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Allontanatasi dal tavolo, Iselle prese a passeggiare nervosamente avanti e indietro per la stanza con un sonoro frusciare di gonne, sempre accompagnata dalla sua aura scura.

Cazaril pensò che la Royina Sara aveva presumibilmente finito per condividere la maledizione di Orico nel momento in cui lo aveva sposato… Non era quindi possibile che Iselle, sposando qualcuno al di fuori di Chalion, potesse liberarsene? Che fosse proprio quello il modo per sottrarsi a quella sciagura? No, bisognava essere cauti: c’era la possibilità che l’antico, cupo destino del Generale Dorato seguisse Iselle anche oltre i confini della sua nuova terra. Doveva consultarsi al riguardo con Umegat, e doveva farlo al più presto.

Iselle smise di passeggiare, soffermandosi a guardare fuori della finestra, socchiudendo gli occhi con fare pensoso. «Devo tentare», ribadì. «Non posso e non voglio far andare alla deriva il mio destino, spingendolo a incontrare un’altra disastrosa cascata e questo senza fare il minimo tentativo per correggerne la rotta. Rivolgerò una petizione al mio regale fratello, e lo farò subito.» Giratasi di scatto, si diresse alla porta con un cenno imperioso al suo seguito, simile a un generale che chiamasse a raccolta le truppe. «Betriz, Cazaril, venite con me!» ordinò.

15

Dopo un’ansiosa ricerca in giro per il castello di Zangre, il gruppetto rintracciò Orico nell’unico posto in cui Cazaril non si sarebbe mai aspettato di trovarlo e cioè nelle camere della Royina Sara, all’ultimo piano della Torre di Ias. Il Roya e la Royina erano seduti a un tavolino vicino a una finestra, intenti a giocare a dama, un gioco tanto semplice, con la sua scacchiera e i suoi pezzi di marmo colorato, da sembrare un passatempo per bambini o per convalescenti, e non per i sovrani di una nazione. Ma Orico non stava affatto bene. Quel giorno, l’ombra spettrale che ammantava entrambi pareva sottolineare ancora di più la loro stanca tristezza e, nell’osservarli, Cazaril si rese conto che non stavano giocando per passare il tempo, ma per cercare un diversivo dalla paura e dal dolore che li assediavano.

Cazaril rimase sconcertato dall’abbigliamento di Sara che, invece di optare per il nero e il lavanda, i colori ufficiali del lutto, si era vestita interamente di bianco, scegliendo la tonalità propria del Giorno del Bastardo, festa che veniva tenuta a intervalli di due anni dopo la Mezz’estate della Madre, per impedire la precessione del calendario dal giusto ordine delle stagioni. Gli indumenti di lino bianco erano troppo leggeri per il clima autunnale, quindi lei si era avviluppata in un ampio scialle di lana dello stesso colore per tenere a bada il freddo e, sullo sfondo di tutto quel candore, appariva smagrita e cupa. Nel complesso, quel particolare abbigliamento costituiva un insulto ancora più feroce delle vesti colorate scelte da Sara per il funerale di Dondo. Cazaril si chiese se la Royina avesse intenzione di vestirsi di bianco per tutto il periodo del lutto e se dy Jironal avrebbe osato protestare.

Con una riverenza al fratello e alla cognata, Iselle si fermò davanti a Orico con gli occhi scintillanti e le mani congiunte davanti a sé, in un atteggiamento sottomesso, peraltro smentito dalla rigidità della sua schiena. Mentre Cazaril e Betriz andavano ad affiancarsi alla Royesse e salutavano a loro volta col dovuto rispetto la coppia reale, Orico distolse lo sguardo dalla scacchiera e prese atto della presenza della sorella con un lieve cenno del capo, poi si assestò il grasso ventre e sollevò su Iselle uno sguardo pieno di disagio. Cazaril scorse i pannelli di broccato color lavanda, aggiunti sotto le ascelle dal sarto per allargare la circonferenza della tunica, e notò pure la lieve scoloritura della stoffa nei punti in cui le cuciture erano state spostate. Nel frattempo, la Royina Sara, avvolgendosi nello scialle, si ritraeva sul suo seggio, incassato sotto la finestra.

Quasi senza preamboli, Iselle iniziò la sua supplica al Roya. Gli chiese di avviare formali negoziati con Ibra e di chiedere per lei la mano del Royse Bergon, sottolineando che ciò offriva l’opportunità di riportare la pace tra le due nazioni, sanando la frattura creata dallo sfortunato sostegno fornito da Orico al defunto Erede, giacché, a quel punto, né Chalion né Ibra avevano interesse a continuare la guerra. La Royesse sottolineò inoltre come quel matrimonio fosse assolutamente perfetto dal punto di vista dell’età e del rango delle parti interessate, considerato che Bergon aveva la sua stessa età e il suo stesso titolo. Evocò anche i vantaggi che Orico avrebbe avuto grazie alla presenza di un suo parente e alleato presso la corte di Ibra, benché, diplomaticamente, si astenne dall’aggiungere che tali vantaggi sarebbero passati in seguito a Teidez. Tracciò poi un quadro vivido dei problemi che i nobili di Chalion interessati alla sua mano avrebbero potuto causare, e spiegò come Orico potesse elegantemente evitare tali seccature con quella mossa preventiva.

Il suo sfoggio di eloquenza indusse il Roya a sospirare con aria malinconica. «Iselle, il tuo lutto ti proteggerà per qualche tempo. Neppure Martou dy Jironal… insulterà la memoria di suo fratello dando in sposa ad altri l’orbata fidanzata di Dondo, le cui ceneri sono ancora calde.»

«Le sue ceneri si raffredderanno anche troppo presto. E dopo cosa accadrà?» ribatté Iselle, sbuffando sonoramente nel sentire il termine «orbata». «Orico, non mi costringerai mai più ad accettare un marito senza avere prima il mio assenso, in privato. Non te lo permetterò.»

«No, no», si affrettò a replicare Orico, agitando le mani. «Quello… è stato un errore, adesso me ne rendo conto e mi dispiace.»

Se questo non è minimizzare… pensò Cazaril.

«Non intendevo insultarti, cara sorella e neppure volevo offendere gli Dei», continuò Orico, guardandosi intorno come se gli Dei potessero aggredirlo da un momento all’altro, in una sorta d’imboscata astrale. «Volevo soltanto fare il tuo bene e quello di Chalion.»

Cazaril si rese conto che, a corte, nessuno, tranne lui stesso e Umegat, sapeva chi aveva pregato perché Dondo venisse allontanato… be’, se non proprio dal mondo, almeno dalla sua stessa vita. D’altro canto, tutti sapevano che la Royesse aveva implorato gli Dei di potersi sottrarre a quel matrimonio. Per quanto ne sapeva lui, Iselle non era certamente sospettata o accusata di aver operato una magia di morte, però rimaneva il fatto che lei era viva e vegeta, mentre Dondo non c’era più. Di conseguenza, ogni cortigiano con un po’ di cervello doveva essersi spaventato alla morte di Dondo. E alcuni indubbiamente erano più spaventati di altri.

«In futuro, non ti sarà offerto nessun matrimonio senza avere, prima, il tuo assenso», dichiarò Orico, con insolita fermezza. «Te lo prometto sulla mia stessa testa, e sulla mia corona.»

Cazaril inarcò le sopracciglia per la sorpresa. Giacché sembrava proprio che Orico stesse parlando sul serio. Dal canto suo, Iselle accettò quell’impegno con un cenno di assenso piuttosto guardingo.

Nel sentire un vago sbuffo, Cazaril spostò poi lo sguardo sulla Royina Sara. Il suo volto era in ombra per via della rientranza della finestra, ma, alle parole del marito, la sua bocca si era incurvata in un fugace sorriso ironico. Chiedendosi quali promesse solenni Orico le avesse fatto, solo per poi infrangerle, Cazaril distolse lo sguardo con aria abbattuta.

Come se stesse attraversando un ruscello saltando di sasso in sasso, Orico passò a un’altra manovra evasiva. «Per lo stesso motivo, a causa del nostro lutto è un po’ troppo presto per offrire la tua mano a Ibra. La Volpe potrebbe interpretare la nostra fretta come un insulto.»

«Ma, se aspettiamo, l’Erede di Bergon potrebbe non essere più disponibile!» protestò Iselle, con un gesto impaziente. «Adesso è l’Erede, è in età di sposarsi e suo padre vuole rafforzare i confini, quindi è inevitabile che lo baratti per procurarsi un alleato, magari dandogli in sposa una figlia del sommo March di Yiss o una ricca nobildonna darthacana. E così Chalion perderebbe la sua occasione.»

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