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A

«Sì.»

«Allora ne siete al corrente?»

«Oh, sì.»

«Essa vi aleggia intorno, in questo momento.»

«Sì.»

«Era presente intorno a Orico e a Sara, a Iselle… e a Teidez.»

«Sì», ripeté Ista, chinando la testa di lato e fissando lo sguardo in lontananza.

Osservando la Royina, a Cazaril vennero in mente quei soldati che, durante una battaglia, erano colpiti, ma, prima di cadere al suolo, entravano in una sorta di trance e continuavano per qualche tempo a muoversi barcollando, compiendo talvolta gesta straordinarie. Quella quieta coerenza era forse indice di una simile condizione, che ben presto si sarebbe dissolta? Doveva approfittarne? Oppure Ista era stata davvero sempre incoerente? O forse erano semplicemente loro che non erano in grado di comprenderla? «Orico si è ammalato gravemente», provò a spiegarle. «Il modo in cui sono giunto a godere della seconda vista fa parte integrante di questo guazzabuglio di magia nera, perciò vi supplico, signora, vi scongiuro… Ditemi come siete venuta a conoscenza di tutto ciò. Che cosa avete visto, quando e come? Io devo capire, perché credo, anzi temo, che mi sia stato attribuito l’onere, che sia ricaduto su di me il compito di agire, senza però che mi sia stato detto nulla su quale azione intraprendere… È un velo di oscurità che neppure la seconda vista può trapassare.»

«Io vi posso svelare alcune verità», replicò Ista, inarcando le sopracciglia. «Ma non vi posso dare la comprensione… Come potrei, dato che non la possiedo? Io ho sempre detto la verità.»

«Sì, ora lo capisco», annuì Cazaril. «Ma l’avete mai detta per intero?»

Ista si tormentò il labbro inferiore, mentre le mani tremanti, che sembravano quasi non appartenerle, cominciarono a riaprire le pieghe del fazzoletto, lisciandolo su un ginocchio. Infine annuì lentamente e prese a parlare, con voce tanto bassa da costringere Cazaril a chinare il capo verso di lei, per essere certo di cogliere tutte le parole.

«Tutto ha avuto inizio quando sono rimasta incinta di Iselle», disse. «Sono cominciate le visioni e la seconda vista è affiorata a tratti. Ho creduto che si trattasse di un effetto della gravidanza, che sconvolge la mente di alcune donne, e, per qualche tempo, i medici mi hanno convinta che era veramente cosi. Vedevo gli spettri fluttuare alla cieca, l’ombra nera che aleggiava intorno a Ias, al giovane Orico… Sentivo voci e sognavo gli Dei, il Generale Dorato, Fonsa e i suoi due fedeli compagni che bruciavano nella torre, Chalion che ardeva come quella torre. Dopo la nascita di Iselle, quelle visioni sono cessate. Ho pensato che si trattasse di una follia transitoria.»

Anche con l’occhio della mente, non si poteva vedere se stessi. A Cazaril, però, erano stati concessi il sostegno di Umegat e un sapere comprato col sacrificio di altri, elargitogli come un dono. Se stessi ancora tentando di spiegare l’inesplicabile, ne sarei atterrito, pensò.

«Poi sono rimasta incinta di nuovo, di Teidez. Le visioni si sono ripresentate ed è stato molto peggio di prima. Non riuscivo a credere di essere pazza, ma soltanto quando ho minacciato di uccidermi Ias mi ha confessato che si trattava della maledizione, e che lui ne era al corrente, lo era sempre stato.»

E quanto si sarebbe sentito tradito, scoprendo che coloro che conoscevano la verità non lo avevano informato, lasciandolo a brancolare da solo nel buio, in preda al terrore?

«Ero inorridita all’idea di aver generato due figli, esponendoli a quell’orribile pericolo, e ho cominciato a pregare gli Dei perché la maledizione venisse rimossa, o almeno perché mi dicessero come poteva essere annullata, così da risparmiare vite innocenti. Poi, quand’ero prossima a dare alla luce Teidez, la Madre dell’Estate è venuta da me… Non in sogno, non mentre stavo dormendo, bensì in pieno giorno, mentre ero lucida e sveglia. Mi si è fermata vicinissima, proprio come siete voi adesso, e io sono crollata in ginocchio. Se avessi osato, avrei potuto toccare le sue vesti. Sentivo addirittura il profumo del suo alito, simile a quello dei fiori estivi. Il suo volto era troppo bello perché i miei occhi potessero contemplarlo, e tanto luminoso che pareva di fissare il sole. La sua voce era musica.» La voce di Ista si raddolcì e la pace che quella visione le aveva infuso trasparì dal suo volto, un bagliore di bellezza simile al riflesso di un raggio di sole sulle acque scure. Poi però la sua fronte tornò a corrucciarsi, e lei si protese in avanti. «La Madre ha detto che gli Dei stavano cercando di riprendersi la maledizione, che essa non apparteneva a questo mondo ed era un dono per il Generale Dorato e da lui usato in maniera impropria. Poi ha aggiunto una sorta di… profezia. Gli Dei avrebbero annullato la maledizione soltanto tramite la volontà di un uomo disposto a sacrificare tre volte la vita per la Casa di Chalion.»

«E se invece…» Cazaril esitò. Il rumore del proprio respiro gli echeggiava nelle orecchie, così forte da soffocare quella voce sommessa. «Non potrebbero tre uomini sacrificare ciascuno la propria vita una volta sola?» Si diede dello stolto per aver posto quella domanda, ma non era riuscito a trattenersi.

«No», ribatté Ista, incurvando nuovamente le labbra in quel suo sorriso sarcastico. «Ma avete giustamente notato il problema…»

«Non mi sembra che ci sia una soluzione. Quella… profezia era dunque una specie di trucco?»

Ista allargò le mani in un gesto ambiguo, poi ricominciò a piegare il fazzoletto. «Ne ho parlato a Ias, e naturalmente lui si è confidato con Lord dy Lutez… Ias non gli teneva mai nascosto nulla, tranne quando si trattava di me. Tranne che per me.»

Stupito, Cazaril si trovò a riflettere che quella «santità» da lui condivisa con Ista rendeva più facile parlarle. Era un atteggiamento sconsiderato e precario, una sensazione destinata irrimediabilmente a svanire, eppure… Da santo a santo, da anima ad anima, quel fugace momento pareva aver creato tra loro un’intimità più intensa di quella tra due amanti. Cominciò a capire perché Umegat si fosse tanto attaccato a lui. «Che rapporto esisteva tra loro, in realtà?» chiese.

«Erano amanti fin da prima che io nascessi», rispose Ista, scrollando le spalle. «Chi ero io per giudicarli? Dy Lutez amava Ias, io amavo Ias e lui ci amava entrambi. Si è impegnato così a fondo, ha dato tutto se stesso, portando il peso di tutti i suoi fratelli morti e di suo padre Fonsa! L’angoscia e il coinvolgimento lo hanno consumato fin quasi a portarlo sull’orlo della morte… ma tutto è andato per il verso sbagliato.» Ista esitò, e Cazaril fu assalito dall’improvviso terrore di avere inavvertitamente fatto qualcosa per bloccare quel flusso di confidenze. A quanto pareva, invece, Ista stava soltanto mettendo ordine… non nei suoi pensieri, ma nel suo cuore, perché infine riprese a parlare, sia pure più lentamente. «Non ricordo più di chi sia stata l’idea. Quella notte, successiva alla nascita di Teidez, eravamo riuniti in consiglio, solo noi tre. Io avevo ancora la seconda vista, e sia io sia Ias sapevamo che i nostri figli, e il povero Orico, erano fagocitati da quella cosa oscura. ’Salva i miei figli!’ ha gridato Ias, appoggiando la fronte sul tavolo e scoppiando in pianto. ’Salva i miei figli!’ E Lord dy Lutez ha risposto: ’Ci proverò, per l’amore che ti porto. Tenterò questo sacrificio’.»

«Ma come, per i cinque Dei?» sussurrò Cazaril.

«Abbiamo vagliato insieme un centinaio di piani. Com’era possibile uccidere un uomo e poi riportarlo in vita?» replicò Ista, con un sussulto. «Be’, era quasi impossibile, in effetti. L’annegamento offriva le possibilità maggiori: anzitutto avrebbe causato i minori danni fisici e poi c’erano molti resoconti di persone richiamate in vita da un annegamento. Allora dy Lutez ha indagato su alcuni di quei casi, cercando di capire come avessero fatto gli interessati a salvarsi.»

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