Литмир - Электронная Библиотека
Содержание  
A
A

Finalmente lo lasciarono andare. Fu ricondotto nella sua stanza, dove gli diedero una tazza di caffè, due uova alla coque e pane bianco col burro. Dopo aver mangiato e bevuto tutto, Ivan decise di aspettare qualche capo della clinica e ottenerne attenzione e giustizia.

Non ebbe da aspettare a lungo. All’improvviso la porta si aprí, ed entrò molta gente in camice bianco. Davanti a tutti procedeva un uomo sui quarantacinque anni, rasato alla perfezione come un attore, dagli occhi simpatici ma assai penetranti, e dai modi cortesi. Tutto il seguito gli tributava segni di attenzione e rispetto, per cui il suo ingresso risultò molto solenne. «Come Ponzio Pilato!», venne fatto di pensare a Ivan.

Sí, questo era certamente il capo. Egli sedette su uno sgabello, mentre tutti gli altri rimasero in piedi.

— Dottor Stravinskij, — si presentò, e guardò Ivan con espressione amichevole.

— Ecco, Aleksandr Nikolaevič, — disse con voce sommessa uno dalla linda barbetta, e porse al capo la cartella, piena di dati, di Ivan.

«Hanno imbastito un intero dossier», pensò Ivan. Con occhi che denotavano abitudine il capo scorse il foglio, borbottando «Uhu, uhu…», e scambiò con gli altri qualche frase in una lingua poco nota. «Parla pure latino, come Pilato», pensò mestamente Ivan. Ma una parola lo fece sussultare: era la parola «schizofrenia», quella, ohimè, pronunciata ieri dal maledetto sconosciuto agli stagni Patriarscie, e ripetuta adesso dal professore Stravinskij. «Anche questo sapeva!», pensò allarmato Ivan.

Il capo, evidentemente, si era posto la regola di essere d’accordo su tutto e di rallegrarsi per tutto quello che gli dicevano gli astanti e di esprimere questo con la parola: «bravo».

— Bravi! — disse Stravinskij, restituendo il foglio a qualcuno, e si rivolse a Ivan.

— Lei è poeta?

— Sí, — rispose tetro Ivan, e per la prima volta sentí un’inspiegabile ripugnanza per la poesia, e i suoi versi, che subito gli vennero in mente, gli riuscirono sgradevoli.

Con una smorfia, egli chiese a sua volta a Stravinskij: — Lei è professore?

Stravinskij chinò la testa con premurosa cortesia.

— Lei è il capo qui dentro? — continuò Ivan. Anche a questa domanda Stravinskij rispose con un cenno affermativo.

— Ho bisogno di parlarle, — disse in modo significativo Ivan Nikolaevič.

— Sono venuto apposta per questo, — replicò Stravinskij.

— Ecco di che si tratta, — cominciò Ivan, sentendo che era giunta la sua ora. — Mi fanno passare per pazzo, nessuno mi vuole ascoltare!…

— Oh no, l’ascolteremo con la massima attenzione, — rispose Stravinskij, serio e tranquillizzante, — e non permetteremo a nessuno di farla passare per pazzo.

— Allora ascolti: ieri sera, agli stagni Patriaršie, ho incontrato un personaggio misterioso, magari straniero, che sapeva in anticipo della morte di Berlioz e aveva visto personalmente Ponzio Pilato.

Il seguito ascoltava il poeta senza fiatare e senza muoversi.

— Pilato? Quello che è vissuto al tempo di Gesú Cristo? — chiese Stravinskij, socchiudendo gli occhi in direzione di Ivan.

— Proprio quello.

— Aha, — disse Stravinskij, — e quel Berlioz è morto sotto un tram?

— Ma sí, proprio ieri sera, quando c’ero anch’io, è stato maciullato da un tram ai Patriaršie; mentre quel tipo equivoco…

— Il conoscente di Ponzio Pilato? — chiese Stravinskij, che evidentemente si distingueva per il gran comprendonio.

— Proprio lui, — confermò Ivan, studiando Stravinskij. Ebbene, aveva detto in anticipo che Annuška avrebbe rovesciato l’olio di girasole… E lui è scivolato proprio in quel punto! Non è una bella storia? — chiese Ivan con fare significativo, sperando che le sue parole avrebbero prodotto un’impressione profonda.

Ma l’impressione non ci fu, e Stravinskij con molta semplicità pose la seguente domanda:

— E chi è questa Annuška?

La domanda imbarazzò un poco Ivan, e il suo volto si contrasse.

— Qui Annuška non ha nessuna importanza, — disse innervosito. — Lo sa il diavolo chi è. Una scema della Sadovaja. L’importante è che lui sapeva in anticipo, capisce, in anticipo, dell’olio di girasole. Mi capisce?

— La capisco benissimo, — rispose serio Stravinskij, e toccando il ginocchio del poeta con la mano, soggiunse — Non si inquieti e continui.

— Continuo, — disse Ivan, cercando di rispondere al professore nel suo stesso tono, e sapendo già, per amara esperienza, che solo la calma l’avrebbe potuto aiutare. Bene, quel tipo spaventoso (non è mica vero che sia un consulente!) ha una forza sovrannaturale!… Per esempio, lo insegui, e non riesci a raggiungerlo… E con lui ce ne sono altri due, buoni anche quelli, ma a modo loro: uno lungo, con le lenti spaccate, e poi un gatto di dimensioni incredibili, che viaggia da solo in tram. E poi, — Ivan, che nessuno interrompeva, parlava con sempre maggior calore e convinzione, — è stato personalmente sul balcone di Ponzio Pilato, e su questo non c’è nessun dubbio. Che roba, eh? Bisogna arrestarlo subito, se no combinerà guai indescrivibili.

— E lei cerca di farlo arrestare? L’ho capito bene? chiese Stravinskij.

«È intelligente, — pensò Ivan, — bisogna ammettere che anche tra gli intellettuali si trovano persone d’intelligenza non comune, non lo si può negare», e rispose:

— Giustissimo! Mi dica lei, come potrei non farlo? Intanto mi trattengono qui con la forza, mi puntano una lampadina negli occhi, mi fanno il bagno, mi fanno domande su mio zio Fedja!… È un pezzo che non è piú al mondo! Esigo di essere immediatamente rilasciato!

— Ma sí, bravo, bravo, — commentò Stravinskij. — Adesso tutto è chiaro. Infatti, che senso ha trattenere in clinica una persona sana? Bene, la dimetterò subito, se lei mi dirà che è normale. Non se me lo dimostrerà, ma se me lo dirà soltanto. Dunque lei è normale?

A questo punto subentrò un silenzio assoluto, e la donna grassa che al mattino si era occupata di Ivan, guardò con venerazione il professore, mentre Ivan pensò di nuovo: «È decisamente intelligente!»

La proposta del professore gli piacque molto, però prima di rispondere pensò e ripensò, aggrottando la fronte, e disse infine con voce sicura:

— Sono normale.

— Bravo, — esclamò con sollievo Stravinskij, — se è cosí, ragioniamo in modo logico. Prendiamo la sua giornata di ieri — . Si voltò, e gli porsero immediatamente la cartella di Ivan. — Cercando un uomo sconosciuto, che si è presentato come un conoscente di Ponzio Pilato, lei ieri ha eseguito le seguenti azioni — . E Stravinskij cominciò a contare sulle lunghe dita, guardando ora la cartella, ora Ivan. — Si è appuntato al petto un’icona. Giusto?

— Sí, — ammise cupo Ivan.

— È caduto da uno steccato, graffiandosi la faccia. D’accordo? E giunto al ristorante con in mano un cero acceso con la sola biancheria intima addosso, e al ristorante ha picchiato qualcuno. È stato portato qui legato. Di qui lei ha telefonato alla polizia perché mandassero dei mitra. Poi ha tentato di buttarsi dalla finestra. Giusto? Domanda: è possibile, agendo in questo modo, catturare o arrestare qualcuno? Se lei è un uomo normale, deve rispondere: no di certo. Lei vuole andare via? Faccia pure, ma mi permetta di chiederle: dove andrà?

— Alla polizia naturalmente, — rispose Ivan con minor fermezza, un po’ sgomento sotto lo sguardo del professore.

— Direttamente di qui?

— Uhu…

— A casa sua non farà un salto? — chiese rapidamente Stravinskij.

— Non ne ho il tempo! Mentre io passo da casa, quello se la svigna!

— Capito. Di che cosa parlerà prima di tutto alla polizia?

— Di Ponzio Pilato, — rispose Ivan Nikolaevič, e i suoi occhi si copersero di un velo buio.

— Bravo! — esclamò Stravinskij, conquistato, e rivolgendosi a quello della barba, ordinò: — Fëdor Vasil’evic, dimetta, per favore, il signor Bezdomnyj. Ma tenga libera questa stanza e non faccia cambiare le lenzuola. Tra due ore, il signor Bezdomnyj sarà di nuovo qui. Ebbene, — si rivolse al poeta, — non le auguro successo perché non credo minimamente che lei possa averne. Arrivederci a presto! — E si alzò, mentre il suo seguito si mosse.

24
{"b":"115091","o":1}