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— Ehm, no… aspetti…

— Perché non l’ha? — schioccò seccamente Lee — Dove? Cosa c’è scritto?

— Avrei bisogno di controllare.

Leisha fu presa dall’impazienza, la stessa impazienza che provava sempre davanti all’incompetenza. Cercò di reprimerla: la situazione era troppo importante per metterla a rischio con inconcludenti manifestazioni di rancore. O dimostrazioni addizionali di esso. Lee, Seeley e Walcott, che nelle inette mani belligeranti tenevano otto ore di tempo in più al giorno per centinaia di migliaia di persone, cominciarono tutti a ricercare nei notebook elettronici il contratto di assunzione.

— Trovato? — chiese Leisha seccamente. — D’accordo, secondo paragrafo, terza riga… — Li guidò attraverso il linguaggio dalle frasi scarne, i precedenti legali riguardanti brevetti scientifici condivisi, l’ordinanza "Boeing contro Fain", una vera pietra miliare sui diritti d’autore. Seeley faceva scorrere lo sguardo duro sullo schermo e tamburellava le dita sul tavolo. Lee si infuriava. Walcott restava seduto con un sorrisetto compiaciuto. Soltanto Herlinger, l’assistente venticinquenne, la stava ad ascoltare e la comprendeva. Il giovanotto aveva sorpreso Leisha: corpulento e già tendente alla calvizie a venticinque anni, Herlinger poteva sembrare un malvivente, se si eccettuava quel tanto di amara dignità e la stoica disillusione che non parevano andare d’accordo né con la sua giovane età né con l’eccentrico e permaloso presunto genio di Walcott. Formavano un team improbabile.

— …e quindi vorrei suggerire un accordo stragiudiziale riguardo i brevetti.

Lee cominciò a infuriarsi nuovamente. Seeley disse in tutta fretta: — Che genere di accordo? Una percentuale o una somma in anticipo?

Leisha mantenne il proprio volto impassibile. Lo aveva in pugno. — Dovremo stabilirlo insieme, signor Seeley.

Lee quasi gridò: — Se pensa di riuscire a strapparmi via quello che appartiene a questa ditta…

Seeley gli si rivolse freddamente: — Penso che gli azionisti potrebbero non essere d’accordo su chi sia il proprietario della ditta.

Gli "azionisti" includevano il Rifugio, anche se Lee poteva anche non sapere che Leisha ne fosse al corrente. Leisha e Seeley aspettarono che Lee arrivasse a comprenderlo. Mentre cominciava a capire, la sua boccuccia a bottoncino si increspò, e lui fissò Leisha con un ghigno carico di timore. Lei pensò che era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva detestato altrettanto qualcuno.

— Forse — disse Lee — potremmo parlare di un accordo. Alle mie condizioni.

Leisha replicò: — D’accordo. Parliamo di condizioni.

Lo aveva in pugno.

Successivamente, Walcott accompagnò lei e la sua guardia del corpo all’automobile. — Si accorderanno?

— Sì — rispose Leisha. — Penso di sì. Ha un interessante gruppo di colleghi, dottore.

Lui la scrutò con circospezione.

— Il suo direttore dimentica di amministrare una compagnia a partecipazione pubblica, l’avvocato della sua ditta non riesce a mettere insieme un contratto d’assunzione decente per un impiegato di sesto livello e il suo assistente nella ricerca genetica sull’insonnia se ne va via in sella a uno scooter Noi-Dormiamo.

Walcott agitò una mano in modo superficiale. — È giovane. Non si può permettere un’automobile. E, ovviamente, se questa ricerca andrà a buon fine, non esisterà più alcun movimento Noi-Dormiamo. Nessuno avrà più la necessità di dormire.

— Eccetto quelli che non si potranno permettere l’operazione. Oppure un’automobile.

Walcott la guardò divertito. — Non dovrebbe difendere il concetto opposto, signorina Camden? A favore dell’élite economica? Dopo tutto, pochissime persone si possono permettere di alterare geneticamente in vitro gli embrioni per ottenere l’insonnia.

— Non stavo discutendo, dottor Walcott. Stavo soltanto correggendo la sua affermazione errata. — In modo più sottile, lui era detestabile quanto Lee.

Walcott agitò una mano. — Oh, immagino che lei non possa farci niente. Una volta avvocato…

La donna sbatté la portiera dell’auto con una violenza tale da far sobbalzare la guardia del corpo.

Arrivò tardi in tribunale. Il giudice si stava guardando attorno, irritato. — Signorina Camden?

— Mi dispiace, Vostro Onore, Sono stata trattenuta in modo inevitabile.

— Cerchi di evitarlo, avvocato.

— Sì, Vostro Onore. — L’aula del tribunale era quasi vuota, nonostante l’importanza del caso rispetto alla legge costituzionale. Gli schemi della migrazione dei pesci non concentravano su di sé i titoli degli ologiornali: oltre ai contendenti e ai loro avvocati, Leisha scorse un giornalista, agenti statali e federali del reparto ambientale, tre giovani che lei immaginò che fossero studenti di legge o di ecologia, un ex giudice e tre testimoni.

Oltre Richard Keller, che non avrebbe dovuto testimoniare in qualità di esperto prima del giorno successivo.

Stava seduto in fondo all’aula, ritto come se fosse molto preoccupato, un uomo tarchiato, circondato da quattro guardie del corpo. Doveva essere ciò che accadeva se si viveva un anno dentro e un anno fuori dal Rifugio: il resto del mondo doveva apparire ancora più pericoloso di quanto non fosse. Richard incrociò il suo sguardo. Non sorrise. Qualcosa nel petto di Leisha si fece di ghiaccio.

— Se è finalmente pronta per iniziare, avvocato…

— Sì, Vostro Onore. Chiamo al banco dei testimoni Carl Tremolia.

Tremolia, un pescatore corpulento che era testimone ostile, si incamminò lungo il corridoio. Gli occhi del cliente di Leisha si ridussero a due fessure. Tremolia sfoggiava una spilla elettronica Noi-Dormiamo sul bavero della giacca. Si udì del tramestio presso la porta: qualcuno stava parlando con l’usciere in tono di forte insistenza.

— Vostro Onore, chiedo alla corte di ordinare al testimone di rimuovere la spilla che porta al bavero — iniziò Leisha. — Date le circostanze del caso, le opinioni politiche del testimone, che siano espresse tramite parole o oggetti, sono pregiudiziali.

Il giudice ordinò: — Tolga la spilla.

Il pescatore la strappò dalla giacca. — Potete obbligarmi a togliere la spilla ma non ad acquistare roba Insonne!

— Lo cancelli — disse il giudice. — Signor Tremolia, se non risponderà soltanto quando interrogato la citerò per oltraggio. Cosa c’è, usciere?

— Mi dispiace, Vostro Onore. Un messaggio per la signorina Camden. Personale e urgente.

Consegnò a Leisha un foglio di carta stampato. "Chiama immediatamente in ufficio Kevin Baker, Urgente e personale". — Vostro Onore…

Il giudice sospirò. — Vada, vada.

Arrivata nel corridoio, Leisha estrasse un videocellulare dalla valigetta. Il volto di Kevin apparve sullo schermo in miniatura.

— Leisha. Per quanto riguarda Walcott…

— Sono su una linea non schermata, Kevin…

— Lo so. Non importa, questo è di dominio pubblico. Che diavolo, nel giro di poche ore lo saprà tutto il fottutissimo mondo. Walcott non può chiedere quei brevetti.

— Perché no? La Samplice…

— Scordati la Samplice. I brevetti sono stati registrati due mesi fa. Chiaro, pulito, inattaccabile. A nome del Rifugio Spa… Leisha?

— Sono qui — rispose lei inebetita. Kevin le aveva sempre detto che nessuno poteva falsificare la documentazione del governo riguardante i brevetti. C’erano troppe registrazioni di riserva, elettroniche, cartacee e indipendenti. Nessuno.

Kevin aggiunse: — C’è dell’altro. Leisha… Timothy Herlinger è morto.

— Morto! L’ho visto meno di mezz’ora fa! Si stava allontanando con uno scooter!

— È stato investito da un’auto. Gli scudi deflettori sul suo scooter hanno ceduto. Un poliziotto si è trovato casualmente lì qualche minuto dopo la disgrazia e ha inserito i dati nella rete medica; ovviamente io faccio monitorare sempre tutte le reti in modo che mi segnalino i nomi chiave.

Lei disse con voce incerta: — Chi lo ha investito?

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