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Inarcando le sopracciglia con aria divertita, Foix sogghignò, mentre Ferda si portò una mano alla bocca per coprire una risata.

«Grazioso», commentò Cazaril.

«Ho avuto poco tempo… non sono riuscita a trovare altro», ribatté Betriz, arrossendo. «È sempre meglio che ritrovarsi con le orecchie congelate!»

«Infatti vi ringrazio», convenne Cazaril. «Non disponevo di un cappello adeguato.» Ignorando i sogghigni dei due giovani, tolse il copricapo dalle mani di Betriz e s’inginocchiò per riporlo con cura nelle sacche da sella, un gesto che non era inteso soltanto a gratificare la dama, anche se lo sbuffo soddisfatto che lei indirizzò a Ferda lo divertì. Quando avessero fatto la conoscenza coi venti che soffiavano sulle montagne di confine, i due fratelli avrebbero smesso di sogghignare.

Sopraggiunse Iselle, avvolta in un mantello di velluto color porpora, ma tanto scuro da sembrare nero, e accompagnata da un tremante funzionario della Cancelleria, che consegnò a Cazaril un bastone da corriere numerato, chiedendogli di apporre una firma su un registro. Richiuso in fretta il registro, il funzionario si affrettò a riattraversare il ponte levatoio per mettersi al sicuro dal freddo.

«Siete riuscita a ottenere l’ordine da dy Jironal?» domandò Cazaril, riponendo il bastone in una tasca interna del mantello. Doveva proteggerlo, dato che esso gli avrebbe garantito cavalli freschi, cibo e un letto pulito, anche se duro e stretto, in ogni stazione di posta lungo le strade principali di tutta Chalion.

«Non da dy Jironal, da Orico. Lui è ancora il Roya di Chalion, anche se ho dovuto ricordare la cosa perfino al funzionario della Cancelleria», rispose Iselle. «Gli Dei vi accompagnino, Cazaril.»

«Purtroppo lo faranno», sospirò Cazaril, chinando il capo per baciare le mani gelide della Royesse.

Consapevole che Betriz lo stava tenendo d’occhio, esitò, poi si schiarì la gola e prese anche le mani di lei nelle proprie. Le dita di Betriz si contrassero al contatto delle sue labbra, e lei si lasciò sfuggire un lieve sussulto, ma i suoi occhi rimasero fissi in lontananza, sopra la sua testa. Nel raddrizzarsi, Cazaril vide i fratelli dy Gura che sembravano avvizzire sotto il suo sguardo di fuoco.

Al sopraggiungere di uno stalliere del castello, che conduceva per le briglie tre cavalli da corriere sellati, Palli strinse la mano ai cugini. Ferda prese le redini del cavallo destinato a Cazaril, uno slanciato roano che si adattava alla sua alta statura, e il muscoloso Foix lo aiutò a montare. «State bene, signore?» gli chiese poi, mentre lui si assestava sulla sella con un leggero grugnito. Non siamo ancora partiti e già si preoccupano per me… Ma cosa ha detto loro Betriz? «Sì, va tutto bene. Ti ringrazio.»

Ferda gli porse le redini, Foix lo aiutò ad assicurare dietro l’arcione le preziose sacche da sella, poi i due fratelli montarono a loro volta, Ferda con agilità e suo fratello con maggiore pesantezza, e i tre si avviarono per uscire dal cortile. Voltandosi sulla sella, Cazaril vide Iselle e Betriz percorrere il ponte levatoio e oltrepassare il portone dello Zangre; prima di scomparire al di là di esso, Betriz si voltò, sollevando una mano. Cazaril ricambiò quel gesto di saluto, poi i cavalli superarono la prima curva e gli edifici di Cardegoss nascosero il portone. Un singolo corvo s’intestardì a seguirli, svolazzando di grondaia in cornicione.

Di lì a poco, i tre s’imbatterono poi nel Cancelliere dy Jironal, che stava rientrando al castello dal suo palazzo, a cavallo e seguito da due guardie armate e a piedi. Era evidentemente andato a casa per lavarsi, cambiarsi e sbrigare la corrispondenza personale più urgente. A giudicare dal volto grigiastro e dagli occhi arrossati, la notte precedente non doveva aver dormito molto più di Iselle.

Fermando il cavallo, dy Jironal rivolse a Cazaril uno strano, piccolo gesto di saluto.

«Dove siete diretto, Lord Cazaril… sui cavalli della mia Cancelleria?» domandò, notando le selle leggere da corriere, contrassegnate dallo stemma di Chalion.

«A Valenda, mio signore», rispose Cazaril, accennando un inchino. «Secondo la Royesse Iselle, non è giusto che sia un estraneo a comunicare una notizia così drammatica alla madre e alla nonna, dunque mi ha scelto come suo corriere personale.»

«Ista la Folle, eh?» commentò dy Jironal, sarcastico. «Non invidio il vostro compito.»

«Infatti», annuì Cazaril. Poi, in tono speranzoso, aggiunse: «Ordinatemi di tornare accanto a Iselle, e vi obbedirò all’istante».

«No, no», disse dy Jironal, con un sorrisetto soddisfatto. «Non riesco a immaginare nessuno più adatto di voi a compiere questo triste dovere. Proseguite pure. A proposito, quando avete intenzione di ritornare?»

«Non lo so ancora con certezza. Iselle desidera che, prima di rientrare a corte, mi accerti che sua madre abbia superato questo colpo doloroso… e non mi aspetto che Ista prenda bene la notizia.»

«Lo immagino. Vorrà dire che vi aspetteremo.»

Non dubito che lo farai, pensò Cazaril. Lui e dy Jironal si scambiarono un cauto cenno di saluto, poi i due gruppi proseguirono nelle direzioni opposte. Ma Cazaril si girò e vide che il Cancelliere, svoltando l’angolo verso il portone dello Zangre, aveva fatto altrettanto. Sì, dy Jironal sapeva che sarebbe stato impossibile tendergli subito un’imboscata, giacché quei cavalli da corriere costituivano un enorme vantaggio. Durante il ritorno, però, sarebbe stato tutto molto diverso… Ma io non tornerò lungo questa strada, si disse.

E se non fosse tornato affatto? Aveva soppesato tutti i disastri conseguenti a un fallimento, ma non si era chiesto quale sarebbe stata la sua sorte, se avesse avuto successo. Che ne facevano gli Dei, dei santi utilizzati sino in fondo? Per quel che ne sapeva, non ne aveva mai incontrato uno, salvo forse Umegat… E quel pensiero non era affatto rassicurante.

Raggiunte le porte cittadine, i tre oltrepassarono il ponte che conduceva alla strada del fiume. Il corvo di Fonsa smise di seguirli e si appollaiò sui merli della porta, lanciando qualche triste richiamo, la cui eco li seguì lungo la discesa nel burrone. Cazaril si chiese se Betriz li avrebbe guardati percorrere la strada, dalle finestre del castello. Ma, se pure lo avesse fatto, lui non sarebbe stato in grado di vederla, così in alto e nell’ombra dell’interno del palazzo.

I suoi cupi pensieri furono dispersi da un martellare di zoccoli. Era un corriere in arrivo — una donna — che li oltrepassò al galoppo, su un cavallo affannato e coperto di schiuma, rivolgendo loro un cenno di saluto. I corrieri donna erano decisamente preferiti da alcuni responsabili alle assegnazioni dei cavalli della Cancelleria, almeno sulle strade più sicure: secondo loro, il peso minore e le mani più leggere affaticavano meno gli animali. Rispondendo al saluto, Foix si girò sulla sella per contemplare la donna e Cazaril non ritenne che stesse semplicemente ammirando il suo talento equestre.

«Adesso possiamo galoppare, mio signore?» domandò Ferda, tutto speranzoso, affiancando il cavallo a quello di Cazaril. «Le giornate sono corte, e i cavalli riposati.»

Ma io non lo sono, per i cinque Dei, pensò Cazaril con un sospiro. «Sì», rispose tuttavia, spronando il roano, che si lanciò subito in uno sciolto galoppo allungato.

Davanti a loro, la strada si aprì, attraverso un panorama striato di neve, snodandosi in mezzo a grigi veli di nebbia, pervasi dal vago sentore di vegetazione marcescente proprio dell’inverno, per poi svanire lungo l’orizzonte incerto.

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