«Caz!» esclamò in quel momento una voce familiare, che pareva scaturire dal nulla.
Sollevando la testa di scatto, Cazaril si guardò intorno con aria perplessa, scorgendo un uomo alto e atletico, coi capelli neri, vestito con un’elegante tunica di broccato rosso e alti stivali da equitazione, che gli stava venendo incontro a braccia aperte.
«Per i cinque Dei», sussurrò. Poi, a voce più alta, disse, incredulo: «Palli?»
«Caz, Caz! Ti bacio le mani! Ti bacio i piedi!» esultò l’uomo alto, afferrandolo. Deciso a mettere in pratica la prima parte del proprio saluto, quasi gettò a terra Cazaril e allora sostituì la seconda con un semplice abbraccio. «Caz, per gli Dei, credevo che fossi morto!»
«No, no… Palli…» Quasi completamente dimentico della propria sofferenza fisica, Cazaril afferrò a sua volta le mani del giovane bruno e si girò verso Iselle e Betriz, che avevano affidato i rispettivi cavalli agli stallieri e si stavano avvicinando con evidente curiosità. «Royesse Iselle, Lady Betriz… Permettetemi di presentarvi Ser dy Palliar, che è stato il mio valido braccio destro a Gotorget… Per i cinque Dei, Palli, che cosa ci fai tu qui?»
«Potrei farti la stessa domanda, e con maggior diritto!» ribatté Palli, rivolgendo un inchino alle due dame, che lo stavano osservando con crescente approvazione. I due anni e più trascorsi dalla caduta di Gotorget avevano migliorato ulteriormente il suo aspetto già gradevole, benché alla fine di quell’assedio sembrassero tutti spaventapasseri. «Royesse, mia signora, sono onorato di conoscervi», proseguì, poi guardò Cazaril, e aggiunse: «Caz, adesso sono il March dy Palliar».
«Oh… allora ti porgo le mie condoglianze», si affrettò a replicare Cazaril. «È una perdita recente?»
«Ormai sono trascorsi quasi due anni», rispose Palli. «Mio padre ha avuto un colpo apoplettico mentre noi eravamo ancora chiusi dentro Gotorget, ma ha resistito finché non sono tornato a casa, sia resa grazia al Padre dell’Inverno. Era cosciente e mi ha riconosciuto, quindi ho potuto parlargli e raccontargli della campagna… Sai, l’ultimo giorno ha pronunciato una benedizione per te, anche se eravamo entrambi convinti di pregare per i nostri morti perduti. Caz, amico, dove sei andato a finire?»
«Io… non sono stato riscattato.»
«Non sei stato riscattato? Com’è possibile? Com’è potuto succedere?»
«È stato un errore. Il mio nome è stato omesso dall’elenco.»
«Dy Jironal ha riferito che, secondo i roknari, eri morto a causa di una febbre improvvisa», obiettò Palli.
«No, sono stato venduto come schiavo sulle galee», spiegò Cazaril, con un sorriso sempre più teso.
«E lo definisci un errore?» esclamò Palli, sollevando la testa di scatto. «No, un momento, tutto ciò non ha senso…»
La smorfia apparsa sul volto di Cazaril e la sua mano premuta contro il suo petto troncarono la protesta di Palli, ma non mitigarono l’espressione sorpresa del suo sguardo. Cogliendo, sia pure tardivamente, l’implicito ammonimento dell’amico, il giovane lasciò cadere l’argomento, anche se la piega decisa delle sue labbra lasciava capire che era intenzionato a riprenderlo quanto prima, in privato. Girandosi infine verso Ser dy Ferrej, che si stava avvicinando per assistere con interesse a quel ricongiungimento, dy Palliar tornò a sfoggiare l’allegro sorriso di poco prima.
«Il March dy Palliar è stato invitato a bere un po’ di vino in giardino, con la Provincara», spiegò il siniscalco. «Unitevi a noi, Cazaril.»
«Vi ringrazio», rispose il Castillar.
Palli lo prese sotto braccio, ed entrambi si avviarono per seguire dy Ferrej fuori del cortile e sul retro della fortezza, dove il giardiniere della Provincara aveva creato una piccola area fiorita. Nell’arco di tre passi, però, Cazaril cominciò a rimanere indietro e dy Palliar, vedendolo incespicare, fu costretto a rallentare il passo, cosa che lo indusse a scoccargli un’occhiata in tralice. Seduta sotto un’arcata di rose rampicanti non ancora sbocciate, la Provincara li stava attendendo con un paziente sorriso sulle labbra e li invitò con un cenno a prendere posto sulle sedie preparate dai servitori. Nell’adagiarsi con cautela sulla sua, e nonostante il cuscino, Cazaril non riuscì a trattenere un sussulto e un grugnito di dolore.
«Per i demoni del Bastardo», imprecò Palli, sottovoce. «I roknari ti hanno storpiato?»
«Solo a metà, ma Lady Iselle… sembra decisa a completare la loro opera», rispose Cazaril, appoggiandosi lentamente allo schienale. «Lei e quello stupido cavallo.»
Accigliandosi, la Provincara scoccò un’occhiata alle due ragazze che, pur non essendo state invitate, si erano accodate al gruppo. «Iselle, hai galoppato?» domandò, minacciosa.
«È stata tutta colpa del mio nobile destriero, mia signora», fu pronto a intervenire Cazaril. «Si è creduto minacciato da un daino divoratore di cavalli, quindi ha scartato di lato e io non sono stato pronto a fare altrettanto.» Accettò un bicchiere di vino offertogli da un servitore e ne bevve un sorso con gratitudine, cercando di non rovesciarlo. La sgradevole sensazione di paura che lo aveva oppresso stava finalmente passando.
Iselle gli scoccò un’occhiata colma di gratitudine, che non sfuggì alla Provincara, la quale sbuffò con aria perplessa. «Iselle, Betriz… Andate a indossare qualcosa di adatto per la cena, al posto di quegli abiti da equitazione», ordinò allora, a mo’ di punizione. «Forse siamo gente di campagna, ma non per questo dobbiamo ridurci al livello di selvaggi.»
Riluttanti, le due ragazze si allontanarono a passo lento, girandosi spesso ad ammirare l’affascinante visitatore.
«Come mai sei qui, Palli?» chiese Cazaril, quando quella doppia distrazione ebbe svoltato l’angolo della fortezza.
Anche Palli stava fissando le ragazze e sembrò riscuotersi da chissà quale contemplazione.
Chiudi quella bocca, amico mio, pensò Cazaril, divertito. Non fare anche tu, come me, la figura dell’idiota.
«Oh, sono diretto a Cardegoss, per fare atto di presenza a corte», spiegò infine Palli. «Mio padre faceva sempre tappa qui, per via della sua amicizia col vecchio Provincar… Così, quando siamo passati vicino a Valenda, ho osato inviare un messaggero. La mia signora» — e fece un cenno verso la Provincara -, «è stata tanto cortese da invitarmi a fermarmi.»
«Ti avrei preso a schiaffi, se non avessi fatto il tuo dovere, fermandoti a salutarmi», replicò sorridendo la Provincara, con ammirevole illogicità. «Erano decisamente troppi anni che non avevo più modo di vedere te o tuo padre. Mi è dispiaciuto apprendere della sua morte.»
Palli annuì, poi tornò a rivolgersi a Cazaril. «Abbiamo intenzione di far riposare i cavalli stanotte e di ripartire domattina a un’andatura tranquilla. Il clima è troppo gradevole per affrettarsi. Le strade sono piene di pellegrini diretti a ogni santuario e Tempio, ma purtroppo brulicano anche di predoni. Ci era stato detto che, sui passi, c’erano dei banditi, ma non siamo riusciti a trovarli.»
«Li hai cercati?» esclamò Cazaril, sconcertato. Nel corso del suo viaggio lui aveva sperato e pregato di non incontrare banditi.
«Ehi! Sono il signore di Palliar, quindi un nobile consacrato all’Ordine della Figlia… al posto di mio padre. Di conseguenza, ho doveri da compiere.»
«Cavalchi insieme coi soldati-fratelli?»
«Direi piuttosto che viaggio col convoglio dei bagagli. Non faccio altro che tenere registri, raccogliere affitti, rintracciare equipaggiamenti e occuparmi di logistica. Del resto, queste sono le gioie del comando, come ben sai, dato che sei stato proprio tu a insegnarmele. Per una parte di gloria, dieci parti di letame da spalare.»
«Una proporzione così buona?» sorrise Cazaril. «Allora sei davvero benedetto.»
Sorridendo di rimando, Palli accertò il formaggio e le focacce che un servitore gli porgeva. «Ho alloggiato le mie truppe in città», proseguì. «Non mi sarei mai aspettato di trovarti qui, Caz! Non appena ho pronunciato il nome Gotorget, mi sono sentito chiedere se ti conoscevo e, allorché questa dama mi ha detto che eri arrivato qui a piedi fin da Ibra, conciato in modo tale da dare l’impressione di essere stato masticato, digerito e sputato da un gatto, sono stato così travolto dallo stupore che un soffio di vento avrebbe potuto gettarmi per terra.»