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— Bene. Ti dichiaro che non ritengo necessario farti processare. Hai fatto tutto quello che potevi, e nessuno al mondo, — il procuratore sorrise, — avrebbe saputo fare piú di te! Punisci gli agenti che si sono lasciati sfuggire Giuda. Ma anche qui, ti avverto, non vorrei che la punizione fosse severa. In fin dei conti, abbiamo fatto tutto quello che potevamo per prenderci cura di quella canaglia! Ah sí! Dimenticavo di chiedere, — il procuratore si fregò la fronte, — come sono riusciti a gettare il denaro nella casa di Caifa?

— Vedi, procuratore… La cosa non è particolarmente difficile. I vendicatori sono passati sul retro del palazzo di Caifa, là dove il vicolo domina il cortile posteriore. Hanno gettato il pacco oltre il recinto.

— Con un biglietto?

— Sí, proprio come tu supponevi, procuratore. Già, a proposito — Qui Afranio strappò il sigillo dal pacchetto e mostrò il suo contenuto a Pilato.

— Per carità, che stai facendo, Afranio, saranno certo i sigilli del tempio!

— Il procuratore non si preoccupi di questo, — rispose Afranio richiudendo il pacchetto.

— Possibile che tu abbia tutti i sigilli? — chiese Pilato con una risata.

— Non può essere diversamente, procuratore, — rispose severissimo Afranio, senza il minimo sorriso.

— Immagino quel che sarà successo da Caifa!

— Sí, procuratore, l’emozione è stata fortissima. Mi hanno convocato immediatamente.

Perfino nella penombra si vedevano brillare gli occhi del procuratore.

— Interessante, molto interessante…

— Mi permetto di obiettare, procuratore; non era interessante. Un affare noiosissimo e faticosissimo. Alla mia domanda se fosse stato effettuato un pagamento a qualcuno nel palazzo di Caifa, mi fu risposto categoricamente di no.

— Ah, è cosí? E va bene, se non hanno pagato, vuol dire che non hanno pagato… Tanto piú difficile sarà trovare gli assassini.

— Verissimo, procuratore.

— Ah sí, Afranio, mi è venuto all’improvviso un pensiero: non si sarà per caso suicidato?

— Oh no, procuratore, — rispose Afranio, buttandosi addirittura all’indietro nella poltrona dalla sorpresa, Scusami, ma questo è del tutto inverosimile!

— Oh, in questa città tutto è verosimile. Sono pronto a scommettere che tra pochissimo tempo in tutta la città si spargeranno voci del suicidio di Giuda.

A questo punto, Afranio lanciò di nuovo un’occhiata al procuratore rifletté e disse:

— È possibile, procuratore.

Evidentemente, il procuratore non riusciva a staccarsi dalla faccenda dell’assassinio dell’uomo di Kiriat, anche se tutto era già chiaro, e disse, addirittura con un’aria sognante:

— Mi sarebbe piaciuto vedere come l’hanno ucciso.

— È stato ucciso a regola d’arte, procuratore, — rispose Afranio, guardando il procuratore con una certa quale ironia.

— Come fai a saperlo?

— Ti prego di rivolgere la tua attenzione al sacco, procuratore, — rispose Afranio, — ti garantisco che il sangue di Giuda scorreva a fiotti. Ho avuto occasione di vedere gente ammazzata, procuratore, nel corso della mia vita.

— Dunque egli non risorgerà di certo?

— No, procuratore, — rispose sorridendo filosoficamente Afranio, — egli risorgerà quando suonerà su di lui la tromba del messia che qui stanno aspettando. Ma prima non risorgerà.

— Bene, Afranio, questa faccenda è chiara. Passiamo alla sepoltura.

— I corpi dei giustiziati sono stati sepolti, procuratore.

— Oh, Afranio, metterti sotto processo sarebbe un delitto. Sei degno delle piú alte ricompense. Com’è andata?

Afranio cominciò a raccontare: mentre lui stesso si stava occupando del caso di Giuda, un reparto della guardia segreta, diretto da un suo sostituto, era giunto sulla cima della collina al cadere della sera. Uno dei corpi mancava. Pilato sussultò, e disse con voce rauca:

— Oh, come ho fatto a non prevederlo!…

— Non preoccuparti, procuratore, — disse Afranio, e continuò la sua narrazione: — I corpi di Disma e Hesta con gli occhi beccati dagli uccelli furono raccolti, e fu subito iniziata la ricerca del terzo corpo. Questo fu trovato entro brevissimo tempo. Un certo…

— Levi Matteo, — disse Pilato con tono non tanto interrogativo quanto affermativo.

— Sí, procuratore… Levi Matteo si nascondeva in una caverna sul pendio settentrionale del Calvario, in attesa delle tenebre. Il corpo nudo di Jeshua Hanozri era con lui. Quando la guardia entrò nella caverna con una torcia Levi si disperò e si arrabbiò. Gridava che non aveva commesso nessun delitto, e che chiunque, secondo la legge ha il diritto di seppellire un criminale giustiziato se lo desidera. Levi Matteo diceva che non voleva abbandonare quel corpo. Era eccitato, gridava cose insensate, ora supplicava, ora minacciava e malediva…

— Avete dovuto arrestarlo? — chiese cupo Pilato.

— No, procuratore, no, — rispose in tono tranquillizzante Afranio, — si riuscí a calmare l’insolente pazzo spiegandogli che il corpo sarebbe stato sepolto. Levi, quando capí ciò che gli era stato detto, si calmò, ma dichiarò che non se ne sarebbe andato e che intendeva partecipare alla sepoltura. Disse che non se ne sarebbe andato neanche se lo avessero ucciso, e porgeva perfino un coltellaccio da pane a questo scopo.

— È stato cacciato via? — chiese Pilato con voce soffocata.

— No, procuratore, no. Il mio sostituto gli permise di partecipare alla sepoltura.

— Quale dei tuoi aiutanti ti sostituiva? — chiese Pilato.

— Tolomeo, — rispose Afranio, e aggiunse inquieto: — ha forse fatto qualche sbaglio?

— Continua, — rispose Pilato, — sbagli non ce ne sono stati. Del resto, sono imbarazzato, Afranio, credo di trovarmi al cospetto di un uomo che non commette mai errori. Quest’uomo sei tu.

— Levi Matteo fu caricato su un carro insieme con i corpi dei giustiziati, e circa due ore dopo raggiunsero una gola deserta a nord di Jerushalajim. Là il reparto, lavorando a turni, in un’ora scavò una fossa profonda e vi seppellí i tre giustiziati.

— Nudi?

— No, procuratore, la truppa aveva preso con sé dei chitoni per la bisogna. Alle dita dei sepolti furono infilati anelli. A Jeshua con una tacca, a Disma con due e a Hesta con tre. La fossa è stata chiusa e ricoperta con pietre. Tolomeo sa il segno di riconoscimento.

— Ah, se avessi potuto prevedere! — disse Pilato con una smorfia. — Avrei bisogno di vedere quel Levi Matteo…

— È qui, procuratore.

Pilato spalancò gli occhi, fissando per qualche istante Afranio, poi disse:

— Ti ringrazio di tutto quello che hai fatto per questa faccenda. Ti prego di inviarmi domani Tolomeo, dicendogli in anticipo che sono soddisfatto di lui, e tu, Afranio, — a questo punto il procuratore tolse da una tasca della cintura posta sul tavolo un anello, che porse al capo del servizio segreto, — ti prego di gradirlo come ricordo.

Afranio fece un inchino, dicendo:

— È un grande onore, procuratore.

— Alla truppa che ha eseguito la sepoltura prego di elargire ricompense. Agli sbirri che non hanno saputo proteggere Giuda, un biasimo. E Levi Matteo qui da me, subito. Mi servono particolari sulla questione di Jeshua.

— Ubbidisco, procuratore, — replicò Afranio, e cominciò a indietreggiare facendo inchini; il procuratore batté le mani e grido:

— Da me, qui! Un candelabro nel porticato!

Afranio si stava già inoltrando nel giardino, e alle spalle di Pilato nelle mani dei servi luccicavano già i lumi. Il procuratore si trovò sul tavolo tre candelabri, e la notte lunare arretrò subito in giardino, come se Afranio se la fosse portata con sé. Invece di Afranio giunse sul balcone uno sconosciuto piccolo e magro, accanto al gigantesco centurione. Quest’ultimo, colto lo sguardo del procuratore, si allontanò subito nel giardino e vi scomparve.

Il procuratore studiava il nuovo venuto con occhi avidi e un poco impauriti. Cosí si guarda una persona di cui si è molto sentito parlare, alla quale si è pensato molto e che, finalmente, è arrivata.

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