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Il March dy Sould, ormai ripresosi del tutto, insistette per accompagnare il Royse. Dy Cembuer, che, nel corso del combattimento, aveva riportato una frattura a un braccio e alcuni tagli, si offrì di rimanere coi servitori e col bagaglio, fornendo la propria assistenza a dy Zavar sinché non fossero stati tutti in condizione di viaggiare.

Con sollievo, Cazaril lasciò alle vittime dell’aggressione il compito di giudicare i briganti. La partenza notturna, decisa da Bergon, gli risparmiò anche di assistere alla loro impiccagione, che avrebbe avuto luogo all’alba. A titolo di risarcimento parziale, lasciò poi alla gente della fortezza le perle di Dondo che si erano sparse nel cortile, riponendo le altre nelle sacche da sella.

Il Royse e la sua scorta si rimisero in viaggio non appena la luna sorse sopra le colline, bagnando le valli innevate di una luce limpida. Non ci sarebbero più state altre soste fino a Valenda.

24

Il gruppo seguì la strada percorsa da Cazaril nel viaggio di andata, attraversando la parte occidentale di Chalion e cambiando i cavalli presso piccole sedi rurali dell’Ordine della Figlia. A ogni fermata, Cazaril sperava che ci fosse qualche messaggio per lui e chiedeva con ansia notizie da Valenda. Avrebbe voluto conoscere qualche dettaglio della situazione verso cui si stavano dirigendo, ma gli risultò impossibile. Era soprattutto l’assenza di lettere a inquietarlo. Secondo il loro piano, Iselle doveva rimanere ad attenderli presso la madre e la nonna, protetta dalle truppe baociane dello zio; ma Cazaril cominciava a temere che le cose fossero cambiate.

Una sera, a ora ormai tarda, il gruppo si concesse una sosta nel villaggio di Palma, a una ventina di miglia da Valenda. La regione circostante era famosa per la qualità dei suoi pascoli, e infatti quella sede dell’Ordine della Figlia allevava e addestrava cavalcature destinate al Tempio. Cazaril era certo che là avrebbero trovato cavalli freschi oltre che notizie recenti. Così almeno sperava.

Più che smontare di sella, Cazaril si accasciò lentamente su se stesso, come se il suo corpo fosse stato intagliato in un singolo blocco di legno. Ferda e Foix dovettero trasportarlo attraverso l’ampio insieme di edifici dell’Ordine, fino a una camera spoglia ma confortevole, dove un fuoco vivace ardeva nel focolare di pietra e un semplice tavolo di legno di pino era stato appena sgombrato da un mazzo di carte da gioco. Il locale Devoto-comandante chiese subito cosa poteva fare per loro e, cercando di capire chi, tra dy Tagille e dy Sould, avesse il comando del gruppo, ignorò completamente Bergon che infatti, per maggiore sicurezza, aveva viaggiato travestito da servitore. Non appena informato dell’identità del Royse, il comandante, sempre più confuso, si scusò e inviò il suo luogotenente a prendere cibo e bevande per quegli importanti ospiti.

Con la testa che ancora gli girava, Cazaril si sedette al tavolo, adagiandosi su una sedia coperta di cuscini e trasse un sospiro di sollievo, pensando a come quella sedia fosse meravigliosamente diversa da una sella, così salda e ferma sul pavimento… Nel corso di quel viaggio, aveva sviluppato, nei confronti dei cavalli, un’avversione quasi pari a quella che nutriva per le imbarcazioni. Si sentiva esausto, con la testa ovattata e i muscoli che dolevano. Dopo un po’, a fatica, trovò la forza per intervenire nella conversazione. «Che notizie ci sono da Valenda?» domandò, con voce roca. «Avete in consegna qualche messaggio da parte della Royesse Iselle?»

Ferda gli mise in mano un bicchiere di vino annacquato, e lui ne trangugiò metà in un solo sorso.

«Il Cancelliere dy Jironal è arrivato in città la scorsa settimana con un altro migliaio dei suoi uomini», replicò il Devoto-comandante, scuotendo il capo. «E ne ha altri mille accampati lungo il fiume, incaricati di pattugliare le campagne alla vostra ricerca… I suoi uomini si sono fermati qui già due volte. Dy Jironal stringe Valenda in una morsa di ferro.»

«Il Provincar della Baocia ha uomini in città?»

«Sì, ne ha, ma pochi: soltanto due compagnie. Nessuno era disposto a scatenare un conflitto durante i funerali del Royse Teidez, e dopo non è più stato possibile farlo.»

«Avete notizie del March dy Palliar?»

«Di solito era lui che ci portava le lettere da inoltrare, ma da cinque giorni non abbiamo più notizie dirette della Royesse. Corre voce che sia molto malata, e che non riceva nessuno.»

Bergon sgranò gli occhi con espressione allarmata e Cazaril assunse un’aria perplessa. «Malata? Iselle? Ecco… è possibile, ma è più probabile che dy Jironal la tenga sotto chiave e che abbia fatto circolare la storia della malattia per coprire la cosa», rifletté. Possibile che una delle mie lettere sia finita nelle mani sbagliate? si chiese. Aveva sempre paventato l’eventualità di dover «rapire» la Royesse da Valenda o di doverla liberare con la forza delle armi, ma non aveva mai pensato a cosa fare se Iselle si fosse ammalata in quel momento critico, magari al punto di non essere in condizione di cavalcare. Mentre formulava quelle riflessioni, nel suo cervello ottenebrato apparve la folle immagine di Bergon che riusciva ad arrivare fino a Iselle, passando per tetti e balconi, come un amante di qualche poema… Ma se una notte d’amore avrebbe potuto spezzare la maledizione e reincanalarla in qualche modo verso gli Dei che l’avevano generata, non sarebbe però riuscita a far miracolosamente scomparire un paio di migliaia di soldati estremamente reali e concreti. «Orico è ancora vivo?» domandò.

«Per quel che ne sappiamo, sì.»

Si sentiva troppo stanco per elaborare un piano adeguato. «Per stanotte non possiamo fare altro», decise Cazaril. «Domani, Ferda, Foix e io entreremo a Valenda, a piedi e travestiti, per valutare la situazione… Vi garantisco che non mi è difficile passare per un vagabondo. Se poi non riusciremo a trovare il modo di tirare fuori Iselle da quella trappola, ripiegheremo su Taryoon e studieremo un nuovo piano col Provincar della Baocia.»

«Ma voi siete in grado di camminare, mio signore?» domandò Foix, incerto.

Cazaril, in effètti, non era neppure certo di riuscire ad alzarsi, e si limitò a scoccare un’occhiata afflitta a Foix, che era stanco ma forte, roseo di carnagione e non grigiastro per lo sfinimento di una giornata trascorsa in sella. Beata gioventù… «Domattina ci riuscirò», garantì, accarezzandosi il volto. «Gli uomini di dy Jironal sono consapevoli di non essere protettori ma carcerieri? Che le loro azioni potrebbero costituire un atto di tradimento nei confronti della futura Erede?»

«Attualmente, entrambe le fazioni si stanno scambiando accuse del genere. Corre voce che la Royesse Iselle abbia mandato qualcuno a Fora per negoziare il matrimonio col nuovo Erede di quella nazione», rispose il Devoto-comandante, rivolgendo un cenno di scusa al Royse Bergon.

La segretezza della loro missione si era quindi dissolta. Cazaril si trovò, quasi suo malgrado, a immaginare i possibili schieramenti a Chalion: sarebbe stato un bene se Iselle e Orico si fossero uniti contro dy Jironal… ma se Iselle si fosse opposta a Orico e a dy Jironal, allora lei avrebbe corso un grave pericolo.

«Queste notizie hanno generato le reazioni più diverse», proseguì il comandante. «Le dame guardano a Bergon con approvazione e tingono la cosa di un alone romantico, perché si dice che lui sia molto coraggioso e avvenente. Le menti più posate invece temono che Iselle venda Chalion alla Volpe, perché è… giovane e inesperta.»

Cioè stupida e irresponsabile, tradusse mentalmente Cazaril, con un sorriso amaro. Le nienti più posate hanno davvero ancora molto da imparare… «No», borbottò. «Non abbiamo fatto nulla di tutto ciò.» D’un tratto, si rese conto che stava parlando alle proprie ginocchia, perché, chissà come, teneva la fronte appoggiata al tavolo.

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