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Diresse il raggio della sua lampada sulla superficie, cercando di guardare in profondità, ma non riuscì a vedere niente. Quel vetro, o che altro fosse, non era trasparente come gli era parso, ma solo translucido. Se si trattava di un liquido, il suo punto di fusione doveva essere superiore a quello dell'acqua.

Provò a dare qualche leggero colpetto col martello da geologo, e ne trasse un suono sordo, cupo. Batté più forte, con lo stesso risultato, e stava per abbassare il martello con energia ancora maggiore, quando si trattenne, spinto da un impulso indefinibile. Non sarebbe riuscito a rompere quello strano materiale… ma in caso contrario? Sarebbe stato come un vandalo che fracassa una enorme vetrina. Avrebbe avuto qualche occasione migliore in seguito, e comunque aveva già scoperto qualcosa d'interessante. Era da escludersi che quella trincea fosse un canale. Chissà a cosa serviva, dato che si fermava prima di arrivare al mare. Se avesse mai contenuto del liquido, dov'erano le macchie e le incrostazioni sedimentarie che avrebbero dovuto formarsi? Era perfettamente lucido e pulito, come se avessero appena finito di costruirlo.

Questo particolare lo riportava alle misteriose origini di Rama, e questa volta non poteva eluderle. Norton aveva una fantasia abbastanza fertile, ma non avrebbe mai raggiunto il grado di Comandante di un'astronave se si fosse lasciato trasportare troppo dall'immaginazione. Eppure, in quel momento, provava un senso, se non proprio di preveggenza, almeno di anticipazione. Le cose non erano quelle che sembravano. Rama, così vecchio eppure in apparenza così nuovo, aveva indubbiamente qualcosa di molto strano.

Immerso in questi pensieri, risalì la valle, sempre legato alla corda che i suoi compagni reggevano in cima all'argine. Non pensava di fare altre scoperte, ma si lasciava trasportare dalla strana sensazione che l'aveva sopraffatto. E c'era anche un'altra cosa che lo tormentava, pur non avendo niente a che fare con l'inesplicabile aspetto nuovo e immacolato di Rama.

Aveva percorso pochi metri, quando la spiegazione lo colpì improvvisa e violenta come un fulmine.

Lui conosceva quel posto, perché ci era già stato.

Una simile sensazione è inquietante sulla Terra o su un altro dei pianeti abitati, anche se non molto rara. Prima o poi molti l'hanno provata, e di solito non ci pensano più, considerandola come il ricordo di una vecchia fotografia dimenticata o una pura coincidenza, o se sono portati al misticismo, come un messaggio telepatico o una visione del proprio futuro.

Ma riconoscere un posto in cui nessun essere umano poteva mai aver posato lo sguardo… be', era alquanto sconvolgente. Norton rimase a fissare per parecchi secondi la superficie cristallina su cui aveva camminato, cercando di dare un ordine logico ai suoi pensieri. Il suo universo ben ordinato si era capovolto, e si era aperto nei suoi pensieri uno spiraglio di quei misteri ai margini dell'essere che era riuscito a ignorare per tutta l'esistenza della sua vita.

Poi, con suo immenso sollievo, gli venne in aiuto il buonsenso. L'inquietante sensazione del déjà vu svanì, e fu sostituita da un ricordo della sua gioventù, reale e identificabile.

Sì, una volta si era trovato a camminare fra due argini ripidi che parevano unirsi in lontananza. Ma quelli erano argini coperti d'erba e il fondo era sassoso, non di vetro.

Questo era successo trent'anni prima, durante un'estate in cui aveva passato le vacanze in Inghilterra. E per amore di una studentessa (di cui ricordava ancora la faccia ma non il nome) si era iscritto a un corso di archeologia industriale, allora molto in voga fra i giovani laureati in materie tecniche e scientifiche. Con la ragazza, aveva esplorato miniere abbandonate e filande, si era arrampicato sulle rovine di antiche fornaci e macchine a vapore, aveva ammirato i primi e ancora pericolosi reattori nucleari, e guidato un'antiquata macchina a turbina di valore inestimabile.

Non tutto quello che aveva visto era autentico. I secoli avevano distrutto molte cose, perché capita di rado che gli uomini si prendano la briga di conservare gli oggetti di uso comune. Comunque, le copie erano state costruite con estrema accuratezza.

Fu così, che il giovane Bill Norton si era trovato a percorrere a cento all'ora una valletta incassata, riempiendo furiosamente di carbone la fornace di una locomotiva che sembrava fabbricata duecento anni prima, ma che in realtà era più giovane di lui. La trincea lunga trenta chilometri della Great Western Railway era naturale, anche se erano occorsi ulteriori scavi per renderla agibile.

Con la locomotiva che fischiava a tutto spiano, si erano infilati in una galleria e, quando ne erano usciti, il panorama, dimenticato da tanti anni, era pressoché uguale a quello che gli stava davanti ora.

— Cosa c'è, Comandante? — chiese Rodrigo. — Avete trovato qualcosa?

Il brusco ritorno alla realtà lo liberò dal senso di oppressione. Sì, qui c'era un mistero, ma non tale che la mente umana non potesse risolverlo. Però aveva imparato una lezione, anche se non poteva farne partecipi gli altri. A qualsiasi costo non doveva permettere che Rama lo sopraffacesse, perché altrimenti sarebbe stato destinato al fallimento, e forse anche alla pazzia.

— No — rispose. — Quaggiù non c'è niente. Tiratemi su. Andiamo subito a Parigi.

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— Ho indetto questa riunione del Comitato — disse sua eccellenza l'ambasciatore di Marte ai Pianeti Uniti — perché il dottor Perera ha qualcosa di importante da dirci. Insiste perché ci si metta subito in contatto con il Comandante Norton, servendosi del canale di priorità che siamo riusciti a ottenere dopo non poche difficoltà. La dichiarazione del dottor Perera è di carattere essenzialmente tecnico, e prima di ascoltarla penso che sia necessario un riassunto della situazione attuale. Ne ha preparato uno la dottoressa Price. Ah, dimenticavo… Sir Lewis Sands ha dovuto assentarsi per presiedere a una conferenza sulla Terra, e il dottor Taylor si scusa di non essere presente.

Era contento che Taylor non ci fosse. L'interesse dell'antropologo per Rama era rapidamente svanito quando era apparso chiaro che non c'era niente che potesse attirarlo. Al pari di moltissimi altri, Taylor era rimasto amaramente deluso nel venire a sapere che quel piccolo mondo era morto e non gli avrebbe quindi offerto l'occasione di scrivere libri sensazionali o sceneggiature TV sui riti dei ramani e sul loro comportamento sessuale. L'unica scoperta che avrebbe potuto indurlo a riprendere subito parte alle sedute del comitato, avrebbe potuto essere qualche opera d'arte altamente rivelatrice, come i famosi affreschi di Thera e di Pompei.

Il punto di vista di Thelma Price era diametralmente opposto. Lei preferiva gli scavi e le rovine prive degli abitanti che potevano intralciare i suoi studi scientifici. L'ideale l'aveva trovato nel letto del Mediterraneo, almeno fino al momento in cui i progettisti edili e pittori di paesaggi non avevano cominciato a venirle tra i piedi. Rama sarebbe stato perfetto se non ci fosse stato il piccolo particolare che era lontano un centinaio di milioni di chilometri, per cui non avrebbe mai potuto visitarlo.

— Come voi tutti sapete — cominciò l'archeologa, — il Comandante Norton ha effettuato un'esplorazione di circa trenta chilometri senza incontrare difficoltà. Ha esplorato quella curiosa trincea che è indicata sulle mappe come Valle Dritta, di cui s'ignora la funzione, ma che è senza dubbio importante perché attraversa Rama in tutta la sua lunghezza, eccezion fatta per l'interruzione del Mare Cilindrico. Inoltre ci sono due altre strutture identiche poste a centoventi gradi una dall'altra.

«Poi, la spedizione ha voltato a sinistra, o verso est, se adottiamo la convenzione del Polo Nord, e ha raggiunto Parigi. Come potete vedere da questa fotografia presa col teleobiettivo dal mozzo, si tratta di un gruppo di qualche centinaio di costruzioni separate da ampie strade.

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