— Salute e gioia al procuratore! — Il nuovo venuto parlava latino.
— Oh numi! — esclamò Pilato. — Ma non hai un filo asciutto addosso! Che razza d’uragano! Eh? Ti prego di entrare subito in casa mia. Cambiati, fammi il piacere.
Il nuovo venuto rigettò indietro il cappuccio, scoprendo una testa fradicia con i capelli appiccicati alla fronte, e, atteggiando il volto ben raso a un cortese sorriso, rifiutò di andarsi. a cambiare, asserendo che quella pioggerella non gli poteva certo fare male.
— Non voglio sentire niente! — rispose Pilato e batté le mani. Con questo segnale richiamò i servi che stavano nascosti e diede loro l’ordine di occuparsi dell’uomo, e di servire subito dopo una pietanza calda.
Per asciugarsi i capelli, per cambiarsi d’abito e di scarpe e in genere per rimettersi in ordine, all’uomo occorse pochissimo tempo, e poco dopo giunse sul balcone con sandali asciutti, un mantello militare purpureo e i capelli ravviati.
Nel frattempo il sole era tornato su Jerushalajim e, prima di andar ad affogare nel Mediterraneo, inviava raggi di addio alla città odiata dal procuratore e indorava i gradini del balcone. La fontana si era completamente ripresa e cantava a piena voce, i colombi erano ritornati sulla sabbia, tubavano, saltellavano tra i rami rotti, beccavano qualcosa nella sabbia bagnata. La pozzanghera rossa era stata asciugata, i cocci portati via, sul tavolo fumava un piatto di carne.
— Ascolto gli ordini del procuratore, — disse l’uomo avvicinandosi al tavolo.
— Non udrai niente finché non ti sarai seduto e avrai bevuto un po’ di vino, — rispose gentilmente Pilato e indicò l’altro letto.
L’uomo si sdraiò e un servo gli versò del denso vino rosso. Un altro servo, chinandosi con cautela sulla spalla di Pilato, riempí la coppa del procuratore. Poi questi allontanò i due servi con un gesto.
Mentre l’uomo mangiava e beveva, Pilato, sorseggiando il vino, lo guardava attraverso le palpebre socchiuse. Era un uomo di mezza età, con un volto tondeggiante piacevole e pulito, col naso carnoso. I suoi capelli erano di un colore indefinibile. Adesso, asciugandosi, si stavano schiarendo Sarebbe stato difficile determinare la nazionalità dell’uomo. La cosa principale che caratterizzava il suo volto era, forse, un’espressione bonaria, che tuttavia era in contrasto coi suoi occhi, o meglio, non cogli occhi, ma col suo modo di guardare l’interlocutore. Di solito, l’uomo teneva i piccoli occhi sotto le palpebre socchiuse un poco strane, che parevano enfiate. Allora nelle fessure di quegli occhi brillava una furbizia placida. Era lecito pensare che l’ospite del procuratore avesse dello spirito. Ma in certi momenti, scacciando completamente quello spirito brillante dalle fessure, l’ospite spalancava le palpebre e fissava all’improvviso il suo interlocutore, come se mirasse a scoprire rapidamente una macchiolina insignificante sul suo naso. Questo durava un istante, poi le palpebre si riabbassavano, le fessure si rimpicciolivano, e ricominciava a brillarvi la bonarietà e una furba intelligenza.
Il nuovo venuto non rifiutò neppure una seconda coppa di vino, inghiottí con evidente soddisfazione un paio di ostriche, assaggiò la verdura lessa, mangiò un pezzo di carne. Saziatosi, lodò il vino:
— Ottimo vitigno, procuratore, ma non è Falerno?
— Cecuba, di trent’anni, — replicò affabile il procuratore.
L’ospite si mise una mano sul cuore, rifiutò di mangiare altro, affermò di essere sazio. Allora Pilato riempí la propria coppa, l’ospite lo imitò. Entrambi rovesciarono un po’ di vino nel vassoio, e il procuratore disse a voce alta, alzando la coppa:
— Per noi, per te, Cesare, padre dei romani, il piú caro e il piú buono degli uomini!
Dopo queste parole vuotarono la coppa e gli schiavi africani tolsero le pietanze dal tavolo lasciandovi la frutta e le caraffe. Di nuovo il procuratore li allontanò con un gesto, e rimase solo con il suo ospite nel porticato.
— E allora, — disse sommesso Pilato, — che cosa mi puoi riferire dell’umore che regna in questa città?
Senza volerlo, volse lo sguardo nella direzione in cui, oltre le terrazze del giardino, in basso, finivano di ardere le colonne e i tetti piatti, indorati dagli ultimi raggi.
— Io credo, procuratore, — rispose l’ospite, — che lo stato d’animo a Jerushalajim sia adesso soddisfacente.
— Si può allora garantire che non c’è minaccia di altri disordini?
— Si può garantire, — rispose l’ospite guardando soavemente il procuratore, — una cosa sola al mondo: la potenza del grande Cesare.
— I numi gli diano lunga vita! — disse subito Pilato, — e la pace universale! — Tacque, poi riprese: — Allora credi che si possa ritirare l’esercito?
— Ritengo che la coorte della Fulminante possa andarsene, — rispose l’ospite e aggiunse: — Sarebbe bene che, prima di partire, sfilasse per la città.
— Ottima idea, — approvò il procuratore, — dopodomani la farò partire, e me ne andrò anch’io; e ti giuro per il festino dei dodici dèi, giuro per i lari: darei chi sa che cosa per poterlo fare oggi stesso!
— Il procuratore non ama Jerushalajim? — chiese bonario l’ospite.
— Per carità! — esclamò il procuratore con un sorriso, non esiste un posto piú disperato sulla terra. Non parlo della natura — mi ammalo ogni volta che mi tocca venire qui — , fosse solo questo!… Ma queste feste!… Maghi, stregoni, incantatori, queste folle di pellegrini!… Fanatici, fanatici!… Prendi solo quel messia che di colpo si sono messi ad attendere per quest’anno! Ogni momento ti aspetti solo di dover assistere a uno sgradevolissimo spargimento di sangue. Tutto il tempo spostare le truppe, leggere denunce e delazioni, metà delle quali poi è diretta contro te stesso! Ammetti che è noioso. Oh, se non fosse per il servizio dell’imperatore!
— Già, le feste qui sono difficili, — acconsentí l’ospite.
— Mi auguro di tutto cuore che finiscano presto, — aggiunse Pilato con energia. — Avrò finalmente la possibilità di tornare a Cesarea. Non mi crederai, ma questo edificio opprimente costruito da Erode, — il procuratore fece un gesto della mano verso il porticato, cosí che divenne chiaro che stava parlando del palazzo, — mi rende veramente pazzo! Non riesco a dormirci. Il mondo non ha mai conosciuto un’architettura piú stravagante!… Sí, torniamo agli affari Anzitutto, quel maledetto Bar-Raban non ti preoccupa?
A questo punto l’ospite lanciò quel suo sguardo particolare verso la guancia del procuratore. Ma quello guardava lontano con gli occhi annoiati e una smorfia di disgusto, contemplando la zona della città che giaceva ai suoi piedi e si andava spegnendo nel tramonto. Si spense anche lo sguardo dell’ospite, e le sue palpebre si abbassarono.
— Direi che Bar è diventato innocuo come un agnello, — disse l’ospite, e le rughe comparvero sul suo volto rotondo — adesso per lui ribellarsi è sconveniente.
— Troppo celebre? — chiese Pilato con un sogghigno.
— Il procuratore, come sempre, afferra con finezza la questione.
— Ma ad ogni buon conto, — osservò preoccupato il procuratore, e il lungo dito sottile con una pietra nera incastonata nell’anello si alzò, — bisognerà…
— Oh, il procuratore può essere certo che finché ci sarò io in Giudea, Bar non farà un solo passo senza essere pedinato.
— Adesso sono tranquillo, come del resto lo sono sempre quando ci sei tu.
— Il procuratore è troppo buono!
— Adesso ti prego di parlarmi dell’esecuzione, — disse il procuratore.
— Che cosa di preciso interessa il procuratore?
— Non ci sono stati da parte della folla tentativi di manifestare indignazione? Questa è la cosa principale, naturalmente.
— Per nulla, — rispose l’ospite.
— Benissimo. Hai constatato tu stesso che la morte è sopravvenuta?
— Il procuratore può esserne certo.
— E dimmi… la bevanda è stata loro data prima che fossero appesi ai pali?