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Il riquadro era completamente circondato da una palizzata, talmente comune che sulla Terra non sarebbe stato a guardarla due volte. C'erano paletti (parevano di metallo) disposti a cinque metri l'uno dall'altro e uniti da sei fili di metallo ben tesi.

Dietro la prima palizzata ce n'era una seconda, e poi una terza, altro esempio che i ramani facevano tutto in triplice copia. Qualunque cosa fosse custodita al centro del riquadro, non era possibile raggiungerla mediante cancelli o altre aperture. Al centro s'intravedeva l'orlo di un pozzo, una versione più piccola di Copernico.

Jimmy non stette a pensarci due volte. Scalati rapidamente i tre recinti si avvicinò al foro e vi guardò dentro. Era profondo una cinquantina di metri e sul fondo c'erano gli sbocchi di tre gallerie così grandi che ci sarebbe potuto passare un elefante. E niente altro.

Dopo averlo osservato a lungo, Jimmy pensò che probabilmente il fondo era mobile e funzionava come un montacarichi. Ma a che cosa servisse, non lo avrebbe mai saputo, anche se immaginava che dovesse trasportare oggetti molto grossi e forse pericolosi.

Camminò per qualche ora percorrendo più di dieci chilometri verso il mare, e i riquadri dell'enorme scacchiera cominciavano a confonderglisi nella mente. Gli pareva che non ne sarebbe mai uscito. Alcuni erano completamente chiusi da intrecci di filo metallico, come enormi gabbie, altri parevano stagni di liquido congelato, ma al tatto risultarono solidi. Ce n'era anche uno così nero che pareva un enorme foro: dovette tastarlo per convincersi che aveva la superficie consistente. Più avanti scoprì che i riquadri somigliavano a campi, pronti a dare un raccolto che non era mai stato seminato: erano infatti appezzamenti di terreno smosso e ben livellato, il primo terriccio che vedeva da quando era su Rama. Eppure gli sembrava impossibile che quegli appezzamenti fossero destinati a uso agricolo, perché creature così progredite come i ramani non potevano certo dedicarsi a un'agricoltura di tipo primitivo. Anche sulla Terra la coltivazione del terreno era un hobby di moda che serviva alla produzione di cibi rari ed esotici. Eppure quelli sembravano proprio campi. Provò a prendere un campione del terriccio, ma era talmente compatto che riuscì solo a scrostarne qualche briciola.

La distesa dei campi si susseguiva sempre uguale pur nella sua continua varietà. Alcuni erano coperti da un inesplicabile intrico di filo spinato, altri erano tetri e desolati, e da alcuni spuntavano pali simili a tronchi nudi, forse supporti per qualche rampicante.

Jimmy non seppe mai cosa l'avesse indotto a fermarsi ad osservare meglio un riquadro più a sud. Forse, senza che lui se ne rendesse conto, la sua mente aveva registrato tutti i particolari del paesaggio, notando un'anomalia. Al centro di un graticcio di fili e paletti, sul fondo grigio scuro del terreno, in un riquadro distante duecento metri, spiccava una macchia di colore. Era così piccola che si notava appena, e sulla Terra nessuno l'avrebbe guardata due volte. Eppure uno dei motivi per cui l'aveva notata era perché gli ricordava proprio la Terra.

Non trasmise la scoperta al Controllo finché non fu sicuro di non sbagliarsi. L'intuito non lo aveva ingannato. Quando fu a pochi metri dal riquadro poté avere la certezza che la vita, come lui la conosceva, si era infiltrata nell'ambiente sterile e asettico di Rama. In mezzo al campo, al limite del continente meridionale, era sbocciato un fiore.

Avvicinandosi, Jimmy notò che il graticcio era coperto da un telo di sostanza trasparente che probabilmente serviva a proteggere il terreno dalla contaminazione di forme organiche nocive. Ma in un punto la copertura era forata, e attraverso lo strappo si ergeva uno stelo verde, grosso quanto un mignolo. A un metro da terra lo stelo si apriva in un'inflorescenza di foglie azzurrastre e piumose e, sopra, si schiudevano tre fiori così ravvicinati che in un primo momento li aveva scambiati per uno solo.

I petali avevano una forma tubolare ed erano lunghi cinque centimetri. Ogni fiore ne aveva una cinquantina, e splendevano di sfumature azzurre, viola e verdi tanto da sembrare ali di una farfalla piuttosto che un prodotto del regno vegetale. Jimmy era totalmente a digiuno di botanica, ma lo colpì l'assenza di stami e pistilli. Pensò che forse la somiglianza coi fiori terrestri lo aveva tratto in inganno, e quello era piuttosto affine a un polipo corallino. Comunque, la sua esistenza richiedeva l'apporto di creature alate che servissero da fecondatrici o da cibo.

Ma non era il momento di porsi quei problemi. Qualunque cosa fosse, per Jimmy continuò a essere un fiore. Lo strano miracolo, il caso, così poco ramano, che l'aveva fatto nascere gli ricordava il mondo che forse non avrebbe visto mai più, e sentì la disperata necessità di coglierlo.

Ma non era un'impresa facile. Il fiore distava dieci metri, coperti da un graticcio molto fitto composto da paletti che formavano un'intelaiatura cubica di circa mezzo metro di lato. Non gli restava che insinuarsi fra un cubo e l'altro. E poiché non erano disposti in linea retta, il ritorno sarebbe stato ancora più arduo in quanto avrebbe dovuto farlo a ritroso.

Il Controllo fu entusiasta quando riferì la scoperta ed ebbe trasmesso le immagini del fiore, riprendendolo da tutte le angolature. Quando disse: — Vado a coglierlo — non ci furono obiezioni, e del resto non se ne era aspettate. La vita era sua e poteva disporne come voleva.

Si spogliò completamente e, facendo leva sui paletti di metallo, cominciò a insinuarsi nel labirinto. Gli pareva di essere un prigioniero che cerca di evadere passando attraverso le sbarre della cella tanto il passaggio era angusto.

Jimmy era un uomo d'azione, non di pensiero. Mentre strisciava con difficoltà nell'intrico dei paletti, non perse tempo a chiedersi perché stesse compiendo un'impresa così balorda. I fiori non l'avevano mai interessato, eppure adesso non badava a sprecare energie per coglierne uno. Va bene che era unico e di valore scientifico enorme, ma in realtà lo voleva perché era l'unico legame rimastogli col mondo della vita, con il pianeta dove era nato.

Eppure quando l'ebbe a portata di mano, esitò: forse era l'unico fiore di Rama. Che diritto aveva di coglierlo?

Se cercava una scusa, poteva consolarsi pensando che era nato per caso, che non rientrava nei progetti dei ramani. Era ovviamente un anomalo, nato troppo presto o troppo tardi. Ma in realtà non aveva bisogno di giustificazioni e la sua esitazione durò solo un attimo. Protese la mano, strinse lo stelo e diede un forte strattone.

Lo stelo si spezzò senza difficoltà. Dopo aver raccolto anche qualche foglia, Jimmy cominciò a strisciare lentamente a ritroso. Avendo una sola mano libera faceva molta fatica, e dovette fermarsi spesso per riprendere fiato. Fu durante una delle soste che notò come le foglie superstiti si chiudevano e lo stelo spezzato, girando lentamente su se stesso, rientrava nel terreno, come un serpente ferito che si nasconde nella tana.

Ho ucciso una creatura così bella, pensò rammaricato. Ma Rama non aveva ucciso lui? Cogliere un fiore era nel suo pieno diritto.

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