Dale era furente. Dall'altra parte della stanza, Stant aveva portato la mano posteriore davanti al corpo e ora stava allargando l'apertura con tutte e due le braccia. La vecchia pelle veniva via senza difficoltà, anche se faceva un suono simile allo scotch tirato via da una superficie dura. Stant mosse le giunture in cui gambe e braccia erano attaccate al tronco, e ben presto una seconda e una terza spaccatura comparvero sulla sua vecchia pelle. Nel frattempo grattava con le dita in diversi punti del corpo.
Ci vollero in tutto quindici minuti perché la vecchia pelle di Stant cambiasse, e tutti nell'aula assistettero. Molti erano affascinati, anche se un uomo con una grave ustione solare aveva sussultato per tutto il tempo. La pelle venne via in quattro parti. Stant le avvolse e le infilò in una borsa di tela che aveva messo sotto la sua sedia.
La nuova pelle era bianca con una lieve sfumatura di giallo, e brillava sotto le lampade fluorescenti.
Il giudice Pringle sembrava soddisfatto. «Affascinante» disse. «Ora passiamo alle testimonianze di oggi. Avvocato Rice, può chiamare un teste…»
29
Dale aprì con una spinta la porta del suo ufficio e la tenne aperta per Frank, che entrò e si sedette al solito posto. Dale guardò l'orologio — le cinque e quaranta del pomeriggio — poi prese una bottiglia di brandy dal mobile bar lungo la parete di fondo della stanza. La sollevò in modo che Frank la vedesse. Frank annuì, e lui riempì due bicchierini. Tornò verso la scrivania, passò il bicchiere a Frank e poi si mise a sedere sulla sua poltrona di pelle.
La centralinista aveva lasciato sul tavolo una serie di foglietti gialli con i messaggi telefonici, ben ordinati uno sull'altro. Dopo un sorso di brandy li guardò uno a uno. Il suo broker. Qualcuno del NAACP che gli chiedeva di partecipare a una conferenza. Qualcuno da Larry King. E poi…
«Scusa Frank, ma devo richiamare. È Carla Hernandez.»
La bocca di Frank era già aperta per chiedere 'chi?' ma la richiuse prima di parlare, riconoscendo il nome.
Dale digitò il numero. «Pronto» disse. «Sono Dale Rice per la dottoressa Hernandez. No. Aspetto. Grazie.» Coprì il ricevitore. «È su un'altra linea» disse a Frank, poi: «Pronto? Dottoressa Hernandez? Sono Dale Rice, sto rispondendo alla sua chiamata. Mi spiace di averle telefonato così tardi, ma sono stato tutto il giorno in tribunale. No, no, va bene. Cosa? No, credo che sarebbe bene dirmelo. Di cosa si tratta? Tre? È sicura?» Frank si stava sporgendo in avanti sulla poltrona, incuriosito. «Non poteva trattarsi di nient'altro? Ha fatto delle fotografie? No, suppongo di no. Non si vedono ai raggi X, vero? Ma è sicura di cosa fossero? Okay. No, ha fatto bene a dirmelo. Grazie. Rimaniamo in contatto. Grazie. Arrivederci.» Mise giù il ricevitore.
«Cosa c'è?» disse Frank.
«Non ne sono sicuro. Forse l'occasione che cercavamo.»
Dale aveva usato il reverendo Oren Brisbee come teste esperto in altri processi — nessuno riusciva a incantare la giuria come un predicatore battista. Forse Brisbee era una scelta strana, data la sua richiesta pubblica di pena di morte per Hask. Però non era per alcuna presunzione di colpevolezza di Hask. Quindi:
«Reverendo Brisbee,» disse Dale «uno degli occhi del dottor Calhoun mancava. Può dire alla Corte cosa ha di importante l'occhio umano, per favore?»
Brisbee fece un grande sorriso, come per scaldarsi prima di affrontare uno dei suoi argomenti preferiti. «Ah, fratello mio, l'occhio umano! Testamento del genio di Dio! Prova della creazione divina! Di tutte le meraviglie dell'universo, forse nessuna reca maggiore testamento dell'occhio umano alla bugia dell'evoluzione.»
«Perché, reverendo?»
«Perché, fratello Dale, semplicemente niente di complesso come l'occhio umano può essersi evoluto per caso. Gli evoluzionisti vogliono farci credere che la vita progredisca in piccole fasi di sviluppo, un po' per volta, anziché essere stata creata completamente da Dio. Ma l'occhio — be', l'occhio è un perfetto esempio del contrario. Non può essersi evoluto gradatamente.»
Nell'aula si sentirono dei mormoni, ma Brisbee li ignorò. «Gli evoluzionisti,» proseguì, con la voce che riempiva l'aula come aveva fatto in tante chiese, «dicono che strutture complesse, come le piume, devono essersi evolute per gradi: prima come squame per l'isolamento, che poi forse si sono allungate in un manto sfilacciato per aiutare gli animali in corsa a catturare insetti tra le frange, e poi — fortuitamente — i proto-uccelli si sarebbero accorti che erano anche utili per il volo. Non ci ho mai creduto neanche un momento, ma è il tipo di cose di cui blaterano. Però quell'argomento scompare quando contempliamo il capolavoro di Dio, l'occhio umano! A cosa serve mezzo occhio? O un quarto di occhio? O è un occhio, o non è; non può evolversi per gradi.» Brisbee sorrise al pubblico. Erano il suo gregge.
«Considerate la più bella macchina fotografica che potete comprare oggi. Non si avvicina neanche all'efficienza dei nostri occhi. I nostri occhi si adattano automaticamente alle grandi variazioni di luce — possiamo vedere alla luce della Luna, oppure di un luminoso sole estivo. I nostri occhi passano facilmente dalla luce naturale alla luce incandescente, e a quella fluorescente, mentre un fotografo dovrebbe cambiare filtri e pellicola. E i nostri occhi percepiscono la profondità meglio di qualsiasi obiettivo, anche se computerizzato. Un giocatore di basket può determinare la distanza precisa del canestro, facendo un tiro perfetto dopo l'altro. Sì, capisco perché il Tosok abbia preso un occhio umano come souvenir…»
«Un momento, reverendo» disse Dale. «Lei non sa se è questo ciò che è accaduto.»
«Capisco» proseguì il reverendo Brisbee, un po' offeso, «perché chiunque da qualsiasi luogo dell'universo ammirerebbe l'occhio umano, come autentico esempio dell'arte divina.»
Alle nove del mattino successivo, Dale e Frank entrarono nell'ufficio privato del giudice Pringle. Linda Ziegler era già lì, così come il giurato numero 209 — una bianca grassottella di quarantun anni — e un uomo che Dale vedeva in tribunale da molto tempo, ma che non conosceva. Un istante dopo entrò il giudice Pringle, insieme a uno stenografo. Pringle aspettò che questi fosse pronto e poi disse: «Avvocato Wong, può per favore presentarsi agli altri?»
«Sono Ernest Wong, rappresento il giurato 209.»
«Grazie» disse il giudice. «Metta a verbale che sono presenti l'avvocato Ziegler per il Popolo, e l'avvocato Rice per Hask — che non è qui. Con il mio permesso, è presente anche il dottor Frank Nobilio, delegato americano nell'entourage dei Tosok. Ora, giurato 209, buongiorno.»
«Buongiorno giudice» disse il giurato 209 con una voce nervosa.
«Okay» disse il giudice Pringle. «Giurato 209, è qui il suo avvocato. Si senta libera di interrompermi ogni volta che vuole consultarsi con l'avvocato Wong, e lei — avvocato Wong — è autorizzato a sollevare obiezioni o fare domande quando vuole.»
«Grazie» disse Wong.
«Ora, giurato 209, sono state sollevati dei dubbi.» Pringle sollevò una mano, con il palmo in avanti. «Non sto dicendo che lei ha fatto qualcosa di sbagliato, ma quando ci sono dei dubbi sulla condotta o sulla scelta di un giurato, la legge qui in California prevede che io faccia un'indagine, perciò è questo che stiamo facendo. Okay? Okay. Prima di entrare a far parte di questa giuria le è stato chiesto di riempire un questionario, esatto?
«Esatto.»
«Ha risposto sinceramente al questionario?»
«Obiezione!» disse Wong. «Spinge all'autoincriminazione.»
Il giudice Pringle aggrottò le sopracciglia. «Molto bene. Giurato 209, abbiamo un problema. La domanda 192 del questionario chiedeva se avesse mai visto un disco volante. Ricorda quella domanda?»