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Chissà come facevano i ramani a raggiungere da New York le loro terre meridionali. Norton pensava che dovesse esserci qualche sistema di trasporto subacqueo, ma forse i ramani disponevano anche di aerei perché nella città-isola c'erano molti spiazzi ampi in cui avrebbe potuto atterrare un velivolo. Sarebbe stato un vero colpo di fortuna poter trovare un veicolo ramano, specialmente se fossero riusciti a farlo funzionare. (Ma era pensabile che ci fossero fonti di energia ancora funzionanti dopo centinaia e migliaia di anni?) A New York avevano visto parecchi fabbricati, che, per forma e dimensioni, avrebbero potuto essere garage o hangar, ma erano privi come gli altri di porte e finestre. Presto o tardi sarò costretto a ricorrere al laser o agli esplosivi, pensò Norton a malincuore, deciso com'era a rinviare all'ultimo momento questa decisione.

La sua riluttanza a servirsi della forza bruta nasceva in parte dall'orgoglio e in parte dalla paura. Non voleva comportarsi come un barbaro che fracassa tutto quello che non riesce a capire. In fin dei conti era un ospite non invitato, e doveva comportarsi con discrezione.

Quanto al resto, forse paura era una parola troppo forte. Meglio dire apprensione. I ramani davano l'impressione di aver progettato tutto senza lasciare niente al caso, e Norton non aveva molta voglia di scoprire quali precauzioni avessero preso per difendere le loro proprietà. Sarebbe tornato dalla traversata a mani vuote.

24

Il tenente James Pak era l'ufficiale più giovane della Endeavour, e quella era solo la sua quarta missione nello spazio. Era un giovane ambizioso, che aspettava di essere promosso fra poco, ma aveva anche commesso una grave infrazione al regolamento, e perciò non c'era da meravigliarsi se meditò a lungo prima di arrivare a una decisione.

Era come un gioco: se avesse perso si sarebbe trovato in guai seri, perché non solo rischiava la carriera ma anche la testa. Se però riusciva, sarebbe diventato un eroe. Ma quello che alla fine lo convinse fu la certezza che, se non avesse fatto niente, per tutto il resto della vita avrebbe rimpianto l'occasione perduta.

Però esitava ancora quando chiese un colloquio privato col Comandante.

Cosa c'è questa volta? si chiedeva Norton osservando l'espressione esitante del giovane ufficiale. Ricordava il colloquio con Boris Rodrigo, ma Pak non era tipo da avere problemi religiosi. Oltre alla sua professione, aveva dimostrato interesse solo per lo sport e per le donne.

Nello spazio, era da escludere che si trattasse di sport, e Norton di augurava che non si trattasse nemmeno di una questione di donne.

— Jimmy, cosa c'è? — si decise infine a chiedere.

— Ho un'idea, Comandante. So come si potrebbe raggiungere il continente meridionale… anche fino al Polo Sud.

— E in che modo?

— In volo.

— Jimmy, dalla Terra ci sono arrivate, se non sbaglio, almeno cinque proposte del genere, una più strampalata dell'altra. Abbiamo esaminato la possibilità di adattare propulsori alle tute spaziali, ma la resistenza dell'aria ne contrasta il funzionamento. Si esaurirebbero dopo meno di dieci chilometri.

— Lo so. Ma la mia proposta è valida.

Il comportamento di Pak era uno strano connubio di sicurezza e nervosismo malcelato. Norton non riusciva a capire… cos'era che preoccupava quel ragazzo? Sapeva benissimo che, qualunque cosa avesse detto, il suo Comandante non avrebbe riso di lui.

— Su, avanti. Se funziona, farò in modo che la promozione sia retroattiva.

— Voi sapete, Comandante, che l'anno scorso ho partecipato alle Olimpiadi Lunari.

— Certo. Peccato che non abbiate vinto.

— Colpa dell'equipaggiamento, che non era a punto. Ma ho alcuni amici che l'hanno modificato, su Marte. In segreto, perché vogliamo che sia una sorpresa per tutti.

— Su Marte? Ma non sapevo…

— Sono in pochi a saperlo. È uno sport ancora poco praticato. Hanno fatto gare sperimentali allo Sportdromo di Xanto. Ma i migliori tecnici aerodinamici del sistema solare sono quelli di Marte. Se si riesce a volare in quell'atmosfera, si può volare ovunque. Ora mi spiego: ho pensato che se i marziani erano riusciti a costruire una buona macchina, esperti come sono, avrebbero ottenuto ottimi risultati sulla Luna dove la forza di gravità è minore.

— Capisco, ma non vedo di che utilità possa esserci, — Norton cominciava a intuire, ma preferiva dar corda a Jimmy.

— I miei amici di Port Lowell hanno costruito un veicolo capace di reggersi nell'aria, con accorgimenti mai visti prima. Sulla Luna, nella Cupola Olimpica, farà certamente sensazione.

— Così vincerete la medaglia d'oro.

— Lo spero.

— Vediamo se ho capito. Un'aerobicicletta adatta alle Olimpiadi Lunari, con un sesto di gravità, darebbe risultati ancora più sensazionali su Rama, in completa assenza di gravità. Potreste volare lungo l'asse, dal Polo Nord al Polo Sud… e tornare indietro.

— Sì, senza difficoltà. Il viaggio di andata dovrebbe durare tre ore, senza soste intermedie. Però ci si potrebbe fermare dovunque, basta non allontanarsi dall'asse.

— È un'idea brillante. Congratulazioni. Peccato che le aerobiciclette non facciano parte del normale equipaggiamento spaziale.

Jimmy arrossì. Pareva non fosse più capace di parlare. Continuava ad aprire e chiudere la bocca senza emettere suoni.

— Va bene, Jimmy, ho capito. Tanto per curiosità, mi sapreste dire come avete fatto per contrabbandarla a bordo?

— …materiale ricreativo.

— Dunque non avete mentito. E il peso?

— Solo venti chili.

— Solo! Temevo peggio. Anzi, devo dire che mi meraviglio che siate riusciti a costruire una bicicletta di quel peso.

— Ce ne sono che pesano solo quindici chili ma sono troppo fragili e si piegano nelle curve. Non c'è pericolo che questo capiti alla Libellula.

— Libellula… è un bel nome. E adesso spiegatemi bene come farete, così posso scegliere fra la promozione e la corte marziale. O tutt'e due.

25

Libellula era senz'altro un bel nome. Le lunghe ali rastremate erano pressoché invisibili, salvo quando la luce le colpiva sotto certi angoli rifrangendosi in tutti i colori dell'arcobaleno. Si aveva l'impressione che il piccolo e delicato aeromobile fosse racchiuso dentro una bolla di sapone, l'involucro che avvolgeva l'aerociclo era una pellicola organica dello spessore di poche molecole, ma tuttavia abbastanza robusta da controllare e dirigere i movimenti a una velocità di cinquanta chilometri orari.

Il pilota, che era anche fonte di energia e guida, era sistemato su un sellino al centro di gravità, in posizione semi-reclinata per contrastare meglio la resistenza dell'aria. I comandi erano costituiti da un'unica barra che si poteva spostare avanti e indietro, a destra e a sinistra; l'unico strumento era un nastro con un peso, attaccato alla parte anteriore e che serviva a indicare la direzione del vento.

Dopo che l'aerociclo era stato montato, sul mozzo, Jimmy Pak non aveva permesso a nessuno di toccarlo. Mani inesperte avrebbero potuto strappare la sottilissima fibra e le ali iridescenti erano così belle che tutti provavano l'irresistibile tentazione di toccarle.

Guardando Jimmy che montava in sella, Norton cominciò a preoccuparsi. Se succedeva un guasto mentre l'aeromobile volava sul continente meridionale, Jimmy non avrebbe più potuto tornare alla base. Inoltre, con quella missione, veniva infranta una delle regole fondamentali dello spazio: un uomo sarebbe andato da solo a esplorare un territorio sconosciuto, e nessuno l'avrebbe potuto soccorrere. L'unica consolazione era che si sarebbe sempre tenuto in contatto via radio, e che loro lo avrebbero seguito a occhio nudo o coi cannocchiali per tutto il viaggio. Se gli fosse successo qualcosa, l'avrebbero saputo subito, e avrebbero anche saputo di cosa si trattava.

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