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Dopo il solito, devastante quarto d’ora di terrore, finalmente i crampi passarono. Allora lui si ricordò della richiesta di Iselle. Scrivere una lettera per informare Ista della morte del figlio sarebbe stato tutt’altro che facile e non c’era da meravigliarsi che Iselle desiderasse la sua assistenza. Benché non si sentisse all’altezza del compito, Cazaril era ben determinato a offrire a Iselle tutto l’aiuto possibile, in quel momento di lutto. Si alzò quindi dal letto e salì le scale.

Trovò Iselle già seduta alla scrivania dell’anticamera, rischiarata da una serie di candele sparse all’intorno. Una pergamena di ottima qualità, le penne e la cera per i sigilli già disposti davanti a lei. Poco lontano, Betriz era intenta ad ammucchiare su una pezza di seta un piccolo assortimento di monili. C’erano spille, anelli e anche il pallido mucchio scintillante del filo di perle di Dondo, che Cazaril non aveva ancora avuto modo di consegnare al Tempio.

«Bene. Siete arrivato», mormorò Iselle, sollevando lo sguardo dalla pergamena, che stava fissando con aria accigliata, rigirandosi intorno al pollice l’anello col sigillo. «Chiudete la porta.»

«Al vostro servizio, Royesse», replicò Cazaril.

«Prego con tutto il cuore perché sia così», ribatté Iselle, scrutandolo in volto.

«Stai così male, Iselle», intervenne Betriz, preoccupata. «Sei sicura di quello che vuoi fare?»

«Non sono sicura di nulla, se non del fatto che non mi rimane più tempo… e che non ho alternative», ribatté lei. «Cazaril, voglio che domattina voi partiate alla volta di Ibra come mio inviato, per concordare il mio matrimonio col Royse Bergon»

Lui sbatté le palpebre, sconcertato da quella richiesta. Gli sembrò che la giovane avesse seguito il filo di un ragionamento che a lui invece era sfuggito. «Il Cancelliere dy Jironal non mi permetterà mai di partire», obiettò.

«È ovvio che non potrete farlo apertamente», convenne Iselle, con un gesto impaziente. «Vi recherete prima a Valencia, che si trova più o meno sulla strada, in qualità di mio corriere personale, incaricato di riferire a mia madre la notizia della morte di mio fratello. Dy Jironal acconsentirà con gioia, credendo di liberarsi di voi… Vi concederà perfino un bastone da corriere, che vi permetterà di requisire cavalli di ricambio presso le stazioni di posta della Cancelleria. Sapete anche voi che, entro domani a mezzogiorno, lui avrà riempito il mio seguito di sue spie.»

«Questo è evidente.»

«Dopo esservi fermato a Valenda, però, non tornerete a Cardegoss, ma proseguirete per Zagosur, od ovunque si trovi attualmente il Royse Bergon. Nel frattempo, io insisterò perché Teidez venga sepolto a Valenda, nella sua amata terra.»

«Teidez non vedeva l’ora di andarsene da Valenda», le fece notare Cazaril, confuso.

«Già, però dy Jironal non può saperlo, giusto? Il Cancelliere non mi permetterà di lasciare Cardegoss e di allontanarmi dal suo controllo per nessun altro motivo, ma non potrà negare una richiesta motivata da un lutto di famiglia. Per prima cosa, domattina, chiederò l’aiuto di Sara in questo progetto.»

«Adesso siete doppiamente in lutto, per vostro fratello e per Dondo. Dy Jironal non vi potrà imporre un fidanzato per mesi e mesi a venire», le ricordò Cazaril.

«Un’ora fa, io sono diventata il futuro di Chalion», gli fece notare Iselle, scuotendo il capo. «Dy Jironal dovrà assumere il controllo della mia persona e mantenerlo, se vorrà dominare il futuro della nazione. Il momento critico non è l’inizio del mio lutto per Teidez, bensì l’inizio di quello per Orico, perché sarà soltanto allora, e non un momento prima, che io passerò in maniera assoluta sotto il controllo di dy Jironal, a meno che non mi sia già sposata. Una volta lasciata Cardegoss, non ho intenzione di farvi ritorno. Con questo clima, il corteo funebre di Teidez potrebbe impiegare settimane ad arrivare a destinazione e, se il clima non dovesse collaborare, troverò altri modi per causare qualche ritardo. Allorché voi tornerete col Royse Bergon, io dovrei essere al sicuro a Valenda.»

«Aspettate… Cosa? Tornare col Royse Bergon?» esclamò Cazaril.

«Sì, è evidente che dovrete portarlo da me. Pensateci… Se lascerò Chalion per sposarmi a Ibra, dy Jironal mi denuncerà come ribelle, costringendomi a far ritorno alla testa di truppe straniere. Se difenderò le mie posizioni fin dal primissimo momento, non dovrò mai cercare di riconquistarle. Siete stato voi a insegnarmelo!»

Cazaril la fissò, sconcertato, e Iselle si protese in avanti, con un’espressione sempre più intensa. «Voglio prendere il Royse Bergon come consorte, certo, però non intendo rinunciare a Chalion per avere lui… No, neppure a un campicello, non a vantaggio di dy Jironal e neppure a vantaggio della Volpe. Queste sono le mie condizioni: Bergon e io erediteremo ciascuno la sua corona. Bergon avrà autorità a Chalion in qualità di Roya-consorte e io ne avrò a Ibra come Royina-consorte, agendo l’uno tramite l’altra, in maniera uguale e reciproca. In futuro, nostro figlio — alla Madre e al Padre piacendo — erediterà e unificherà i due. La mia futura autorità su Chalion dovrà essere soltanto mia, non consegnata al mio sposo come dote. Non intendo trasformarmi in un’altra Sara… Una semplice, ignorata moglie, senza avere voce in capitolo in seno al mio stesso consiglio!»

«La Volpe cercherà di ottenere di più», la avvertì Cazaril.

«È per questo che il mio inviato potete essere soltanto voi», affermò Iselle, sollevando il mento. «Se non riuscirete a ottenere la mano del Royse Bergon nel rispetto delle condizioni che non violano la mia futura sovranità, allora abbandonate le trattative e tornate a casa. Dopo la morte di Orico, innalzerò la mia bandiera e muoverò personalmente contro dy Jironal.» L’ombra nera le ribolliva intorno. Con voce ferma, concluse: «Maledizione o no, non intendo essere comandata a bacchetta da Martou dy Jironal, come una giumenta alla cavezza».

Sì, Iselle aveva il coraggio, la volontà e l’astuzia per resistere a dy Jironal, doti che Orico non aveva e che Teidez non sarebbe mai riuscito a sviluppare. Cazaril scorgeva quelle virtù nei suoi occhi, vedeva interi eserciti, con le lance spianate, muoversi nella nera massa di oscurità che la avviluppava, simile a una cappa di fumo che si leva da una città in fiamme. Ecco dunque la forma che la maledizione scagliata contro la sua Casa avrebbe assunto nel corso della generazione seguente: non dolore individuale, ma una guerra civile tra la Royesse e i suoi nobili, una guerra che avrebbe devastato la nazione da un capo all’altro. A meno che Iselle non fosse riuscita a liberarsi dell’appartenenza alla sua Casa e della maledizione, passando sotto la protezione di Bergon… «Cavalcherò per voi, Royesse», promise Cazaril.

«Bene», approvò lei, passando una mano sulla pergamena. «Adesso dobbiamo preparare una serie di lettere. Per prima cosa, ne scriveremo una che vi autorizzi a trattare con la Volpe… E credo che questa missiva debba essere stilata di mio pugno. Dal momento che avete letto e scritto diversi trattati, dovrete suggerirmi le frasi giuste, in modo che io non dia l’impressione di essere una ragazza ignorante.»

«Farò del mio meglio… però non sono un esperto di cose legali.»

«Se avremo successo, disporrò delle spade con cui dare peso alle mie parole», ribatté Iselle, scrollando le spalle. «Altrimenti nessun cavillo legale potrà dare loro la forza necessaria. Cerchiamo di essere semplici e chiari. Cominciamo…»

Tre faticosi quarti d’ora d’intensa concentrazione produssero una versione definitiva, che Iselle firmò con eleganza prima di apporvi il proprio sigillo; nel frattempo, Betriz finì di radunare il mucchietto di monete e di gioielli.

«È tutto il denaro che abbiamo?» domandò Iselle.

«Purtroppo sì», sospirò Betriz.

«In tal caso, Cazaril dovrà impegnare i gioielli al suo arrivo a Valenda, o in qualche altro luogo sicuro», decise Iselle, avvolgendo i preziosi nella seta e spingendo il fagotto verso Cazaril. «I vostri fondi, mio signore. La Figlia voglia che siano sufficienti a farvi arrivare a destinazione e a permettervi di tornare indietro.»

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