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Le grigie scatole di pillole salirono ruotando e uscendo dal campo di visibilità dell'oblò di comando. Un reattore mandò l'ultimo sibilo, e vi fu una scossa appena percettibile.

Nel corso delle ultime settimane, il Comandante Norton si era spesso chiesto quali parole avrebbe pronunciato in quel momento. Ma adesso che il momento era giunto, fu la storia a scegliere le parole. Norton le pronunciò automaticamente, senza quasi rendersi conto dell'eco che veniva dal passato.

— Base Rama. La Endeavour è atterrata.

Solo un mese prima non l'avrebbe creduto possibile. La sua astronave stava eseguendo un lavoro di ordinaria amministrazione nell'ambito della ricerca di asteroidi, quando era arrivato l'ordine. La Endeavour era l'unica astronave del sistema solare in grado di accostare l'intruso prima che questo si perdesse fra le stelle dopo aver girato intorno al Sole. Ma per poter tentare il rendez-vous Norton era stato costretto a farsi dare da tre astronavi della Pattuglia Solare tutto il carburante di cui disponevano, lasciandole poi andare alla deriva nello spazio finché non fossero arrivati i rifornimenti. Norton era sicuro che i Comandanti della Calypso, della Beagle e della Challenger non gli avrebbero più rivolto la parola per un pezzo.

Ma anche con tutto quel propellente supplementare, l'inseguimento era stato lungo e difficile. Quando lo raggiunse, Rama era già all'interno dell'orbita di Venere. Nessun'altra astronave sarebbe stata in grado di accostarlo, la Endeavour godeva di un privilegio unico, e non avrebbe dovuto sprecare un solo istante delle prossime settimane. Sulla Terra c'erano migliaia di scienziati che avrebbero venduto l'anima pur di partecipare personalmente all'azione, invece avevano dovuto accontentarsi di seguire l'impresa sui teleschermi, mordendosi le dita e pensando che loro avrebbero fatto un lavoro migliore. Può darsi che avessero ragione, ma non c'erano alternative. Le inesorabili leggi della meccanica celeste avevano decretato che la Endeavour sarebbe stata la prima e ultima astronave creata dall'uomo a entrare in contatto con Rama.

I consigli che riceveva senza interruzioni dalla Terra servivano ben poco ad alleviare le responsabilità di Norton. Se si fosse trovato a dover prendere una decisione in una frazione di secondo, nessuno lo avrebbe potuto aiutare. Le onde radio impiegavano già dieci minuti ad arrivare al Controllo Missione, e l'intervallo era destinato ad aumentare. Norton invidiava spesso i grandi navigatori del passato, quando non esistevano ancora le comunicazioni radio, ed erano liberi di interpretare gli ordini sigillati senza l'assillo continuo dei consigli della commissione. E quando avevano commesso errori nessuno lo aveva mai saputo.

Però era anche contento che alcune decisioni spettassero alla Terra. Ora che la Endeavour aveva raggiunto Rama, procedevano entrambi come un corpo unico verso il Sole. Entro quaranta giorni avrebbero raggiunto il perielio, e sarebbero passati a venti milioni di chilometri dal Sole. Troppo vicino per non correre rischi. Molto prima di raggiungere il perielio, la Endeavour si sarebbe servita del carburante che le restava per staccarsi da Rama e allontanarsi in direzione opposta. Disponeva perciò di circa tre settimane durante le quali esplorare Rama prima di lasciarlo per sempre.

La Terra avrebbe poi pensato a risolvere gli altri problemi.

La Endeavour, isolata in un'orbita che le avrebbe permesso, in cinquantamila anni, di essere la prima astronave a raggiungere le stelle, era perduta se non le fossero venuti in aiuto. Il Controllo Missione si era impegnato a farlo, non c'era quindi motivo di preoccuparsi. In un modo o nell'altro, senza badare a spese, la Endeavour sarebbe stata rifornita di carburante, anche se poi si fossero dovute abbandonare le cisterne che lo avevano portato. Rama era una meta per cui valeva la pena di correre qualunque rischio che non fosse una missione suicida… però, si poteva arrivare anche a questo. Il Comandante Norton non si faceva illusioni in proposito. Per la prima volta dopo un secolo, l'umanità si trovava a dover cimentarsi con un'impresa la cui caratteristica principale era l'incertezza assoluta, e l'incertezza era una cosa che né politici né scienziati potevano sopportare. Se, per risolverla, si fosse dovuta sacrificare la Endeavour con tutto il suo equipaggio, non avrebbero esitato a farlo.

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Rama era silenzioso come una tomba… e probabilmente lo era. Non c'erano segnali radio di nessuna frequenza, nessuna vibrazione che i sismografi potessero rilevare oltre alle micro-scosse provocate dal calore crescente del Sole; niente correnti elettriche, nessuna traccia di radioattività. Era minacciosamente silenzioso. Da un asteroide ci si poteva aspettare che fosse un po' più rumoroso.

Ma cosa ci aspettavamo? si chiese Norton. Un comitato di ricevimento? Non sapeva se sentirsi deluso o provare sollievo. Ad ogni modo, sembrava toccasse a lui prendere l'iniziativa.

Aveva ordine di aspettare ventiquattr'ore prima di dare inizio all'esplorazione. Nessuno dormì molto, quel primo giorno. Anche i membri dell'equipaggio fuori servizio passarono le ore a sorvegliare le sonde automatiche, che non diedero alcun risultato, o a guardare dagli oblò il panorama rigidamente geometrico. È vivo o è morto questo mondo? continuavano a chiedersi. O è solo addormentato?

Alla sua prima uscita, Norton prese con sé un solo compagno: il vicecomandante Karl Mercer, il suo abile e tenace ufficiale addetto ai sistemi di sopravvivenza. Non aveva intenzione di allontanarsi dall'astronave fino a perderla di vista, e se si fossero presentati rischi, non era detto che un drappello più numeroso avrebbe avuto maggiori probabilità di cavarsela. Però, per precauzione, ordinò che altri due membri equipaggiati di tutto punto stessero pronti vicino al portello stagno.

I pochi grammi di peso che il campo gravitazionale e quello centrifugo di Rama conferivano loro, non erano né d'aiuto né d'impaccio. Appena possibile, Nortpn aveva deciso di installare una rete di cavi-guida dall'astronave alle scatole di pillole, per potersi muovere senza sprecare propellente.

La scatola di pillole più vicina distava solo dieci metri dal portello, e prima cura di Norton fu di assicurarsi che il contatto non avesse danneggiato l'astronave. La chiglia dell'Endeavour era appoggiata alla parete ricurva grazie a una spinta di parecchie tonnellate, ma la pressione era distribuita regolarmente. Rassicurato, cominciò a fluttuare intorno alla struttura circolare, cercando di scoprire a cosa serviva.

Aveva percorso soli pochi metri quando s'imbatté in un'interruzione della liscia parete metallica. Dapprima la scambiò per una decorazione, in quanto non riusciva a capirne l'utilità. Nel metallo erano profondamente scavate sei tacche o fessure, e in ciascuna di queste era inserita una sbarra di metallo, cosicché quelle sei sbarre parevano raggi di una ruota senza cerehione, con un piccolo mozzo al centro. Ma non c'era modo di far girare la ruota, incastrata com'era nella parete.

Poi si accorse, con eccitazione crescente, che, all'estremità di ogni raggio, l'incavo sottostante era più profondo, e largo quel tanto da poterci comodamente infilare la mano. Stando davanti alla parete e afferrando l'estremità di due raggi con le mani…

Liscia come seta, la ruota uscì dall'incavo, e con sua grande sorpresa, perché era convinto che il tempo e il vuoto avessero immobilizzato ormai tutte le parti mobili. Norton si ritrovò a impugnare un ruota raggiata, come il nocchiero di un'antica nave la ruota del timone.

Fu contento che la visiera antisole del casco non consentisse a Mercer di vedere la sua espressione. Era sorpreso, ma anche arrabbiato con se stesso, nel timore di avere già commesso il primo sbaglio. Forse, all'interno di Rama stava suonando l'allarme, e il suo gesto sconsiderato aveva messo in azione qualche meccanismo inarrestabile.

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