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Era magnifica, come una guerriera vichinga che si prepara alla battaglia, felice ed eccitata. Forse ha ragione, pensò Norton, a meno che non abbiamo sbagliato i calcoli.

L'ondata continuava a crescere curvandosi verso l'alto e in avanti. Forse la curva che li sovrastava ne esagerava l'altezza, ma parve enorme, un'irresistibile forza della natura che avrebbe spazzato tutto al suo passaggio.

Poi, dopo pochi secondi, crollò, perché la sua base aveva urtato contro la diga sommersa. Quando li raggiunse, un minuto dopo, la Resolution ballonzolò su e giù alcune volte prima che la Barnes virasse di bordo per puntare a tutta forza verso nord.

— Grazie, Ruby, siete stata magnifica. Ma arriveremo a terra prima che ci sia addosso una seconda volta?

— Non credo. Tornerà fra venti minuti, ma avrà perso molto della violenza iniziale, e ce ne accorgeremo appena.

Ora che il pericolo era passato, potevano rilassarsi e godersi la traversata, anche se tutti si sarebbero sentiti molto meglio solo dopo lo sbarco. Dalle acque sconvolte saliva un odore acido di formiche schiacciate, come lo definì Jimmy. Sebbene sgradevole, l'odore (sapeva proprio di acido formico) non provocò disturbi. Era talmente estraneo alla fisiologia umana che non poteva influire su di essa.

Dopo un minuto, l'onda andò a urtare l'ultima barriera sommersa e si allontanò arrampicandosi verso il cielo. Vista così non faceva più impressione, e tutti si vergognarono della paura provata. Cominciavano a sentirsi padroni del Mare Cilindrico.

Però rimasero ancora più scossi, quando, a meno di centro metri dalla zattera, cominciò ad affiorare dall'acqua qualcosa che pareva una ruota. Raggi di metallo luccicante, lunghi cinque metri, emersero sgocciolando, ruotarono per qualche secondo sotto il sole abbagliante di Rama, e poi ricaddero. Sembrava che una gigantesca stella marina dotata di braccia tubolari fosse salita in superficie.

A prima vista era impossibile distinguere se fosse un animale o una macchina. Poi la videro ricadere mollemente, e ballonzolare su e giù sulla superficie. Aveva nove braccia snodabili che si dipartivano da un disco centrale. Due braccia erano spezzate all'ultima giuntura. Quelle intatte terminavano con una complicata collezione di manipolatori che ricordarono a Jimmy quelli del granchio. Le due creature derivavano dalla stessa linea di evoluzione, o dallo stesso tavolo da disegno.

Al centro del disco c'era una protuberanza dotata di tre grandi occhi. Due erano chiusi, uno aperto, ma opaco, come cieco. Quelle erano evidentemente le spoglie di uno strano mostro scagliato alla superficie dalla perturbazione sottomarina.

Poco dopo, arrivarono a nuoto due altri mostri più piccoli, simili a grosse aragoste. Attaccarono senza indugio le braccia che si muovevano ancora debolmente, facendole a pezzi. Il mostro non oppose resistenza, sebbene fosse dotato di potenti tenaglie.

Jimmy ricordò il granchio che aveva demolito la Libellula, e osservando attentamente l'operato delle aragoste capì che la sua impressione era esatta.

— Guardate, Comandante — mormorò. — Non lo mangiano. Non hanno bocca. Lo fanno a pezzi, come quel granchio con la mia bicicletta.

— È vero. Lo smantellano, come… come una macchina rotta. — Norton arricciò il naso. — Ma non ho mai sentito nessuna macchina puzzare così. Mio Dio — esclamò poi colpito da un'idea improvvisa. — E se gli venisse in mente di demolire la zattera? Ruby, cercate di raggiungere al più presto la riva!

La Resolution acquistò velocità, lasciandosi alle spalle la povera stella di mare di cui restava ormai ben poco.

Quando ebbero finito di demolirla, le aragoste si allontanarono senza inseguirli. Ma nessuno respirò tranquillo finché la Resolution non attraccò alla base della scarpata settentrionale, e tutti scesero a terra.

Voltandosi a guardare la misteriosa, anzi sinistra, fascia d'acqua, Norton decise che non avrebbero più navigato su quel mare. Nascondeva troppe incognite, troppi pericoli per loro.

Diede un'occhiata alle torri e ai contrafforti di New York e allo strapiombo sulla riva meridionale. Potevano stare tranquilli, l'uomo non li avrebbe più disturbati, non avrebbe più sfidato gli dei di Rama.

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Norton decretò che d'ora in avanti al campo Alfa avrebbero dovuto rimanere almeno tre persone, di cui una, a turno, sveglia. Inoltre, tutte le squadre incaricate di esplorare Rama avrebbero seguito la stessa routine. Era ormai dimostrato che su Rama vivevano esseri potenzialmente pericolosi, e anche se non si erano ancora dimostrati ostili, era meglio non correre rischi.

Per maggior sicurezza, sul mozzo doveva trovarsi sempre un osservatore che avrebbe vigilato munito di un potente cannocchiale. Di lassù si poteva vedere tutto l'interno di Rama e, al telescopio, anche il Polo Sud sembrava lontano solo poche centinaia di metri. Il territorio che ciascun gruppo stava esplorando doveva essere tenuto costantemente sotto osservazione. In questo modo si sperava di eliminare la possibilità di sgradevoli sorprese. Era un ottimo progetto, ma fallì miseramente.

Dopo l'ultimo pasto della giornata e prima del periodo di riposo delle 24, ora di bordo, Norton, Rodrigo, Calvert e Laura Ernst stavano guardando il telegiornale irradiato apposta per loro dalla trasmittente di Inferno, su Mercurio. Rividero la loro traversata sul Mare Cilindrico, episodio che, insieme al film di Jimmy sul continente meridionale, aveva elettrizzato gli spettatori. Scienziati, commentatori e membri del Comitato Rama avevano espresso le loro opinioni, per lo più contraddittorie. Nessuno aveva prove sicure che la creatura incontrata da Jimmy fosse un animale o un robot, oppure un ramano o qualcos'altro ancora.

Avevano appena rivisto le immagini della gigantesca stella aggredita dalle aragoste, quando si accorsero di aver compagnia. C'era un intruso, nel campo.

La prima a notarlo fu Laura Ernst. — Non muoverti, Bill — sussurrò, irrigidendosi. — Guarda a destra senza farti accorgere.

Norton voltò lentamente la testa. A dieci metri di distanza c'era un tripode dalle lunghe gambe sottili sormontate da una sfera grossa come un pallone da calcio. Intorno alla sfera erano disposti tre grandi occhi inespressivi, in modo da conferire una visuale di 360°, e sotto, tre lunghi tentacoli simili a fruste. Il tutto non arrivava ad altezza d'uomo e sembrava troppo fragile per essere pericoloso, ma questo non giustificava la loro sbadataggine per averlo lasciato arrivare fin lì senza accorgersene. A Norton ricordava uno di quei ragni dalle lunghissime gambe sottili, e si chiese come potesse risolvere il moto tripedale, mai tentato da nessuna creatura terrestre.

— Tu cosa ne dici? — chiese alla dottoressa dopo aver abbassato l'audio del televisore.

— La solita simmetria triplice dei ramani. Non vedo come possa farci del male, anche se quelle fruste mi piacciono poco… magari sono pericolose cóme i tentacoli dei celenterati. Stiamo fermi e aspettiamo di vedere cosa fa.

Dopo averli osservati con occhi inespressivi per alcuni minuti, la creatura si mosse di scatto, e allora tutti capirono perché non si erano accorti del suo arrivo. Procedeva a una velocità incredibile, girando su se stesso con un movimento troppo rapido per l'occhio e la mente umana.

Per quanto Norton poté giudicare (ma solo una cinepresa ad altissima velocità avrebbe svelato il mistero) ogni gamba a turno fungeva da perno e intorno a questa la creatura ruotava il corpo. E gli sembrò, ma non ne era sicuro, che ogni pochi passi invertisse anche la direzione di rotazione, mentre le tre fruste sferzavano il terreno come folgori. Procedeva almeno a trenta chilometri all'ora. Il ragno fece rapidamente il giro del campo, esaminando tutto, toccando delicatamente brande, sedie e tavoli, apparecchi di comunicazione, contenitori di provviste, electrostan, telecamere, barilotti dell'acqua, attrezzature… tutto, insomma, salvo i quattro esseri umani. Evidentemente era in grado di distinguere tra esseri viventi e oggetti inanimati, e il suo comportamento denotava interesse e metodica curiosità.

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