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— "E di conseguenza non manchi di presentarsi" — continuò a blaterare l'ufficiale giudiziario — "altrimenti un decreto pro confesso…"

— Portalo alla macchina — disse uno degli agenti.

La macchina verso la quale l'abate fu spinto non era la sua ma quella della polizia.

— Il giudice sarà un po' deluso da voi — gli disse, acido, l'agente. — Adesso state qui e restate tranquillo. Ancora una mossa e vi spedisco in prigione.

L'abate e l'agente attesero accanto alla macchina mentre l'ufficiale giudiziario, il medico e l'altro agente discutevano sul viottolo. Cors si premeva sul naso un fazzoletto.

Parlarono per cinque minuti. Pieno di vergogna, Zerchi premette la fronte contro il metallo della macchina e cercò di pregare. Gli importava poco, per il momento, ciò che potevano decidere. Riusciva a pensare soltanto alla ragazza e alla bambina. Era certo che lei era già pronta a cambiare idea, aveva bisogno soltanto del comando "Io, prete di Dio, ti scongiuro" e della grazia di ascoltarlo… se non l'avessero costretto a fermarsi dove lei aveva potuto vedere "il prete di Dio" sommariamente sopraffatto "dai poliziotti di Cesare". Anche a lui, la Regalità di Cristo non era mai sembrata così lontana.

— Benissimo, caro signore. Siete proprio un uomo fortunato.

Zerchi alzò lo sguardo. — Cosa?

— Il dottor Cors rifiuta di firmare una denuncia. Dice che se l'è voluta lui. Perché l'avete colpito?

— Chiedeteglielo.

— Gliel'abbiamo chiesto. Sto solo cercando di decidere se devo portarvi via o limitarmi a darvi la citazione. L'ufficiale giudiziario dice che siete conosciuto, da queste parti. Che cosa fate?

Zerchi arrossì. — Questo non vi dice niente? — E si toccò la croce sul petto.

— No, quando chi la porta prende a pugni qualcuno. Che cosa fate?

Zerchi ringoiò l'ultima traccia di orgoglio. — Sono l'abate dei frati di San Leibowitz, all'abbazia che vedete là lungo la strada.

— E questo vi autorizza ad aggredire la gente?

— Mi dispiace. Se il dottor Cors vorrà ascoltarmi, mi scuserò con lui. Se mi consegnate una citazione, prometto che mi presenterò.

— Fal?

— La prigione è già piena di sfollati.

— Sentite, se dimentichiamo questa storia, starete alla larga da qui, e terrete a freno la vostra banda?

— Sì.

— Benissimo. Andatevene. Ma se fate tanto di passare di qui e di sputare, ve ne pentirete!

— Grazie.

Un organetto stava suonando, nel parco, mentre si allontanavano. E, guardandosi indietro, Zerchi vide che la giostra stava girando. Un agente si asciugò la faccia, batté la mano sulla spalla dell'ufficiale giudiziario, e tutti ritornarono alle rispettive macchine e se ne andarono. Anche se sulla macchina c'erano cinque novizi, Zerchi era solo con la sua vergogna.

29

— Credo che siate già stato messo in guardia contro questi scoppi d'ira — chiese Padre Lehy al penitente.

— Sì, Padre.

— Vi rendete conto che l'intento era relativamente omicida?

— Non c'era nessuna intenzione di uccidere.

— State cercando di scusarvi? — domandò il confessore.

— No, Padre. L'intenzione era di fargli male. Mi accuso di aver violato lo spirito del Quinto Comandamento con il pensiero e con l'azione, e di aver peccato contro la carità e la giustizia. E di aver portato disgrazia e scandalo sul mio ufficio.

— Vi rendete conto di aver infranto la promessa di non ricorrere mai alla violenza?

— Sì, Padre. Me ne pento profondamente.

— E l'unica circostanza attenuante è che avete visto rosso e avete colpito. Perdete spesso il controllo in questo modo?

L'interrogatorio continuò; il superiore dell'abbazia era in ginocchio, e il priore sedeva come un giudice al di sopra del suo maestro.

— Benissimo — disse alla fine Padre Lehy. — Ora, per penitenza, promettete di dire…

Zerchi arrivò alla cappella con un'ora e mezzo di ritardo, ma la signora Grales lo stava ancora aspettando. Era inginocchiata in un banco vicino al confessionale, e sembrava addormentata. Imbarazzato com'era, l'abate aveva sperato che lei non ci fosse. Doveva recitare la sua penitenza, prima di poterla ascoltare. Si inginocchiò vicino all'altare e trascorse venti minuti recitando le preghiere che Padre Lehy gli aveva assegnato come penitenza per quel giorno, ma quando si mosse verso il confessionale, la signora Grales era ancora lì. Le parlò due volte prima che lei l'udisse; e quando si alzò, incespicò. Si fermò per tastare il viso di Rachel, esplorandone le palpebre e le labbra con le dita avvizzite.

— C'è qualcosa che non va, figliola? — chiese l'abate.

La donna levò lo sguardo verso le alte finestre. I suoi occhi vagarono sul soffitto a volta. — Sì, Padre — sussurrò. — Sento il Maligno qui in giro, davvero. Il Maligno è vicino, molto vicino a noi, qui. Sento il bisogno del perdono, Padre… e anche di qualcos'altro.

— Qualcos'altro, signora Grales?

Lei si avvicinò, per sussurrare, dietro la mano. — Ho bisogno di perdonare Lui, anche.

Il prete si ritrasse, leggermente. — Chi? Non capisco!

— Perdonare… Colui che mi ha fatta come sono — gemette. Ma poi un lieve sorriso le schiuse la bocca. — Io… io non Lo avevo mai perdonato, per questo.

— Perdonare Dio… Come potete voi… Lui è giusto. Lui è la Giustizia, Lui è l'Amore. Come potete dire…

Gli occhi della donna erano supplichevoli. — E una vecchia donna che gira vendendo i pomodori non può perdonarLo un po' per la Sua Giustizia? Prima che io chieda il Suo perdono per me?

Don Zerchi deglutì. Guardò l'ombra bicefala sul pavimento. Alludeva a una terribile Giustizia… la forma di quell'ombra. Non poteva indursi a rimproverarla per aver scelto quella parola, perdonare. Nel suo semplice mondo, era concepibile il perdonare la giustizia come perdonare l'ingiustizia, era concepibile che l'Uomo perdonasse Dio come Dio perdonava l'Uomo. Così sia, allora, e abbi pazienza con lei, o Signore, pensò, aggiustandosi la stola.

La donna si genuflesse davanti all'altare, prima di entrare nel confessionale, e il religioso notò che, quando si fece il segno della Croce, la sua mano toccò la fronte di Rachel, oltre alla sua. Scostò la pesante cortina, entrò nel confessionale e sussurrò attraverso la griglia.

— Cosa volete, figliola?

— Benedizioni, Padre, perché io ho peccato…

Parlò a scatti. Non la poteva vedere, attraverso la reticella che copriva la griglia. C'era solo il lamento basso e ritmico di una voce di Eva. Lo stesso, lo stesso, sempre lo stesso, e neppure una donna con due teste poteva escogitare nuovi modi di corteggiare il male, ma poteva seguire soltanto una ottusa imitazione del Peccato Originale. Poiché provava ancora vergogna del suo comportamento con la ragazza e gli agenti e Cors, gli era difficile concentrarsi. Eppure, le mani gli tremavano mentre ascoltava. Il ritmo delle parole diventava sordo e sommesso, attraverso la griglia, come il ritmo di un martellare lontano. Chiodi infissi nelle palme trapassavano il legno. Come un alter Christus, sentiva il peso di ogni fardello, per un attimo, prima che passasse a Colui che li portava tutti. Era qualcosa che riguardava il compagno di lei. Erano cose sordide e segrete, cose da avvolgere in un giornale sporco e da seppellire durante la notte. Il fatto che riuscisse a comprenderle solo in parte, sembrava peggiorarne l'orrore.

— Se state cercando di dirmi che siete colpevole di aborto — sussurrò — devo avvertirvi che l'assoluzione è riservata al vescovo e che io non posso…

Si interruppe. C'era un ruggito lontano, e il debole grugnito di missili lanciati dalla base.

— Il Maligno! Il Maligno! — gemette la vecchia.

L'abate si sentì accapponare la pelle del capo: un brivido improvviso di irragionavole allarme.

— Presto! Un atto di contrizione! — mormorò. — Dieci Ave, dieci Pater Noster per penitenza. Dovrete ripetere la confessione, più tardi, ma adesso un atto di contrizione.

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