Il consigliere Victor Lin chiese con trepidazione: — Non possiamo vedere il bambino? È ovvio che l’ambiente debba essere sufficientemente sterile. — Svariate persone si misero a ridere.
— Sì, per favore — disse la consigliera Lucy Ames e arrossi. Aveva solo ventun anni, era nata sulla stazione orbitale ed era ancora un po’ schiacciata dal fatto che il suo nome fosse stato estratto nella lotteria cittadina come membro a termine del Consiglio. Jennifer le sorrise.
— Certo, ovviamente. Tutti possiamo vedere il bambino. Vi debbo ripetere, però, ciò che vi è già stato detto prima: questo turno di alterazione genetica è andato ben al di là di qualsiasi cosa chiunque di noi possa pregiarsi di avere. Se vogliamo mantenere il nostro vantaggio sui Dormienti della Terra dobbiamo esplorare ogni via di superiorità che ci si apra davanti. Esistono, a volte, alcuni prezzi da pagare, inevitabili e di minore importanza, mentre ci muoviamo in avanti.
Quel discorso fece tornare tutti seri. Gli otto consiglieri a termine, quelli che non appartenevano alla famiglia Sharifi che controllava finanziariamente il cinquantuno per cento del Rifugio, e di conseguenza il cinquantuno per cento di voti nel Consiglio, si guardarono a vicenda. I sei consiglieri permanenti, Jennifer, Ricky, Hermione, Najla, il marito di Najla, Lars Johnson e il marito di Jennifer, Will Sandaleros, continuarono a sorridere con grande determinazione. Eccetto Hermione.
— Porta dentro il bambino — le disse Jennifer. Hermione uscì. Ricky allungò una mano in modo incerto verso la moglie mentre quella passava, ma non la toccò. Ritirò la mano e prese a fissare fuori dalla finestra della cupola. Nessuno parlò finché Hermione non fu ritornata con un fagottino.
— Questa — disse Jennifer — è Miranda Serena Sharifi. Il nostro futuro.
Hermione appoggiò la neonata sul tavolo delle conferenze e aprì la copertina gialla. Miranda aveva dieci settimane. Aveva la pelle pallida, del tutto priva di rosa, e i capelli erano uno spesso groviglio nero. Guardò attorno al tavolo delle conferenze con occhi brillanti, scurissimi. Quegli occhi sporgevano dalle orbite e dardeggiavano continuamente, incapaci di rimanere fermi. Il corpo forte ma piccino si contraeva incessantemente. I piccoli pugni si aprivano e chiudevano tanto velocemente che risultava difficile contarne le dita. La bambina irradiava una vitalità maniacale, una tensione nervosa talmente intensa che sembrava quasi che il suo sguardo potesse perforare a zig-zag la parete della cupola.
La giovane consigliere Ames si portò un pugno alla bocca.
— A prima vista — disse Jennifer con la sua tipica voce composta — si potrebbe pensare che i sintomi della nostra Miranda assomiglino a quelli di certe malattie del sistema nervoso di cui sono vittime i mendicanti non alterati, oppure ai sintomi da assunzione di para-anfetamine. Tuttavia, ci troviamo di fronte a qualcosa di molto diverso. Il cervello di Miri agisce a una velocità tre, quattro volte superiore rispetto ai nostri, con capacità mnemoniche magnificamente potenziate e una concentrazione altrettanto amplificata. Non esistono danni al controllo neurale, anche se esiste qualche difetto di secondaria importanza nel controllo motorio, come effetto collaterale. Le modificazioni genetiche di Miri includono un alto grado di intelligenza ma ciò che farà il suo sistema nervoso alterato sarà darle modi di usare quell’intelligenza che noi non siamo in grado di prevedere. Questa modificazione genetica è il modo migliore per superare il famoso fenomeno della regressione intellettuale verso il basso, per cui genitori superiori hanno figli di intelligenza soltanto normale, che forniscono una piattaforma più bassa da cui poter lanciare nuove modificazioni genetiche.
Poche persone attorno al tavolo annuirono a quella lezione: poche altre, memori delle minori realizzazioni di Najla e Ricky in confronto a quelle della stessa Jennifer, guardarono il tavolo. La consigliera Ames continuò a fissare la bambina che si contraeva, con gli occhi sbarrati e la mano ancora sulla bocca.
— Miranda è la prima — proseguì Jennifer. — Ma non l’ultima. Noi al Rifugio costituiamo le menti migliori degli Stati Uniti. È nostro obbligo mantenere un tale vantaggio. Per il bene di noi tutti.
Il consigliere Lin disse pacatamente: — I nostri soliti bambini Insonni modificati geneticamente lo stanno già facendo.
— Sì — replicò Jennifer, con un sorriso smagliante. — Ma, in qualsiasi momento, i mendicanti della Terra potrebbero decidere di invertire la loro miope condotta politica e di ricominciare a farlo anche loro. Abbiamo bisogno di qualcosa di più. Abbiamo bisogno di tutto ciò che possiamo creare per noi stessi con la tecnologia genetica che noi osiamo utilizzare fino in fondo, mentre loro no.
Will Sandaleros le appoggiò delicatamente una mano sul braccio.
Per un istante, un sentimento di furia sfolgorò negli occhi di Jennifer. Quindi sparì, e lei sorrise a Will, che la guardò teneramente. Jennifer scoppiò a ridere. — Stavo nuovamente facendo un’arringa? Mi dispiace. So che tutti comprendete la filosofia del Rifugio esattamente come me.
Poche persone sorrisero; alcune si mossero impercettibilmente, a disagio, attorno alla tavola lucida. La consigliera Ames continuò a fissare, a occhi sbarrati, la bambina in preda alle convulsioni. Hermione colse lo sguardo inorridito della donna: riavvolse immediatamente Miranda nella coperta. La sottile stoffa gialla fremette e si contrasse. Lungo l’orlo erano state ricamate farfalle bianche e stelle blu.
Drew Arlen stava davanti a Leisha Camden con le gambe divaricate, in atteggiamento deciso. Leisha pensò di non avere mai visto un contrasto come quello fra il ragazzino che aveva di fronte e il giornalista che era appena uscito e di cui aveva già dimenticato il nome.
Drew era il bambino di dieci anni più sudicio che lei avesse conosciuto. Il fango gli imbrattava i capelli marrone e macchiava i resti della sua camicia di plastica, dei pantaloni e delle scarpe malconce fornite dall’assistenza sociale. A un profondo graffio che aveva sul braccio sinistro nudo era attaccata talmente tanta terra che Leisha ritenne che dovesse essere sicuramente infetto: la pelle appariva rossa e irritata attorno alle ossa dei gomiti che assomigliavano a scalpelli. Gli era stato staccato un dente dal volto che risultava eccezionale soltanto a causa degli occhi verdi, proprio come quelli di Leisha, e di una specie di ostinata bramosia, come se Drew fosse preparato a combattere per qualcosa con ogni fibra del suo essere sporco, ossuto, chiaramente non da Mulo.
— Io sono Drew Arlen, io — disse. Sarebbe potuta essere una fanfara.
— Leisha Camden — si presentò con espressione grave Leisha. — Hai insistito per vedermi.
— Voglio stare nel tuo Fontanile.
— Fondazione. Dove hai sentito parlare della mia Fondazione?
Drew agitò una mano come per congedare l’argomento privo di interesse. — Da qualcuno. Dopo che me lo ha detto, ho fatto un bel po’ di strada per venire qui, io. Dalla Louisiana.
— A piedi? Per tuo conto?
— Ho preso passaggi quando ho potuto — disse il bambino, di nuovo come se non fosse una cosa di cui valesse la pena parlare. Ci ho messo un sacco di tempo. Ma adesso sono qui, io, e sono pronto per farti cominciare.
Leisha disse al robot-cameriera: — Porta dei sandwich dal frigorifero. E del latte. — Il robot scivolò via senza emettere rumore. Drew lo fissò con una totale concentrazione finché quello non ebbe lasciato la stanza. Si rivolse poi a Leisha. — È del tipo che ci puoi lottare contro? Per allenare i muscoli. Io l’ho visto ai notiziari, io.
— No. È soltanto un robot base porta e registra. Allora, per che cosa sei pronto, Drew?
Lui disse in tono impaziente: — Per cominciare. Nel tuo Fontanile. Mi devi far diventare qualcuno.
— E questo che cosa significa esattamente per te?