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Dal cortile giunse un rumore di zoccoli e di voci. Cazaril pensò che Iselle e Bergon fossero tornati col loro seguito dalle cerimonie del Tempio, ma non poté verificarlo perché, dalla sua finestra, era impossibile vedere il cortile. Pur sapendo che si sarebbe dovuto precipitare a salutarli, decise che non si sarebbe mosso, perché stava riposando… una scusa che suonò ottusa e scortese perfino alle sue stesse orecchie. D’altro canto, una spaventosa spossatezza lo tenne suo malgrado incollato alla sedia.

Prima che riuscisse ad avere la meglio su quell’ondata di malinconia, Bergon fece irruzione nella sua camera. Il Royse era ancora abbigliato con le vesti marrone, arancione e gialle proprie del Santo Generale dell’Ordine del Figlio, complete di una larga cintura per la spada decorata con tutti i simboli dell’autunno. Quella tenuta faceva su di lui un effetto assai migliore di quello che aveva fatto sul vecchio e grigio dy Jironal: se Bergon non costituiva una gioia per gli occhi del Dio, allora voleva dire che compiacerlo era davvero impossibile. Quando Cazaril si alzò per salutarlo, Bergon lo abbracciò e gli chiese come fosse andato il viaggio da Taryoon e come procedesse la sua convalescenza, poi, senza attendere risposta, si lanciò a dirgli contemporaneamente otto cose diverse, finendo per ridere di se stesso. «Fra breve ci sarà tempo per tutte queste cose», esclamò infine. «Sono stato incaricato di una missione dalla mia regale consorte, la Royina di Chalion. Prima però, Lord Caz, dimmi una cosa, in privato… Ami Lady Betriz?»

«Io… lei… molto, Royse», balbettò Cazaril, sconcertato.

«Bene. Io ne ero sicuro, ma Iselle ha insistito perché, prima, te lo chiedessi. Adesso c’è un’altra cosa molto importante… Sei disposto a lasciarti radere la barba?»

«Io… come?» esclamò Cazaril, portandosi una mano alla barba, che non era più irsuta come un tempo, si era infoltita gradevolmente ed era sempre ben regolata. «C’è un motivo per cui me lo chiedi? Non che abbia molta importanza… Dopotutto, la barba ricresce.»

«Ma non sei affezionato a essa, o qualcosa del genere, vero?»

«No. Dopo le galee, per qualche tempo, le mani mi tremavano al punto che non volevo rischiare di affettarmi la faccia, ma non potevo permettermi di andare da un barbiere. Col tempo, ho finito per abituarmici.»

«Bene», approvò Bergon, poi tornò alla porta, si affacciò nel corridoio e chiamò: «D’accordo, venite pure».

Nella stanza entrarono un barbiere e un servitore che reggeva una bacinella di acqua calda. Fatto sedere Cazaril, il barbiere gli passò un asciugamano intorno al collo e gli coprì la faccia di sapone prima che lui avesse il tempo di pronunciare una parola; mentre il servitore gli teneva la bacinella sotto il mento, poi, il barbiere si mise all’opera col rasoio, canticchiando sottovoce. Incrociando quasi gli occhi per guardare al di sopra del proprio naso, Cazaril osservò i ciuffi insaponati di peli neri e grigi cadere nella bacinella e cercò d’ignorare gli strani suoni quasi ciangottanti emessi dal barbiere.

«Ecco fatto, mio signore!» esclamò infine questi, con un sorriso soddisfatto, indicando al servitore di rimuovere la bacinella. Un impacco con un asciugamano caldo e l’applicazione di una soluzione aromatizzata alla lavanda completarono l’opera. Quindi il Royse gli mise in mano una moneta e il barbiere s’inchinò profondamente, mormorando un saluto e indietreggiando fino a lasciare la stanza.

Dal corridoio, giunsero allora alcune risate femminili.

«Hai visto, Iselle?» commentò una voce, in un sussurro peraltro non abbastanza sommesso. «Anche lui ha un mento. Te lo avevo detto!»

«Sì, avevi ragione, ed è anche un bel mento.»

Iselle fece il suo ingresso nella stanza, sforzandosi di apparire quanto mai regale nelle elaborate vesti indossate per la cerimonia d’investitura, ma non riuscì a mantenere a lungo quell’atteggiamento serio, perché le bastò guardare Cazaril per scoppiare a ridere. Alle sue spalle, Betriz, vestita quasi con la stessa eleganza, era tutta fossette e scintillanti occhi marroni sotto una complessa acconciatura, composta di una miriade di riccioli neri che le incorniciavano il volto, sussultando in maniera affascinante a ogni movimento.

«Per i cinque Dei, Cazaril!» esclamò Iselle, sollevando una mano alle labbra. «Non siete poi così vecchio, adesso che siete emerso da dietro quella siepe grigia!»

«Non è affatto vecchio», precisò con determinazione Betriz.

Cazaril, che all’ingresso delle dame si era alzato, fece un profondo inchino, ma, nel rialzarsi, portò suo malgrado la mano al mento, freddo e nudo, e pensò che nessuno gli aveva offerto uno specchio per verificare la causa di tutta quella ilarità.

«È tutto pronto», affermò Bergon, con fare misterioso.

Sorridendo, Iselle prese la mano di Betriz e prontamente Bergon afferrò quella di Cazaril, poi Iselle assunse una posa solenne e, con un tono da annuncio ufficiale, scandì: «La mia amatissima e fedelissima dama Betriz dy Ferrej mi ha fatto una richiesta, cui acconsento con tutta la gioia del mio cuore. Dal momento che voi non avete più un padre, Lord Cazaril, io e Bergon ne faremo le veci, in qualità di vostri signori. Betriz ha chiesto la vostra mano, e ci rallegra immensamente che i nostri due più amati servitori si amino a vicenda, per cui consideratevi fidanzati, con tutta la nostra approvazione».

Bergon girò verso l’alto il palmo di Cazaril e quello di Betriz si appoggiò su di esso, sovrastato dalle dita di Iselle. Congiunte le mani dei due promessi, il Royse e la Royina si trassero infine indietro con un ampio sorriso sulle labbra.

«Ma… ma… ma…» balbettò Cazaril, senza peraltro lasciar andare la mano di Betriz. «Tutto questo è terribilmente sbagliato… Iselle, Bergon… Non potete sacrificare questa fanciulla per ricompensare i miei capelli grigi. È una cosa ripugnante!»

«Ci siamo appena liberati di quanto avevate di grigio, cioè la barba», commentò Iselle, poi lo squadrò e aggiunse: «E devo ammettere che si è trattato di un enorme miglioramento».

«Inoltre non mi pare che lei ti trovi ripugnante», aggiunse Bergon.

Le fossette di Betriz erano profonde come Cazaril non le aveva mai viste e gli occhi scuri lo fissavano, scintillanti, da sotto le ciglia abbassate.

«Ma… ma…»

«In ogni caso, non la sto sacrificando per ricompensare la vostra… la tua fedeltà», continuò Iselle, in tono deciso. «Ti sto fidanzando a lei come ricompensa per la sua fedeltà.»

«Oh. Ah. Ecco, così va meglio…» farfugliò Cazaril, lottando per riportare un po’ di ordine nella propria mente sconvolta. «Però… Di certo ci sono per lei nobili più importanti, più ricchi, più giovani e avvenenti, più degni…»

«Sì, certo, ma Betriz non ha chiesto uno di loro, ha chiesto te. I gusti sono proprio una cosa personale, vero?» ribatté Bergon.

«Inoltre, devo obiettare ad almeno una parte della tua valutazione, Cazaril», aggiunse Betriz, con un filo di voce, accentuando la stretta della mano. «In tutto Chalion, non c’è nobile più degno di te.»

«Un momento!» protestò Cazaril, che aveva l’impressione di scivolare lungo un pendio innevato. «Non ho terre né denaro… Come farò a mantenere una moglie?»

«Ho intenzione di trasformare la carica di Cancelliere in una posizione che preveda un salario», replicò Iselle.

«Come la Volpe ha fatto a Ibra? Una mossa molto saggia, Royina… In tal modo, la fedeltà dei tuoi più importanti servitori andrà anzitutto alla royacy e non sarà divisa tra la corona e il proprio gruppo di sostenitori, come nel caso di dy Jironal. Chi intendete nominare per sostituirlo? Io avrei qualche idea…»

«Cazaril!» esclamò Iselle, con la familiare nota di esasperazione nella voce. «È ovvio che si tratta di te! Chi credi che avrei potuto nominare? Era implicito che la carica spettasse a te!»

Continuando a tenere stretta la mano di Betriz, Cazaril si accasciò pesantemente sulla sedia. «Da subito?» chiese, con un filo di voce.

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