«Sì…»
«Ciò che hai scorto intorno a Iselle è una scia di questo tipo, è il passaggio della Figlia, simile a un profumo rimasto nell’aria. Ciò che io vedo in te non è un passaggio, bensì una Presenza, una benedizione molto più intensa. Adesso il tuo alone di luce sì sta lentamente attenuando, perciò, entro un paio di giorni, gli animali sacri dovrebbero essere meno affascinati dalla tua vicinanza… Al suo centro, però, c’è un compatto nucleo azzurro di zaffiro, dentro il quale non riesco a vedere. Credo che sia una specie d’involucro…» Il roknari accostò le mani a coppa, come se stesse intrappolando in esse una lucertola.
«Stai dicendo che la Dea ha trasformato il mio ventre in una piccola sede distaccata dell’inferno?» ansimò Cazaril, deglutendo a fatica. «Un demone, un’anima persa, sigillati insieme come serpenti in una bottiglia? La definisci una benedizione?» E si serrò le mani sullo stomaco, come se volesse squarciarselo.
Sul volto di Umegat passò un’ombra di pietà. «Ebbene, cos’è mai una benedizione, se non una maledizione vista da una diversa prospettiva?» commentò. «Se può consolarti, immagino che Dondo dy Jironal sia anche meno felice di te di questi recenti sviluppi. Inoltre ritengo che anche il demone sia tutt’altro che soddisfatto della situazione.»
«Per i cinque Dei!» esclamò Cazaril, prossimo a contorcersi sulla sedia. «Come posso liberarmi di questo… orrore?»
«Ecco… Ti suggerisco di non avere troppa fretta di provarci», replicò Umegat, con un gesto di ammonimento. «Le conseguenze potrebbero essere complesse.»
«Esiste qualcosa di più complesso di questa mostruosità?»
Umegat si appoggiò allo schienale della sedia e congiunse le mani. «Be’, il modo più ovvio per infrangere la benedizione sarebbe la tua morte. Una volta liberata la tua anima dal suo locus materiale, il demone sarebbe libero di portare via entrambi i suoi fardelli.»
Cazaril rammentò il momento in cui un improvviso crampo al ventre lo aveva quasi fatto precipitare, quando aveva spiccato il salto dal tetto della torre a quello del castello. Per sfuggire al terrore, cercò rifugio in un atteggiamento distaccato analogo a quello di Umegat. «Davvero meraviglioso», commentò. «Hai altre cure da suggerirmi, medico?»
Umegat contrasse le labbra in un accenno di sorriso, liquidando la battuta con un fugace cenno della mano. «In maniera simile, se il miracolo che ospiti dovesse cessare, cioè se la Signora dovesse ritrarre la sua mano, credo che il demone tenterebbe all’istante di completare il proprio destino.» Allargò le mani come per liberare un uccello. «Non che abbia possibilità di scelta, naturalmente, dato che i demoni del Bastardo non sono dotati di libera volontà. Non si può discutere con loro per cercare di persuaderli. Anzi è inutile persino parlare con uno di essi.»
«Stai affermando che potrei morire in qualsiasi momento», mormorò Cazaril.
«Sì. D’altro canto, questa consapevolezza non è forse stata sempre presente nella tua vita, anche nel passato?» ribatté Umegat, inclinando la testa di lato con fare interrogativo.
Cazaril si limitò a sbuffare. Era un ben misero conforto, però lo era, sia pure in maniera distorta. Umegat era un santo «razionale», una cosa del tutto inattesa… D’altronde, aveva mai incontrato un santo, prima di allora? E come faceva a sapere se ne aveva mai incontrati altri, dato che aveva frequentato Umegat senza neppure accorgersi della sua vera natura?
«A dire il vero, questo stato di cose potrebbe rispondere a una domanda che mi sto ponendo da tempo», continuò Umegat, col tono incuriosito proprio dello studioso. «Il Bastardo ha a sua disposizione una schiera di demoni della morte, oppure soltanto uno? Adesso che il demone è imprigionato dentro di te, se cessassero tutti i miracoli di morte nel mondo, allora ci sarebbe una prova inconfutabile della singolarità di quel potere sacro.»
«Sono al servizio della teologia quintariana!» esclamò Cazaril, con una risata sarcastica. «Per gli Dei… Umegat, cosa devo fare? Nella mia famiglia non c’è mai stato nulla di tutto ciò, non c’è mai stata questa follia indotta dal tocco divino. Non sono adatto a questo tipo d’incarico. Io non sono un santo!»
Umegat aprì la bocca per ribattere, ma esitò un momento, prima di replicare. «Col tempo, ci si fa l’abitudine. Neppure a me è piaciuto, la prima volta in cui sono stato strumento di un miracolo, sebbene si possa dire che io sia del mestiere. Per stanotte, il mio consiglio è ubriacarti per bene e andare a dormire.»
«In modo da ritrovarmi domattina afflitto dalla presenza di un demone dentro di me e dai postumi di una sbornia?» ribatté Cazaril. Ma, dentro di sé, ammise che probabilmente quello era l’unico modo per riuscire a dormire, a parte forse un colpo sulla testa.
«Per me ha funzionato, una volta. Inoltre vale la pena di sopportare i postumi di una sbornia se si ha in cambio la certezza di essere così intontiti da non poter fare stupidaggini, almeno per qualche tempo. Gli Dei non concedono miracoli per i nostri scopi, ma per i loro. Se sei diventato un loro strumento, ciò significa che esiste un motivo più grande e urgente della tua stessa vita. Ricorda però che tu sei lo strumento, non l’opera, e aspettati di essere valutato di conseguenza.»
Mentre Cazaril si sforzava di seguire quel ragionamento, Umegat si protese in avanti e gli riempì nuovamente la coppa di vino. E lui non ebbe più la forza di protestare.
Circa un’ora più tardi, furono necessari due dei sottoposti di Umegat per guidare i suoi passi incerti e barcollanti sull’acciottolato del cortile, oltre le porte e su per le scale, fino alla camera, dove i due lasciarono cadere sul letto il suo corpo quasi inerte. Cazaril non riuscì a stabilire il momento in cui la sua angosciata consapevolezza lo abbandonò, ma sapeva di non essere mai stato tanto contento di scivolare nell’oblio.
14
Il vino di Umegat ebbe almeno un merito: l’indomani, Cazaril trascorse le prime ore della giornata a desiderare la morte, piuttosto che a temerla. Poi, quando la paura ricominciò ad avere il sopravvento, comprese che la sbornia stava passando.
Stranamente, scoprì di nutrire ben pochi rimpianti all’idea che la sua vita stesse per finire. Dopotutto, aveva girato il mondo più della maggior parte degli uomini, e aveva avuto le sue occasioni, anche se gli Dei gli erano testimoni del fatto che non aveva saputo sfruttarle. Sotto le coltri, mettendo ordine nei suoi pensieri, si rese conto con una certa meraviglia che la sua maggiore preoccupazione andava al lavoro che avrebbe lasciato a metà. E i timori su cui non si era potuto soffermare quando si era messo a pedinare Dondo, presero corpo nella sua mente. Se lui fosse morto, chi avrebbe protetto le dame? Quanto tempo aveva per trovare un sostituto onesto e pronto a difenderle? Sposando un rispettabile nobile di campagna, come il March dy Palliar, Betriz sarebbe stata tutelata… ma Iselle? Sua nonna e sua madre erano troppo deboli e distanti, Teidez era troppo giovane e Orico, a quanto pareva, era completamente in balia del suo Cancelliere, quindi lei non sarebbe stata al sicuro se non abbandonando la corte. D’un tratto, un altro crampo gli rammentò il letale inferno racchiuso nel suo ventre, inducendolo a sbirciare con preoccupazione lo stomaco contratto, sotto le coperte. Quanto sarebbe stato doloroso quel genere di morte? Stamattina, usando il pitale, non ho perso troppo sangue… Sbattendo le palpebre, lasciò vagare lo sguardo per la camera, rischiarata dalla luce del primo pomeriggio: le pallide chiazze sfocate, che si muovevano al limite del suo campo visivo e che aveva attribuito al troppo vino, erano ancora presenti. Possibile che si trattasse di un altro sintomo del suo nuovo stato?
Un colpo deciso battuto contro la porta lo indusse a strisciare fuori del suo caldo rifugio per andare ad aprire. Scese dal letto e si avviò a fatica, notando tuttavia che camminava meno curvo rispetto al giorno precedente. Umegat, che reggeva una caraffa chiusa, gli augurò un buon pomeriggio ed entrò con decisione nella stanza, richiudendosi la porta alle spalle. Il roknari emanava ancora un tenue chiarore, e Cazaril, con un sospiro, si rassegnò all’idea che gli eventi del giorno precedente non erano davvero stati soltanto un sogno tanto bizzarro quanto sgradevole.