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— Cum tenebris in superficie profundorum - fece coro il gruppo.

— Ortus est Dei Spiritus supra aquas - esclamò frate Kornhoer, rimettendo il libro nello scaffale, con un tintinnio di catene.

— Gratias Creatori Spiritui - rispose l'intera squadra.

— Dixique Deus: "FIAT LUX" — disse l'inventore, in tono di comando.

Le sentinelle sulla scala scesero per prendere i loro posti. Quattro monaci azionarono la ruota. Il quinto monaco rimase ritto accanto alla dinamo. Il sesto salì sulla scaletta e sedette sull'ultimo gradino, urtando con il capo contro la volta. Si calò sul viso una maschera di pergamena oleosa annerita con il fumo per proteggersi gli occhi, poi armeggiò con la lampada e la relativa vite, mentre frate Kornhoer lo sorvegliava nervosamente dal basso.

— Et lux ergo facta est - disse, quando ebbe trovato la vite.

— Lucem esse bonam Deus vidit - gridò l'inventore al quinto monaco.

Il quinto monaco si curvò sulla dinamo, con una candela, per dare un'ultima occhiata alle spazzole di contatto.

— Et secrevit lucem a tenebris - disse finalmente, continuando a recitare la Scrittura.

— Lucem appellavit "diem" - fece coro la squadra che azionava la dinamo — et tenebras "noctes". - Poi appoggiarono le spalle ai raggi del tornichetto.

Le assi scricchiolarono e gemettero. La dinamo, fatta di ruote di carro, cominciò a girare, e il suo basso ronzio diventò un grugnito e poi un gemito, mentre i monaci si sforzavano brontolando. Il guardiano della dinamo osservava ansioso, mentre i raggi si confondevano, nella velocità, e diventavano una specie di pellicola.

— Vespere occaso - cominciò, poi si interruppe per leccarsi due dita, che accostò ai contatti. Scoccò una scintilla.

— Lucifer! - gridò, balzando indietro, poi finì, in tono più calmo: — ortus est et primo die.

— Contatto! — disse frate Kornhoer, mentre Don Paulo, il Thon Taddeo e il suo segretario scendevano le scale.

Il monaco sulla scala colpì l'arco. Un netto spffft!… e una luce acceccante inondò il sotterraneo con uno splendore che non era mai stato visto in dodici secoli.

Il gruppo si fermò sulla scala. Il Thon Taddeo boccheggiò una imprecazione nella sua lìngua natia, poi indietreggiò di un gradino. L'abate, che non aveva assistito alla prova dell'ordigno e non aveva dato credito alle stravaganti affermazioni al riguardo, impallidì e si interruppe a metà di una frase. Il segretario rimase immobilizzato per il panico, poi all'improvviso fuggì, urlando "Al fuoco!".

L'abate si fece il segno della croce. — Non sapevo! — sussurrò.

Lo studioso, che aveva superato il primo trauma del bagliore, sondò il sotterraneo con lo sguardo, notò la dinamo e i monaci che faticavano ai suoi raggi. I suoi occhi seguirono i fili avvolti nella stoffa, notarono il monaco sulla scala, misurarono il significato della dinamo e il monaco che aspettava, a occhi bassi, ai piedi della scala.

— Incredibile! — sussurrò.

Il monaco ai piedi della scala si inchinò, umilmente. Il bagliore biancazzurro gettava ombre nettissime nella stanza, e le fiamme delle candele diventavano confusi fuochi fatui nella marea luminosa.

— Splende come mille torce! — ansimò lo studioso. — Deve essere un antico… ma no! È impensabile!

Continuò a scendere le scale come in trance. Si fermò accanto a frate Kornhoer e lo fissò incuriosito, per un momento, poi posò i piedi sul pavimento del sotterraneo. Senza toccare nulla, senza chiedere nulla e guardando tutto, girò attorno al macchinario, ispezionò la dinamo, i fili, la stessa lampada.

— Non sembra possibile, ma…

L'abate si era ripreso: scese le scale. — Siete dispensato dal silenzio! — sussurrò a frate Kornhoer. — Parlategli. Io sono… un po' stordito.

Il monaco si illuminò. — Vi piace, Monsignor Abate?

— È tremendo — gemette Don Paulo.

Il viso dell'inventore si rattristò.

— È un modo scandaloso di trattare un ospite! Quella luce ha spaventato a morte l'assistente del thon. Ne sono mortificato!

— In effetti, è una luce piuttosto brillante.

— È infernale! Andate a parlare al thon, mentre io cerco il modo migliore per scusarmi.

Ma lo studioso doveva avere tratto un giudizio sulla base delle sue osservazioni, perché avanzò rapido verso di loro. Il viso era teso, i suoi modi sbrigativi.

— Una lampada a elettricità — disse. — Come siete riusciti a tenerla nascosta per tutti questi secoli? Dopo tutti gli anni spesi nel tentativo di arrivare a una teoria del… — Sembrò quasi soffocato, e parve lottare per riacquistare l'autocontrollo, come se fosse stato vittima di un mostruoso scherzo. — Perché l'avete nascosta? Vi è qualche significato religioso… E che cosa… — La confusione più completa lo costrinse a interrompersi. Scosse il capo e si guardò intorno, come se cercasse una via d'uscita.

— Voi avete frainteso — disse debolmente l'abate, afferrando per il braccio frate Kornhoer. — Per amor di Dio, fratello, spiegatevi!

Ma non c'era balsamo capace di lenire un affronto all'orgoglio professionale… né allora, né in alcuna altra età.

19

Dopo lo sfortunato incidente nel sotterraneo, l'abate studiò tutti i modi immaginabili di fare ammenda per quell'infelice momento. Il Thon Taddeo non mostrò segni di rancore, e si scusò persino con gli ospiti per il suo giudizio dell'incidente, dopo che l'inventore dell'ordigno gli ebbe dato una spiegazione particolareggiata della sua recente progettazione e costruzione. Ma quelle scuse riuscirono soltanto a convincere ulteriormente l'abate della gravità dell'errore commesso. Infatti, metteva il thon nella posizione di un alpinista che ha scalato una cima "inviolata" soltanto per trovare le inziali del rivale scolpite sulla sommità… senza che il rivale l'avesse avvertito in precedenza. Doveva essere stato terribile, per lui, pensò Don Paulo.

Se il thon non avesse insistito (con una fermezza nata forse dall'imbarazzo) che quella luce era di qualità superiore, e sufficientemente brillante per consentire persino un attento esame di documenti fragili, consunti dall'età, pressoché indecifrabili alla luce delle candele, Don Paulo avrebbe fatto togliere immediatamente la lampada dalla cantina. Ma il Thon Taddeo aveva insistito che quella lampada gli piaceva… solo per scoprire, poi, che era necessario tenere almeno quattro novizi o postulanti impiegati ininterrottamente per far funzionare la dinamo e per regolare la lampada ad arco; per cui chiese che la lampada fosse tolta… ma allora fu la volta di Paulo ad insistere perché rimanesse al suo posto.

Così fu che lo studioso cominciò le sue ricerche all'abbazia, continuamente conscio della presenza dei tre novizi che manovravano la ruota della dinamo e del quarto che sfidava la cecità in cima a una scala, per tenere accesa e regolata la fiamma… una situazione che indusse il Poeta a scrivere versi spietati sul demonio Imbarazzo e sugli oltraggi che perpetrava in nome della penitenza e del quieto vivere.

Per parecchi giorni il thon e il suo assistente studiarono la biblioteca, gli scaffali, i documenti del monastero ad eccezione dei Memorabilia… come se, accertando la validità dell'ostrica, potessero stabilire la possibilità di trovarvi la perla. Frate Kornhoer trovò l'assistente del thon inginocchiato all'ingresso del refettorio, e per un istante ebbe l'impressione che stesse recitando qualche devozione davanti all'immagine di Maria posta sopra la porta, ma un tintinnio di strumenti pose fine alle sue illusioni. L'assistente posò una livella da carpentiere attraverso la soglia e misurò la depressione concava scavata nelle pietre del pavimento da secoli di sandali monastici.

— Stiamo cercando un modo di stabilire le date — disse a Kornhoer, quando questi l'interrogò. — Questo sembra un punto adatto per stabilire una media dell'usura, poiché è facile calcolare il passaggio. Tre pasti per ogni uomo, ogni giorno, fin da quando furono messe qui queste pietre.

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