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Il giorno dopo, Tabitha Selenski morì per un’iniezione letale. Circolava la voce insistente che Tabitha si fosse iniettata personalmente la dose, ma Miri non ci credeva. Se Tabitha fosse stata in grado di farlo, il Consiglio non avrebbe votato come aveva fatto. Tabitha era stata quasi un vegetale. Quella era la verità. Lo aveva detto la nonna di Miri.

LIBRO IV: MENDICANTI

2091

Nessun uomo ha il diritto di governarne un altro senza il consenso di quest’ultimo.

ABRAMO LINCOLN, Peoria 16 ottobre 1854

22

Il 152° Congresso degli Stati Uniti si trovò ad affrontare un deficit commerciale annuale che era aumentato negli ultimi dieci anni del seicento per cento, un debito federale più che triplicato e un debito fiscale del ventisei per cento. Per quasi un secolo, i brevetti dell’energia-Y erano stati concessi in esclusiva a ditte americane dagli eredi di Kenzo Yagai, come specificato nell’eccentrico testamento di Yagai stesso. Cosa che aveva alimentato la più lunga ascesa economica della storia. Grazie alla tecnologia-Y, gli Stati Uniti si erano tirati fuori da una pericolosa recessione internazionale di fine secolo e da una ancora più pericolosa depressione interna. Gli americani avevano inventato e costruito ogni applicazione conosciuta dell’energia-Y, e tutti volevano l’energia-Y. Stazioni orbitali progettate e alimentate da americani giravano attorno alla Terra; aerei di costruzione americana spaziavano per i cieli; armi create da americani venivano commerciate sul mercato illegale degli armamenti di ogni nazione importante del mondo. Le colonie sulla Luna e su Marte sopravvivevano grazie a generatori-Y. Sulla Terra, un migliaio di applicazioni tecniche ripulivano l’aria, riciclavano i rifiuti, riscaldavano le città, alimentavano le industrie automatizzate, facevano crescere le messi migliorate geneticamente, davano energia all’assistenza sociale istituzionalizzata e facevano fluire le costose informazioni alle multinazionali, che divenivano ogni anno più ricche, più miopi e più avanzate, come i tronfi aristocratici di un’era precedente cui saltavano i bottoni dei panciotti mentre scommettevano intere fortune giocando a faro e a EO.

Nel 2080 i brevetti erano scaduti.

La Commissione per il commercio internazionale aveva aperto l’accesso internazionale ai brevetti dell’energia-Y. Le nazioni che avevano vivacchiato con le briciole della prosperità americana, costruendo gli alloggiamenti per i macchinari, subappaltando le concessioni che davano minori profitti, sopravvivendo come intermediari e broker, erano pronte. Erano state pronte da anni, stabilimenti a posto, tecnici addestrati nelle grandi università di Muli americane, progetti preparati. Dieci anni dopo, gli Stati Uniti avevano perduto il sessanta per cento del mercato globale dell’energia-Y. Il deficit saliva come uno sherpa.

I Vivi non si preoccupavano. Era ciò per cui eleggevano gli uomini e le donne del Congresso: per preoccuparsi. Per accapigliarsi nel loro modo di lavorare da Muli e per trovare soluzioni, per prendersi cura del problema, qualora ci fosse stato un problema. La cittadinanza, i pochi che ascoltavano, non trovava che ci fossero problemi. Le corse pubbliche di scooter, le elargizioni dell’assistenza sociale, gli intrattenimenti olovisivi, i comizi di massa sovvenzionati politicamente, con grande abbondanza di cibo e birra, gli edifici distrettuali e i buoni energetici continuavano a crescere. E nei distretti in cui non crescevano, ovviamente, i politici non venivano semplicemente più votati. I voti, dopo tutto, dovevano essere guadagnati. Gli americani lo avevano sempre creduto.

Il deficit interno diventò critico.

Il Congresso aumentò le tasse sulle imprese. Lo fece ancora nel 2087 e poi nuovamente nel 2090. Le ditte di Muli che mandavano figlie, padri e cugini al Congresso presero a protestare. Nel 2091 l’argomento non poté più essere ignorato. Il dibattito alla Casa Bianca, che durò sei giorni e sei notti e rinnovò l’arte dell’ostruzionismo, venne trasmesso negli olonotiziari. Lo guardarono in pochi, oltre ai Muli. Uno dei pochi che lo fece fu Leisha Camden. Un altro, Will Sandaleros.

Al termine del sesto giorno, il Congresso promulgò un importante pacchetto di tasse. Le tasse alle imprese vennero ricalcolate in base alle fasce progressive più alte mai viste al mondo. Le entità multinazionali che ricadevano nella fascia più elevata vennero tassate al novantadue per cento del loro profitto lordo, con strette limitazioni per quanto riguardava la richiesta di spesa, come contributo per governare l’America. Nella fascia successiva le multinazionali erano tassate al settantotto per cento. Dopo di quella le fasce scendevano rapidamente.

Fra le aziende tassate al settantotto per cento, il cinquataquattro per cento si basava sulla stazione orbitale del Rifugio. Soltanto una multinazionale ricadeva nel criterio della tassazione al novantadue per cento: il Rifugio stesso.

Il Congresso promulgò il pacchetto fiscale in ottobre. Leisha, guardando l’olonotiziario in Nuovo Messico, lanciò involontariamente un’occhiata fuori dalla finestra, al cielo. Era azzurro e vuoto, senza una singola nuvola.

Will Sandaleros fece un rapporto completo a Jennifer Sharifi che era stata lontana dal Rifugio, sulla stazione orbitale Kagura, per concludere lì una transazione commerciale di vitale importanza. Jennifer lo stette ad ascoltare con calma, con le pieghe della bianca abbaya che le ricadevano con grazia attorno ai piedi. I suoi occhi scuri scintillarono.

— Allora, Jenny — disse Will. — Inizieremo il primo gennaio.

Jennifer annuì. I suoi occhi si portarono sull’oloritratto di Tony Indivino, appeso sulla parete della Cupola. Dopo un momento ritornarono su Will, ma lui era chino sulla copia cartacea con le proiezioni dei calcoli fiscali del Rifugio e non lo notò.

Miri non riusciva a togliersi dalla mente la morte di Tabitha Selenski. Indipendentemente da ciò a cui stesse pensando, la sua ricerca neurochimica, gli scherzi con Tony, il lavarsi i capelli, qualsiasi cosa, Tabitha Selenski, che Miri non aveva mai conosciuto, si aggrovigliava, annodava, legava alle stringhe di Miri e rimaneva soffocata lì.

Soffocata. Lei aveva analizzato l’iniezione che aveva provocato la morte di Tabitha: avrebbe bloccato il cuore all’istante. Senza il cuore a pompare, i polmoni non potevano inspirare aria. Tabitha doveva essere rimasta soffocata per l’aria già respirata, solo che, ovviamente, lei non se n’era resa conto perché l’iniezione aveva anche paralizzato immediatamente ciò che era rimasto del suo cervello.

Miri era seduta da sola nel campo giochi a forma di bolla, sospeso nel nucleo del Rifugio, e pensava a Tabitha Selenski; era troppo grande per il campo giochi, tuttavia le piaceva recarsi lì quando era vuoto, veleggiando lentamente da un appiglio all’altro, la sua goffaggine cancellata dall’assenza sia di gravità sia di spettatori. Quel giorno le sue stringhe parevano solitarie come il campo giochi.

No, non solitarie. Cinque altre persone, incluso suo padre, avevano votato con lei perché a Tabitha fosse concesso di continuare a vivere al Rifugio, anche se da mendicante. C’era però una differenza nei loro voti, nei loro motivi, nelle loro argomentazioni di compassione. Miri avvertiva la differenza ma non riusciva a darle un nome, né in parole né in stringhe, e quello risultava tremendamente frustrante. Era il solito vecchio problema: ai suoi pensieri mancava qualcosa, qualche sconosciuto tipo di associazione o di collegamento. Perché non riusciva a estendere una stringa esplorativa sulla differenza fra il suo voto e quello degli altri, scoprendo quindi quale fosse quella differenza? Per spiegarla, esaminarla, integrarla nel sistema etico che l’incidente di Tabitha Selenski aveva carbonizzato, esattamente come esso aveva carbonizzato la sua mente. Mancava qualcosa, lì, qualcosa di importante per Miri. Un buco dove ci sarebbe dovuta essere una spiegazione.

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