Si trattava di una minaccia alla quale il Castillar non avrebbe mai dato corso, però l’uomo sembrò piuttosto impressionato. Cazaril tuttavia non poté fare a meno di chiedersi se la morte dell’uccello avrebbe causato davvero anche quella di Orico. D’un tratto quella concatenazione gli sembrava spaventosamente plausibile.
Lasciata la voliera, Cazaril si diresse verso i garzoni che stavano trascinando fuori le pesanti carcasse dei due orsi.
«Dobbiamo scuoiarli, mio signore?» domandò uno dei giovani, fissando le vittime dell’infernale caccia organizzata da Teidez.
«No!» esclamò Cazaril, notando che i pochi corvi di Fonsa rimasti non accennavano ad avvicinarsi alle carcasse insanguinate, pur adocchiandole con evidente interesse. «Trattateli come fareste con soldati del Roya caduti in battaglia. Bruciateli o seppelliteli, ma ricordate che non devono essere scuoiati… e neppure mangiati, per amore degli Dei!» Deglutendo a fatica, si chinò per aggiungere alla fila dei corpi anche i due corvi morti, e aggiunse: «Per oggi sono già stati commessi fin troppi sacrilegi». Sempre sperando che Teidez non avesse ucciso anche un santo, oltre agli animali sacri.
Un martellare di zoccoli annunciò l’arrivo di Martou dy Jironal, che era stato probabilmente rintracciato a Palazzo Jironal. Era seguito da quattro servitori, affannati per via della corsa su per la collina. Sceso di sella, il Cancelliere affidò il cavallo, innervosito dall’odore del sangue, alle cure di uno stalliere e avanzò sino alla fila di animali morti. Per un momento, le sue labbra si mossero a vuoto, senza articolare parola. «Che follia è mai questa?» chiese infine, sollevando su Cazaril uno sguardo sconcertato e insospettito. «Siete stato voi a indurre Teidez a fare una cosa del genere?»
Osservandolo, Cazaril si convinse che dy Jironal non stava fingendo, e che era davvero sconvolto. «Io? No! Non ho nessun controllo su Teidez», ribatté. «E a quanto pare non ne avete neppure voi, considerato che lui è rimasto sempre in vostra compagnia per le ultime due settimane. Possibile che non abbia tradito in nessun modo le sue intenzioni?»
Dy Jironal scosse il capo.
«A sua difesa, Teidez ha addotto un’idea assai confusa, secondo la quale un simile atto era inteso ad aiutare il Roya. Che lui non abbia avuto maggiore buon senso è da mettere in relazione con la sua giovane età, però… Orico e voi non gli siete certo stati d’aiuto: se fosse stato messo al corrente della verità, non si sarebbe lasciato imbottire di menzogne. Ho fatto rinchiudere in cella le sue guardie baociane e l’ho confinato nel suo alloggio, in attesa… dei vostri ordini.» Cazaril sapeva che, dal Roya, non sarebbero più giunti ordini.
«Un momento», ribatté dy Jironal, abbozzando un gesto secco. «Ieri, il Royse è rimasto a lungo a colloquio con sua sorella, in privato. Non è possibile che sia stata lei a dargli questa idea?»
«Ci sono cinque testimoni che possono negarlo, incluso lo stesso Teidez, che comunque ieri non ha dimostrato in nessun modo di avere in mente una cosa del genere.» O, meglio, non lo ha dimostrato quasi in nessun modo, pensò Cazaril.
«Il controllo che esercitate sulla Royesse Iselle è troppo assoluto», scattò dy Jironal. «Credete che non sappia chi ha incoraggiato il suo atteggiamento di sfida? Non riesco a capire quale sia il motivo del suo pernicioso attaccamento nei vostri confronti, ma è un legame che ho intenzione di troncare.»
«Già», replicò Cazaril, a denti stretti. «La scorsa notte, dy Joal ha cercato di usare il coltello in vostra vece, ma adesso sa che la prossima volta dovrà chiedervi di più per i suoi servigi, perché si tratta di un lavoro rischioso.» Un bagliore di comprensione affiorò nello sguardo di dy Jironal e, nel notarlo, Cazaril si costrinse a trarre un profondo respiro per controllarsi. Quella situazione stava facendo affiorare in maniera troppo netta l’ostilità tra loro… e l’ultima cosa di cui lui aveva bisogno era trovarsi al centro dell’attenzione di dy Jironal. «In ogni caso, chi sia il responsabile non è un mistero: Teidez afferma che il vostro caro fratello Dondo aveva complottato questa follia con lui, prima di morire.»
Dy Jironal indietreggiò di un passo, sgranando gli occhi.
«E adesso, mi piacerebbe veramente sapere una cosa… E la chiedo a voi, dato che vi trovate nella posizione di conoscere la risposta… Dondo era al corrente di ciò che il serraglio faceva per Orico?» chiese Cazaril.
«Voi che ne sapete?» ribatté dy Jironal, fissandolo negli occhi.
«Ormai è una cosa di dominio pubblico, allo Zangre, dato che Orico è stato colpito da improvvisa cecità ed è crollato dalla sedia nel momento stesso in cui le sue creature morivano. Sara e le sue dame lo hanno messo a letto, mandando poi a chiamare i medici del Tempio», rispose Cazaril, eludendo la domanda. Dy Jironal impallidì e si girò di scatto, avviandosi verso i cancelli dello Zangre, senza soffermarsi a chiedere notizie di Umegat.
Cazaril rifletté che il Cancelliere doveva sapere qual era l’effetto del serraglio, ma si chiese altresì se avesse compreso come funzionava la cosa. Scuotendo il capo, perplesso, si avviò nella direzione opposta a quella presa dal Cancelliere, affrontando un altro stancante tragitto fino in città.
A Cardegoss, il Tempio Ospedale della Misericordia della Madre era stato ricavato in una vasta e antica dimora, lasciata in eredità all’Ordine da una pia vedova, e sorgeva nella strada retrostante la Piazza del Tempio, alle spalle della Casa della Madre. Addentratosi in quella sorta di labirinto, Cazaril rintracciò Palli e Umegat in una galleria del secondo piano, al di sopra di un cortile interno, individuando infine la camera grazie alla presenza dei fratelli dy Gura, di guardia davanti alla porta chiusa. Al suo arrivo, i due lo salutarono e lo lasciarono entrare.
Trovò Umegat ancora privo di sensi, disteso su un letto con accanto una donna dai capelli bianchi, che indossava le vesti verdi di un medico del Tempio, intenta a ricucire la lacerazione al cuoio capelluto. Era assistita dalla familiare Devota di mezz’età dall’aria triste, avvolta in un chiarore iridescente che non aveva nulla a che vedere col verde delle sue vestì, una luce che Cazaril era in grado di scorgere anche con gli occhi chiusi. L’Arcidivino di Cardegoss in persona, abbigliato con le consuete vesti a cinque colori, era fermo accanto al letto, mentre Palli se ne stava appoggiato alla parete con le braccia conserte. Quando vide Cazaril, il volto gli si rasserenò e lui si mosse per andargli incontro.
«Come sta?» mormorò Cazaril.
«Quel poveretto è ancora svenuto», rispose Palli. «Deve aver ricevuto un colpo davvero violento. Come vanno le cose, al castello?»
Mentre Cazaril gli riferiva la notizia dell’improvviso collasso di Orico, l’Arcidivino Mendenal si avvicinò per ascoltare, e il medico lanciò loro un’occhiata da sopra la spalla. «Siete stato informato di quanto è successo, Arcidivino?» chiese infine.
«Oh, sì. Raggiungerò i medici di Orico allo Zangre non appena mi sarà possibile», rispose Mendenal.
Se pure era incuriosito dal fatto che uno stalliere ferito meritasse l’interessamento dell’Arcidivino più del Roya, il medico non lo diede a vedere se non con un lieve inarcarsi delle sopracciglia. Applicato l’ultimo punto, immerse un panno in una bacinella per lavare via le incrostazioni di sangue dalla tempia rasata, poi si asciugò le mani, sollevò le palpebre di Umegat per controllare gli occhi, rovesciati all’indietro nelle orbite, e si raddrizzò, cedendo il posto alla levatrice della Madre, che provvide a raccogliere la treccia sinistra tagliata a Umegat e il resto delle attrezzature, ripulendo la stanza.
«Allora?» domandò l’Arcidivino Mendenal al medico, serrandosi le mani con fare ansioso.
«Il cranio non risulta fratturato al tatto e lascerò la ferita scoperta per meglio controllare eventuali emorragie o segni di gonfiore. Per il momento, non posso dire altro, finché non si sveglierà. Fino ad allora, possiamo solo tenerlo al caldo e sorvegliarlo.»