lentamente la macchina da presa. Poi agitò la mano per chiamare i compagni, e trasmise agli altri: — Nessun segno di attività. Tutto tranquillo. Cominciamo l'esplorazione.
23
Non era una città. Era una macchina. Norton era arrivato a questa conclusione dopo dieci minuti, e non ebbe motivo di cambiare idea dopo avere attraversato tutta l'isola. Una città, qualunque sia la natura dei suoi occupanti, deve fornire loro mezzi di trasporto: qui non se ne vedevano, a meno che non fossero sotterranei. E poi, dov'erano gli ingressi, le scale, gli ascensori? Non avevano trovato niente che potesse somigliare a una porta.
Più che una città, quel posto ricordava un gigantesco impianto chimico. Però non c'erano depositi di materie prime, né tantomeno mezzi di trasporto per spostarle da un capo all'altro. Non si riusciva neppure a immaginare da dove sarebbero usciti i prodotti finiti… o quali fossero questi prodotti. Era sconcertante, e gli esploratori erano irritati e delusi.
— Qualcuno crede di aver capito qualcosa? — chiese alla fine Norton. — Se è una fabbrica, cosa produce? E da dove vengono le materie prime?
— Io ho un'idea — rispose Mercer dalla riva opposta del mare. — Potrebbe ricavarle dall'acqua. La dottoressa dice che contiene tutti gli elementi possibili e immaginabili.
Era un'ipotesi plausibile, che Norton aveva già preso in considerazione. Potevano esserci tubi sotterranei che sfociavano in mare, anzi dovevano esserci, perché qualsiasi stabilimento chimico ha bisogno di grandi quantitativi d'acqua. Ma sospettava delle spiegazioni plausibili, perché spesso si dimostravano sbagliate.
— Ottima idea, Karl. Ma cosa se ne fa dell'acqua di mare, New York?
Nessuno rispose per qualche minuto dalla nave, dal mozzo o dalla spiaggia. Poi una voce inaspettata ruppe il silenzio.
— La risposta è facile, Comandante, ma ho paura che mi prenderete in giro.
— Non temete, Ravi. Avanti.
Ravi McAndrews, capo steward nonché incaricato della sorveglianza degli scim, era l'ultima persona a bordo della Endeavour da cui Norton si aspettasse un parere tecnico. Il suo QI era modesto e le sue nozioni scientifiche minime, ma non era uno stupido e tutti lo rispettavano per il buonsenso che aveva sempre dimostrato.
— D'accordo, Comandante, è una fabbrica, e forse le materie prime gliele fornisce il mare. In fin dei conti la stessa cosa è successa sulla Terra, anche se in modo diverso… Io credo che New York sia una fabbrica che produce… ramani.
Si sentì qualcuno ridere, ma smise subito e tornò il silenzio.
— Ravi — disse Norton — la vostra è un'ipotesi talmente pazzesca da poter essere anche vera. E aggiungerò che ho paura di vederne la conferma… almeno finché non saremo tornati indietro.
La New York di Rama era grande più o meno come l'isola di Manhattan, ma la sua planimetria era molto diversa. C'erano pochissimi rettilinei in quel labirinto di archi concentrici con brevi collegamenti radiali. Per fortuna, era impossibile perdere l'orientamento su Rama: bastava un'occhiata al cielo per determinare l'asse nord-sud di quel mondo.
Si fermarono a ogni intersezione per riprendere immagini panoramiche. Con tutte quelle fotografie a disposizione, sarebbe stato noioso ma non difficile costruire un perfetto modello in scala della città. L'enorme rompicapo che ne sarebbe risultato avrebbe tenuto occupati gli scienziati per generazioni.
Il silenzio, qui, era ancora più opprimente che nella pianura. Una città-macchina dovrebbe essere rumorosa, e invece non si sentiva nemmeno il ronzio più sommesso. Norton accostò parecchie volte l'orecchio al terreno, al fianco di una costruzione, a un condotto, ma tutto quello che riuscì a sentire fu il pulsare del proprio sangue.
Le macchine dormivano. Si sarebbero mai svegliate? Tutto era in condizioni perfette, come ovunque. Non era difficile immaginare che sarebbe bastato girare un interruttore perché tutto quell'enorme complesso tornasse alla vita.
Quando furono arrivati dalla parte opposta della città, si arrampicarono sul bastione per guardare il tratto di mare che si spingeva verso sud. Norton fissò a lungo lo strapiombo alto cinquecento metri che impediva loro di accedere all'emisfero meridionale di Rama, che, a giudicare da quello che avevano visto al telescopio, era anche la parte più varia e interessante. Da quel punto, la scarpata era tetra, scura e minacciosa come un muro di prigione che tenesse chiuso tutto un continente. Per tutta la lunghezza della sua circonferenza non si vedevano rampe, scale o altri mezzi d'accesso.