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Oltrepassò la punta di Big Horn, augurandosi di uscire al più presto dal raggio delle scariche. Ma adesso era sopravvenuto un altro problema: l'aria non era più calma e lui faceva fatica a controllare la Libellula. Dal nulla si era levato il vento, e se le raffiche fossero aumentate, il fragile scheletro dell'aerociclo non avrebbe resistito. Continuò a pedalare ostinamente, cercando di compensare gli squilibri provocati dal vento con opportuni spostamenti del suo corpo. Ci riuscì in parte, ma la struttura portante mandava scricchiolii poco rassicuranti e le ali si torcevano a ogni folata.

Le sue preoccupazioni non finivano lì: dalla parte del Big Horn veniva un rumore, come un fruscio, che andava aumentando di volume. Pareva gas ad alta pressione che sfuggisse da una valvola, e qualunque fosse la causa, Jimmy aveva un motivo in più di apprensione.

Riferiva a intervalli questi fenomeni al Controllo, con brevi frasi smozzicate, ma nessuno poteva aiutarlo né fare ipotesi su quello che stava succedendo. Tuttavia sentire le voci degli amici lo rassicurava, anche se ora cominciava a temere che non li avrebbe mai più rivisti.

La perturbazione diventava sempre più forte. Jimmy aveva l'impressione di trovarsi nel flusso di scarico di un jet, cosa che aveva fatto una volta, per battere un primato, durante un volo ad alta quota a bordo di un aliante, sulla Terra. Ma su Rama non c'erano reattori. Cosa poteva provocare quel vortice d'aria? Appena formulata la domanda gli si presentò la risposta: il rumore era quello del vento elettrico che portava con sé la fortissima ionizzazione venutasi a formare intorno al Big Horn. Lungo l'asse di Rama si stava formando una corrente d'aria carica di elettricità, e un'altra corrente scendeva nelle zone retrostanti dove la pressione era bassa. Jimmy si voltò a guardare il gigantesco aculeo doppiamente pericoloso, cercando di visualizzare i limiti della tempesta che si addensava intorno a esso. Forse l'unica cosa da fare era pedalare alla cieca allontanandosi il più possibile da quel sibilo sinistro. Ma Rama gli risparmiò la necessità di una scelta. Un muro di fiamma divampò alle sue spalle incendiando il cielo. Ebbe appena il tempo di vederlo dividersi in sei lingue di fuoco che dalla punta del Big Horn guizzavano verso ciascuno dei Little Horns, e poi fu travolto dalla scossa violentissima.

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Jimmy ebbe appena il tempo di trasmettere: — Le ali sono danneggiate. Precipito — prima che la Libellula si accartocciasse intorno a lui. L'ala sinistra era squarciata al centro e la sezione esterna si staccò scendendo in lenta spirale, come una foglia morta. La destra si avvolse su se stessa alla base, formando un angolo così acuto che la punta s'incastrò nella coda. Jimmy si ritrovò seduto sui rottami dell'aerociclo che cadeva lentamente dal cielo.

Per fortuna l'elica funzionava ancora e finché lui pedalava aveva modo di controllare il mezzo. Gli restavano ancora cinque minuti. Poteva sperare di raggiungere il mare? No, troppo lontano. Poi si accorse che stava pensando in termini terrestri; sebbene fosse un valido nuotatore, ci sarebbe voluto parecchio tempo prima che potessero arrivare a salvarlo, e intanto l'acqua avvelenata l'avrebbe ucciso. La sua unica speranza era quindi arrivare sano e salvo a terra. Avrebbe pensato dopo, se ci sarebbe stato un dopo, al problema dello strapiombo meridionale.

Precipitava lentamente, in quella zona a un decimo di g, ma via via che si allontanava dall'asse la sua velocità avrebbe continuato ad aumentare. Ma sarebbe aumentata anche la resistenza dell'aria, impedendogli di accelerare troppo. La Libellula avrebbe funzionato da paracadute. I pochi chilogrammi di spinta che lui era ancora in grado di imprimerle erano decisivi nella lotta tra la vita e la morte. Quella era la sua unica speranza.

Dal Controllo non trasmettevano più. I suoi amici potevano vedere distintamente quello che gli stava succedendo e sapevano che le parole non gli sarebbero servite a niente. Jimmy stava eseguendo il volo più abile della sua vita. Peccato, pensava con amaro umorismo, che il pubblico sia così scarso e non sia in grado di apprezzare i dettagli più raffinati della mia esibizione.

Scendeva descrivendo ampie spirali, e finché restava in assetto orizzontale poteva sperare di cavarsela. Pedalando rallentava la discesa della Libellula, anche se temeva di impartirle troppa spinta: c'era il pericolo che le ali rotte lo portassero alla deriva. Ogni volta che compiva una curva in direzione sud, nonostante tutto, non poteva non ammirare il fantastico scenario che Rama aveva gentilmente preparato in suo onore.

Dalla punta del Big Horn scaturivano ancora lingue di fuoco in rapida successione. Quando toccavano le sei punte dei Little Horns le saette assumevano un movimento rotatorio contrario a quello di Rama. Guardando quelle sei corone fiammeggianti, Jimmy aveva la sensazione di osservare un gigantesco motore elettrico in attività, e forse non era lontano dal vero.

Era a circa metà discesa, seguendo un'orbita a spirale piatta, quando lo spettacolo pirotecnico cessò improvvisamente. La tensione si allentò, e, anche senza guardarli, Jimmy sentì che i peli delle braccia non erano più ritti. Adesso non c'era più niente che potesse distrarlo in quegli ultimi minuti di volo fatale.

Adesso che sapeva il punto approssimativo dove sarebbe caduto cercò di studiare attentamente la zona. Per la maggior parte, quella regione era formata da una scacchiera a riquadri diversissimi, come se un giardiniere si fosse sbizzarrito a suo piacere. Le caselle della scacchiera avevano circa un chilometro di lato, e sebbene dall'alto sembrassero tutte piatte non era sicuro che fossero solide, perché colori e materiale erano tutti diversi. Jimmy decise di aspettare l'ultimo momento prima di scegliere… posto che gli fosse concessa possibilità di scelta.

Quando fu a poche centinaia di metri da terra, chiamò per l'ultima volta il Controllo: — Sarò giù fra un paio di minuti. Vi richiamerò.

Ma era una previsione ottimistica, e lo sapevano tutti. Non aveva voluto dire addio, perché voleva che i suoi compagni sapessero che aveva lottato fino all'ultimo, e senza paura.

E in effetti provava pochissima paura, e se ne meravigliava perché non si era mai reputato molto coraggioso. Gli pareva quasi di non essere lui il protagonista, ma di assistere alla lotta fra la vita e la morte di un estraneo. Lo interessava di più, in quel momento, lo studio di un affascinante problema di aerodinamica, e cambiò diversi parametri per vedere cosa succedeva. L'unico sentimento era un vago rimpianto per le occasioni perdute, prima fra tutte la partecipazione alle prossime Olimpiadi Lunari. Di una cosa era ormai sicuro: la sua Libellula non avrebbe partecipato alle gare.

Ancora cento metri. La velocità sembrava accettabile, ma in realtà ignorava a quanto ammontasse… Oh, meno male, un po' di fortuna: il terreno sottostante era completamente liscio. Adesso doveva dare l'ultima spinta per contrastare la velocità di caduta… Via!

L'ala destra, compiuto fino in fondo il suo dovere, finalmente si staccò alla radice e la Libellula cominciò a oscillare sempre più forte. Jimmy cercò di controbilanciare le violente oscillazioni col peso del proprio corpo. Stava guardando la curva del panorama, lontana sedici chilometri, quando avvenne l'urto.

E allora gli parve sleale e irragionevole che il cielo fosse così duro.

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