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Quando arrivò il momento della spinta decisiva, Rodrigo era saldamente ancorato. I reattori si spensero dopo venti secondi. Rodrigo fece un rapido calcolo mentale. Il triangolo vettore non poteva aver superato i 15 chilometri all'ora. La bomba avrebbe impiegato un'ora a raggiungere Rama; forse stava solo avvicinandosi per ottenere una reazione più rapida. In tal caso, la precauzione era saggia, ma gli hermiani si erano mossi troppo tardi.

Guardò l'ora, sebbene sapesse perfettamente quanto tempo era passato senza bisogno di consultare l'orologio. Su Mercurio, in quel momento, stavano osservando l'immagine dello scooter inequivocabilmente diretto verso la bomba, a circa due chilometri di distanza. Non potevano nutrire dubbi sulle sue intenzioni, e forse si stavano chiedendo se le avesse già attuate.

Il secondo fascio di cavi si lasciò recidere con la stessa facilità del primo. Come tutti i bravi operai, Rodrigo aveva saputo scegliere bene gli strumenti adatti. La bomba era disinnescata, o, per essere più precisi, non avrebbe più potuto esplodere per telecomando.

Ma sussisteva un'altra possibilità che lui non poteva permettersi di ignorare. Non c'erano valvole di contatto esterne, ma dovevano sicuramente essercene all'interno e sarebbero state attivate dall'urto. Gli hermiani potevano ancora controllare i movimenti del veicolo, e mandarlo a schiantarsi contro Rama in qualsiasi momento. Il lavoro di Rodrigo non era ancora finito.

Fra cinque minuti, su Mercurio, lo avrebbero visto strisciare all'indietro sulla superficie esterna del missile reggendo le modeste pinze tagliafili che avevano neutralizzato l'arma più potente mai costruita dall'uomo.

Raggiunse la base dell'antenna parabolica, e afferrandola con le mani, girò sull'orlo del grande disco concavo. Le sue pinze misero facilmente fuori uso tutti i sistemi complessi di alimentazione, troncando cavi e guide onda-laser. Quando ebbe tagliato l'ultimo cavo, l'antenna cominciò a ruotare lentamente. Il movimento inaspettato colse di sorpresa Rodrigo, fin quando non si rese conto che aveva distrutto il suo assetto automatico. Adesso non guardava più verso Mercurio. Fra cinque minuti esatti, gli hermiani avrebbero perso il contatto con la bomba. Ora non era solo impotente, ma anche sorda e cieca.

Rodrigo scese lentamente fino allo scooter, staccò le ventose, e lo fece ruotare in modo che i respingenti anteriori premessero contro il missile, il più vicino possibile al suo centro di massa. Avviò il motore a pieno regime e lo tenne acceso per venti secondi.

Facendo pressione su una massa molto superiore alla sua, lo scooter rispondeva con molta lentezza. Rodrigo ridusse a zero la spinta, e fece un accurato calcolo del nuovo vettore di velocità della bomba.

Il missile avrebbe mancato Rama per un buon margine, e contemporaneamente sarebbe stato possibile localizzarlo in qualsiasi momento. In fondo, era un aggeggio molto costoso. Rodrigo era un uomo di un'onestà quasi patologica. Non voleva che gli hermiani potessero accusarlo di aver smarrito qualcosa di loro proprietà.

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Cara cominciò Norton, questa sciocchezza ci costa più di un giorno, ma almeno mi offre la possibilità di parlarti.

Sono ancora a bordo dell'astronave, che è tornata al posto di prima, sull'asse polare. Abbiamo festeggiato un'ora fa il ritorno di Boris, che pareva reduce da un tranquillo turno di guardia. Penso che nessuno di noi potrà tornare mai più su Mercurio, e mi chiedo se al nostro ritorno sulla Terra ci considereranno eroi o farabutti. Ma la mia coscienza è tranquilla: sono sicuro di avere agito per il meglio. Chissà se i ramani ci ringrazieranno mai.

Possiamo fermarci solo per altri due giorni ancora. A differenza di Rama, non possediamo una corazza spessa un chilometro che ci protegga dal Sole. Nello scafo abbiamo già individuato alcuni punti troppo surriscaldati, tanto che siamo costretti a ripararli con schermi di fortuna… ma scusa, non volevo annoiarti con i miei problemi.

Così, abbiamo appena il tempo di fare un'altra esplorazione su Rama, e conto di ricavarne il più possibile. Ma non aver paura, non correrò rischi inutili.

Interruppe la registrazione. Quello che aveva appena detto era la verità pura e semplice. Su Rama i rischi e le sorprese erano sempre all'ordine del giorno, nessuno poteva sentircisi perfettamente a suo agio, in balia di forze che esulavano dalla comprensione dell'uomo. E nel corso di quest'ultima esplorazione, adesso che sapeva che non ci sarebbe tornato mai più, Norton voleva sfidare al massimo la fortuna.

Fra quarantotto ore avremo compiuto la missione. Quello che succederà poi è ancora incerto: come sai, per entrare in quest'orbita abbiamo consumato quasi tutto il carburante. Sono ancora in attesa di sapere se ci manderanno una cisterna che ci rifornisca in modo da poter tornare sulla Terra, o se invece dovremo raggiungere Marte in caduta libera. Comunque, dovrei essere a casa per Natale. Di' al bambino che mi dispiace di non potergli portare un cucciolo di biot, ma non ne esistono.

Stiamo tutti bene ma siamo molto stanchi. Al ritorno avrò una lunga licenza e ho intenzione di godermela fino in fondo. Qualsiasi cosa dicano di me, tu puoi sempre sostenere di essere la moglie di un eroe. Quante donne sono sposate con un uomo che ha salvato un mondo?

Come sempre, ascoltò attentamente la registrazione prima di duplicarla, per essere certo che andasse bene per entrambe le famiglie. Non sapeva ancora quale delle due avrebbe rivisto prima. Normalmente, i suoi compiti venivano decisi con almeno un anno di anticipo dagli inesorabili moti dei pianeti. Ma questi erano i tempi precedenti a Rama, e ora niente sarebbe più tornato come prima.

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— Se tentiamo, credete che i biot ce lo impediranno? — disse Karl Mercer.

— Può darsi, ma finché non lo facciamo non possiamo saperlo — rispose Norton. — Finora sono stato anche troppo prudente, ma questa è l'ultima possibilità che ci viene offerta e sono costretto a forzare un poco le cose. D'altra parte, se ci costringono a ritirarci non avremo perduto molto.

— Ammesso che riusciamo a ritirarci in buon ordine.

— E perché no? I biot non si sono mai dimostrati ostili, e all'infuori dei ragni, non mi pare che nessuno sia così veloce da poterci raggiungere se corriamo.

— Voi potete correre, Comandante, se volete. Io invece voglio lasciare Rama nel modo più dignitoso possibile. Fra parentesi, credo di aver capito perché i biot si comportano così civilmente nei nostri confronti.

— Mi sembra un po' tardi per una nuova teoria.

— Comunque ve la voglio esporre. Credo che ci scambino per ramani. Non sanno distinguere fra un «mangiatore di ossigeno» e un altro.

— Secondo me, non sono così stupidi.

— Non è questione di stupidità. Sono programmati per eseguire determinati lavori, e noi non entriamo nei loro schemi operativi.

— Può darsi che abbiate ragione. Forse riusciremo a scoprirlo appena avremo cominciato a lavorare a Londra.

A Joe Calvert erano sempre piaciuti quei vecchi film imperniati sulle rapine alle banche, ma non si era mai aspettato di dover fare la parte del rapinatore. E invece, più o meno, era quello che stava facendo adesso.

Le strade deserte di Londra sembravano gravide di minaccia, sebbene Joe sapesse che era solo l'effetto della sua cattiva coscienza. Non credeva sul serio che quegli edifici sigillati e privi di finestre fossero pieni di abitanti che li tenevano d'occhio, aspettando il momento di precipitarsi fuori furibondi non appena gli invasori avessero messo le mani sulle loro proprietà. In effetti, era sicuro che quell'agglomerato, come le altre cosiddette città, non fosse altro che una specie di immenso magazzino.

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