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Joey non si mosse.

— Vai pure, Joey — disse Hawke con voce divertita, e Joey andò.

Jordan affrontò il capo. — Lo uccideranno, se rimarrà qui.

— Non puoi saperlo.

— Sì. Lo so e lo sai anche tu. Hai fomentato un tale odio contro gli Insonni… — Si bloccò. Allora era questo che significava la Noi-Dormiamo. Non soltanto odio per Kevin Baker, Leisha Camden e Jennifer Sharifi, persone intelligenti e potenti in grado di prendersi cura di se stesse, concorrenti economici con le migliori armi economiche dalla loro parte. Era anche odio per Joey Senza-Nome che non avrebbe riconosciuto un’arma economica nemmeno se ci avesse sbattuto contro il naso. Cosa che, probabilmente, avrebbe fatto.

— Non pensare in questo modo, Jordan — disse Hawke serenamente. — Joey è un’anomalia. Un buco nelle statistiche degli Insonni. È insignificante nella vera guerra per la giustizia.

— Non insignificante a sufficienza perché tu lo ignori. Se lo ritenessi davvero insignificante lo manderesti via, al sicuro. Qui lo uccideranno e tu glielo lascerai fare, perché è un modo in più per provare il brivido del trionfo sugli Insonni, vero?

Hawke si sedette sulla scrivania di Jordan con quell’ampio e agile movimento che Jordan gli aveva visto fare un centinaio di volte in precedenza. Un centinaio, un migliaio se si contavano tutte le volte che Hawke lo aveva ossessionato in sogno. L’uomo si stava accomodando con agili movimenti per dare una gradevole picconata ai ragionamenti di Jordan, per operare una gradevole demolizione dei suoi semplici credo, per godere di un facile trionfo su una mente che non si avvicinava nemmeno lontanamente alla propria.

Quella volta no.

Hawke disse con disinvoltura: — Stai sottovalutando un punto cruciale, Jordy. La base di qualsiasi dignità individuale deve essere la scelta individuale. Joey sceglie di rimanere qui. Ogni sostenitore della dignità umana, da Kenzo Yagai tornando indietro fino ad Abramo Lincoln per arrivare a Euripide, ha insistito sul fatto che la scelta individuale deve soppiantare la pressione sociale. Caspita, lo stesso Lincoln ha detto, so che la tua meravigliosa zia Leisha ti fornirebbe la citazione completa, riguardo all’argomento del pericolo di schiavi emancipati…

Jordan lo interruppe: — Mi licenzio.

Hawke ribatté. — Forza, Jordy, non ci siamo già passati? Con quali risultati?

Jordan uscì. Hawke avrebbe lasciato che anche lui, Jordan, venisse ucciso, in modo differente. In effetti, era proprio ciò che aveva fatto fin dal principio, e Jordan non se ne era mai reso conto. O era anche questo, il pungolare Jordan attraverso il povero Joey, era anche questo deliberato da parte di Hawke? Hawke voleva che lui se ne andasse?

Non c’era modo per esserne certi.

Il rumore dello stabilimento lo sommerse. Sul megaschermo a nord veniva mostrata un’inquadratura aerea del Rifugio, con il deserto che circondava le cupole ad alta tecnologia di Salamanca. "Reggimenti militari si divertono da lungo tempo a progettare verosimili assalti ipotetici a questa apparentemente inespugnabile…" Rat-a-tat-tat. "Halooo-ooogin’ con la mia baaaby…" Jordan uscì dalla porta laterale, Joey lo superava di ottanta chili: non aveva alcuna possibilità di riuscire a portarlo via dalla fabbrica a forza. L’omone non poteva essere persuaso, se non da Hawke. Jordan non poteva lasciarlo lì. Come fare?

Nella guardiola, l’immenso corpo di Joey stava accasciato contro l’unica parete che non era di plastivetro. Mayleen aveva interrotto la comunicazione con l’ufficio di Hawke: doveva avere udito l’intera discussione fra Jordan e il capo. Evitò lo sguardo di Jordan, fissandolo sull’inebetito Joey.

— Gli ho dato un po’ del tè di mia nonna.

— Tè…

— Noi ratti di fiume sappiamo un sacco di cose che voi ragazzetti californiani non vi potete manco immaginare — spiegò stancamente Mayleen. — Portalo fuori da qui, Jordan. Ho chiamato Campbell. Ti aiuta lui a caricare Joey in macchina, se il signor Hawke non gli dice prima di non farlo. Sbrigati.

— Perché, Mayleen? Perché aiutare un Insonne?

Mayleen scrollò le spalle. La sua voce tornò quindi carica di passione. — Merda, guardalo! Nemmeno il pannolino sporco di mia figlia puzza tanto. Pensi che devo combattere contro quello per arrivare da qualche parte nel mondo? Non mi sta fra i piedi, anche se non c’ha bisogno di dormire, mangiare o perfino respirare. — Il suo tono cambiò ancora una volta. — Povero mendicante.

Jordan portò l’automobile al cancello principale. Lui, Mayleen e l’ignaro Campbell vi issarono Joey. Appena prima di partire, Jordan sporse la testa dal finestrino. — Mayleen?

— Che c’è? — era di nuovo pungente. I capelli privi di colore le pendevano sul volto, spettinati per lo sforzo di trascinare Joey.

— Vieni con me. Ormai non credi più che tutto questo sia giusto.

L’espressione di Mayleen si indurì. Fuoco nel ghiaccio. — No.

— Ma capisci che…

— È tutto quello che ho come speranza, Jordan. Questo. Qui.

Ritornò nella guardiola e si chinò sui dispositivi di sicurezza. Jordan si allontanò mentre il suo prigioniero, l’Insonne salvato, occupava l’intero sedile posteriore. Jordan non guardò indietro alla fabbrica Noi-Dormiamo. Quella volta no. Quella volta non sarebbe tornato.

14

Durante la terza settimana del processo, mentre Richard Keller testimoniava contro sua moglie, l’attività nella zona riservata alla stampa divenne frenetica. Le dita degli oloartisti volavano; i giornalisti politici sussurravano annotazioni subvocali, i pomi d’Adamo degli uomini lavoravano senza emettere suono. Su qualcuno dei volti, Leisha scorse i piccoli e crudeli sorrisi di piccole e crudeli persone davanti al dolore.

Richard indossava un abito scuro sopra un corpetto elasticizzato nero. Leisha ricordava i colori chiari che aveva usato per programmare poster e finestre in ogni luogo in cui aveva vissuto. Colori marini, solitamente: verde, blu, i tenui grigi e crema della spuma. Richard stava accasciato in avanti sul banco dei testimoni, con i palmi delle mani appoggiati sulle ginocchia, mentre la luce piatta dell’aula gli picchiava sulla pelle tirata e sui lineamenti marcati. Lei si accorse che Richard aveva le unghie mangiucchiate, non pulitissime. Richard, la cui passione era il mare.

Hossack disse: — Quando si è reso conto per la prima volta che sua moglie aveva rubato i brevetti del dottor Walcott e li aveva registrati a nome del Rifugio?

Sandaleros balzò istantaneamente in piedi. — Obiezione! Non è stato stabilito da nessuna parte, nessuna parte!, che siano stati rubati dei brevetti o da chi!

— Accolta — disse il giudice. Fissò con espressione dura Hossack. — Lei sa fare di meglio, signor Hossack.

— Quando, signor Keller, sua moglie le ha detto per la prima volta che il Rifugio aveva registrato dei brevetti su una ricerca che avrebbe permesso ai Dormienti di divenire Insonni?

Richard parlò con voce monocorde. — La mattina del 28 agosto.

— Sei settimane dopo la reale data di registrazione.

— Sì.

— E qual è stata la sua reazione?

— Le ho chiesto — rispose Richard con le mani ancora appoggiate sulle ginocchia — chi fosse stato, al Rifugio, ad aver sviluppato quei brevetti.

— E cosa rispose lei?

— Mi disse che li aveva presi dall’esterno e che li aveva inseriti nel sistema dell’archivio dell’Ufficio brevetti degli Stati Uniti.

— Obiezione! Prova per sentito dire!

— Respinta — disse Deepford.

— Le ha detto, in altre parole — continuò Hossack — che era responsabile sia per il furto sia per l’intromissione nelle banche dati degli Stati Uniti.

— Sì. Mi ha detto così.

— L’ha interrogata su come fosse stalo realizzato questo presunto furto?

— Sì.

— Dica alla corte che cosa le ha risposto.

Era ciò che la stampa stava aspettando: era quello il motivo per cui gli spettatori erano venuti, accalcandosi l’uno sull’altro. Per vedere il potere del Rifugio messo a nudo dall’interno, sventrato da un Insonne che, per farlo, stava sventrando se stesso. Leisha riusciva a provare il sapore di quella tensione: aveva una traccia ramata, salina, come il sangue.

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