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Da ragazzo, a Cazaril, aveva seguito la via propria della maggior parte dei giovani nobili, diventando un Devoto laico dell’Ordine del Fratello, attratto dalla gloria militare che tale ruolo prometteva. Le rare volte in cui si era preso la briga di pregare, si era sempre rivolto in maniera meccanica al Dio che gli era stato assegnato in virtù del suo sesso, della sua età e del suo rango… Quella notte, sulla torre, aveva avuto l’impressione che quella strada, seguita passivamente, senza porsi interrogativi, lo avesse condotto, passo dopo passo, a quella trappola impossibile, abbandonato dalla sua gente e dal suo Dio.

Sin dall’età di tredici anni, quando si era sottoposto alla cerimonia di consacrazione, prima di lasciare Cazaril per diventare un paggio nella casa del vecchio Provincar, aveva sempre portato al collo la medaglia del Fratello. Eppure quella notte, sulla torre, col volto solcato da lacrime di stanchezza, di disperazione e di rabbia, se l’era strappata di dosso e l’aveva scagliata oltre i bastioni, rinnegando il Dio che aveva rinnegato lui. Vorticando nell’aria, il piccolo disco d’oro era scomparso nel buio senza far rumore, mentre lui si prostrava sulle pietre, proprio come in quel momento, giurando di offrirsi a qualsiasi altro Dio disposto ad accettarlo, a patto che i suoi uomini potessero uscire da quella trappola. Per quanto lo riguardava, era un uomo finito. Finito.

Naturalmente non era successo nulla. Dopo un po’ era cominciato a piovere. Alla fine, si era rialzato, vergognandosi della propria crisi e grato che nessuno degli uomini lo avesse visto in quelle condizioni. Poi era arrivata la sentinella del turno seguente, e lui aveva lasciato i bastioni. Per alcune settimane non era successo altro… Poi era sopraggiunto quel corriere ben nutrito, con la notizia che la loro resistenza era stata vana, che tutto il sangue da loro versato, tutti i sacrifici fatti sarebbero stati venduti in cambio di un’ingente somma d’oro destinata ai forzieri di dy Jironal.

E i suoi uomini erano stati condotti al sicuro.

Però lui si era avviato su una strada diversa…

Cosa aveva detto Ista? Le peggiori maledizioni inflitte dagli Dei si manifestano come una risposta alle nostre preghiere. Le preghiere sono una cosa pericolosa. Era dunque sufficiente scegliere una volta soltanto di condividere la propria volontà con quella di un Dio, come giurare per arruolarsi in una compagnia militare? Oppure era una scelta che andava rinnovata di continuo, ogni giorno? O si trattava di entrambe le cose? Poteva abbandonare quella strada in qualsiasi momento, per esempio salendo a cavallo e andandosene nella Darthaca, costruendosi una nuova vita con un nuovo nome? In tal caso, come aveva ipotizzato Umegat, lui avrebbe agito come quel centinaio di altri Cazaril, che non si erano presentati all’appello, abbandonando di conseguenza tutti coloro che si fidavano di lui, Iselle, Ista, la Provincara, Palli, Betriz…

Ma, purtroppo, non Dondo.

Cazaril si contorse leggermente sulla stuoia, sgradevolmente consapevole della pressione al ventre e cercando di convincersi che era soltanto una conseguenza dell’abbondante banchetto offerto dalla Volpe, e non il suo tumore che cresceva, procedendo spedito verso il suo grottesco completamento, in attesa che la mano della Signora si allentasse. Forse gli Dei avevano imparato qualcosa dall’errore di Ista e dal crollo di dy Lutez… Forse si stavano accertando che il loro mulo non li abbandonasse a metà dell’opera, come aveva fatto dy Lutez…

In nessun modo, tranne che morendo. Quella porta rimaneva spalancata, ma cosa lo attendeva dall’altra parte? L’inferno del Bastardo, la dissoluzione di uno spettro rifiutato, oppure la pace?

Non ne aveva idea.

Dall’altra parte della Piazza del Tempio, nella Casa della Figlia, lo attendeva un letto caldo e morbido. Che il suo cervello si fosse spinto a formulare simili assurde elucubrazioni indicava che forse era il caso di raggiungerlo. Del resto, non stava pregando, ma soltanto discutendo con gli Dei. Si rialzò, dirigendosi alla porta. Pregare, rifletté, significava mettere un piede davanti all’altro, senza mai smettere di muoversi.

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Ormai le clausole erano state accettate, i trattati stilati in più copie, firmati dalle parti interessate, nonché dai loro testimoni, e sigillati… Eppure, per poco, una questione pratica non mandò tutto a monte. La Volpe — non senza motivo, a parere di Cazaril — era infatti riluttante a mandare suo figlio a Chalion con così scarse garanzie per la sua sicurezza personale. A causa della guerra che aveva prosciugato le risorse del suo Stato, però, il Roya non aveva né gli uomini né il denaro necessari a radunare un nutrito contingente di truppe che garantisse la sicurezza di Bergon. Cazaril, inoltre, aveva paura dell’effetto che avrebbe avuto sulla gente di Chalion la vista di un esercito che valicava i confini, benché mosso da una causa valida. Com’era prevedibile, la discussione assunse toni accesi e il pensiero di dovere la vita stessa di Bergon a Cazaril fece crescere nel Roya un senso di umiliazione. La Volpe prese a evitare il Castillar e le sue petizioni con tattiche molto simili a quelle usate da Orico.

Tramite la catena di corrieri dell’Ordine della Figlia organizzata durante il viaggio di andata, Cazaril ricevette il primo messaggio cifrato di Iselle. Stilato pochi giorni dopo la sua partenza da Cardegoss, era molto breve, una semplice conferma che i riti funebri di Teidez si erano svolti senza incidenti e che Iselle avrebbe lasciato la capitale quel pomeriggio, insieme col corteo funebre, per la sepoltura del fratello a Valenda. In conclusione, la giovane scriveva, con evidente sollievo:

Le nostre preghiere sono state ascoltate… Gli animali sacri hanno dimostrato che il Figlio dell’Autunno ha preso con sé Teidez, nonostante tutto. Prego che possa trovare sollievo presso il Dio. Mio fratello Orico è ancora vivo e ha recuperato la vista da un occhio, ma è sempre assai gonfio, per cui rimane confinato a letto.

Seguiva però una nota che raggelò Cazaril.

Il nostro nemico mi ha affidato, come dame di compagnia, due sue nipoti… Non sarò in grado di scrivervi spesso. Che la Signora guardi con benevolenza alla vostra missione.

Nel cercare invano qualche aggiunta da parte di Betriz, per poco Cazaril non si lasciò sfuggire il suo breve messaggio, che individuò soltanto nel girare il foglio: i piccoli numeri, tracciati con la sua calligrafia precisa, erano seminascosti dalla cera crepata del sigillo. Grattato via il resto della cera con un’unghia, lui constatò che i numeri lo rimandavano a una delle ultime pagine del libro di Ordol. Si trattava di una delle sue preghiere più liriche: una supplica appassionata per la protezione di una persona cara che era in viaggio, lontano da casa.

Quanti anni… No, quanti decenni erano passati dall’ultima volta che qualcuno aveva pregato così per lui? Cazaril non era neppure certo che quel messaggio fosse destinato anche ai suoi occhi, e non soltanto a quelli degli Dei, ma si accostò comunque i numeri ai cinque punti sacri, trattenendoli un po’ più a lungo sulle labbra, prima di lasciare la camera per andare alla ricerca di Bergon.

Gli mostrò la lettera di Iselle, e lui rimase affascinato dal sistema di codifica, che studiò con estremo interesse; Cazaril compose una breve risposta, in cui informava la Royesse del successo della sua missione, e Bergon provvide a sua volta a stilare faticosamente di proprio pugno, con la massima concentrazione, un messaggio cifrato per la fidanzata.

Nella situazione di stallo venutasi a creare, Cazaril si sentiva sempre più inquieto. Era infatti impossibile che dy Jironal non avesse spie alla corte di Ibra, spie che, presto o tardi, gli avrebbero riferito della sua presenza a corte. Ma dy Jironal avrebbe intuito che i negoziati condotti da Cazaril nell’interesse di Iselle avevano avuto un esito positivo? E, se sì, come avrebbe reagito? Mettendo Iselle sotto stretto controllo e cercando di dedurre le mosse successive di Cazaril? Bloccando Bergon una volta che fosse stato a Chalion?

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