— Ecco, io… — Il Thon Taddeo si interruppe e corrugò la fronte.
— E posso chiedere, inoltre — continuò la voce asciutta di Armbruster — se questa impresa straordinaria viene effettuata in posizione seduta, eretta o prona? O forse a cavallo, mentre si suonano due trombe?
I novizi sghignazzarono. L'abate balzò in piedi.
— Frate Armbruster, eravate stato avvertito. Siete escluso dalla mensa comune fino a che non darete soddisfazione. Potete aspettare nella Cappella di Nostra Signora.
Il bibliotecario si inchinò di nuovo e si allontanò in silenzio dalla sala, con umile portamento, ma con gli occhi trionfanti. L'abate mormorò una scusa allo studioso, ma lo sguardo del thon era diventato improvvisamente gelido.
— Per concludere — disse — un breve profilo di ciò che il mondo può aspettarsi, secondo me, dalla rivoluzione intellettuale che è appena incominciata. — Con occhi ardenti, si guardò intorno, e la sua voce passò da un tono distratto a un ritmo fervente. — L'ignoranza è stata la nostra regina. Dalla morte dell'impero, siede incontrastata sul trono dell'Uomo. La sua dinastia è vecchia d'una intera epoca. Il suo diritto al dominio è ormai considerato legittimo. I saggi del passato lo hanno confermato. Essi non fecero nulla per detronizzarla. Domani, regnerà una nuova sovrana. Uomini che comprendono, uomini di scienza staranno attorno al suo trono, e l'universo conoscerà la sua potenza. Il suo nome è Verità. Il suo impero comprenderà la Terra. E la dominazione dell'Uomo sulla Terra si rinnoverà. Fra un secolo, gli uomini voleranno nell'aria, a bordo di uccelli meccanici. Carri di metallo correranno lungo le strade di pietra fabbricata dall'uomo. Vi saranno palazzi di trenta piani, navi che scenderanno in fondo al mare, macchine che faranno ogni lavoro. E come si realizzerà questo? — Fece una pausa e abbassò la voce. — Nello stesso modo in cui si verificano tutti i cambiamenti, temo. E mi dispiace che sia così. Si verificherà nella violenza, nella fiamma e nella furia, perché nessun cambiamento si verifica con calma, nel mondo.
Si guardò intorno, perché un sommesso mormorio si levò dalla comunità.
— Sarà così anche se noi non vogliamo che sia così. Ma perché?
"L'ignoranza è regina. Molti non trarrebbero più profitto dalla sua abdicazione. Molti si arricchiscono grazie alla sua buia monarchia. Sono la sua Corte, e nel suo nome defraudano e governano, si arricchiscono e perpetuano il loro potere. Temono persino la sconfitta dell'analfabetismo, perché la parola scritta è un altro canale di comunicazione che potrebbe portare all'unificazione dei loro nemici. Le loro armi sono affilate, e le usano con abilità. Porteranno la battaglia sul mondo quando i loro interessi saranno minacciati, e la violenza che ne seguirà durerà fino a che la struttura della società come esiste attualmente sarà ridotta a un cumulo di macerie, e fino a che non ne emergerà una società nuova. Mi dispiace. Ma è così che io la vedo."
Quelle parole portarono di nuovo il gelo nella sala. Le speranze di Don Paulo svanirono, perché la profezia dava forma al probabile punto di vista dello studioso. Il Thon Taddeo conosceva le ambizioni militari del suo monarca. Aveva un'alternativa: approvarle, disapprovarle, o considerarle come fenomeni impersonali al di fuori del suo controllo, come un'inondazione, una carestia o un uragano.
Evidentemente, allora, le accettava come inevitabili… per evitare di dover formulare un giudizio morale "Vi sia sangue, ferro e pianto…"
Come poteva un uomo simile sfuggire alla propria coscienza e respingere la propria responsabilità… e così facilmente! tempestò fra sé l'abate.
Ma poi gli tornarono alla mente quelle parole. "Imperocché il Signore Iddio aveva permesso che gli uomini sapienti di quei tempi conoscessero i modi per cui il mondo medesimo poteva essere distrutto…"
E permetteva anche che loro conoscessero come poteva essere salvato, e come sempre, lasciava che fossero loro stessi a decidere. E forse avevano scelto come sceglie il Thon Taddeo. Si lavano le mani davanti alle moltitudini. Pensateci voi. Purché non venissero crocifissi loro stessi.
Ed erano stati crocifissi, comunque. Senza dignità. Sempre perché qualcuno, comunque, deve essere inchiodato e appeso alla croce, e se tu ne cadi, loro batteranno…
Vi fu un improvviso silenzio. Lo studioso aveva smesso di parlare.
L'abate batté le palpebre, guardò attraverso la sala. Metà della comunità stava guardando verso l'ingresso. In principio, i suoi occhi non riuscirono a distinguere nulla.
— Che c'è? — sussurrò a Gault.
— Un vecchio con la barba e uno scialle — sibilò Gault. — Sembra… No, lui non…
Don Paulo si alzò e avanzò verso l'orlo del podio, per fissare la forma, vagamente definita nelle ombre. Poi lo chiamò, sommessamente: — Benjamin?
La figura si agitò. Si strinse lo scialle attorno alle spalle magrissime e avanzò, lentamente, nella luce. Si fermò di nuovo, mormorando fra sé mentre si guardava intorno nella sala; poi il suo sguardo scoprì lo studioso dietro il leggio.
Appoggiandosi a un bastone nodoso, la vecchia apparizione avanzò lentamente verso il podio, senza distogliere gli occhi dall'uomo che vi stava dietro.
Il Thon Taddeo sembrò dapprima divertito e perplesso, ma quando si accorse che nessuno si muoveva o parlava, sembrò perdere colore, man mano che la decrepita visione gli si avvicinava. Il volto di quella barbuta antichità splendeva della speranzosa ferocia di qualche passione travolgente che gli bruciava dentro più furiosamente del principio della vita, che da molto tempo ormai avrebbe dovuto smorzarsi.
Si avvicinò al leggio, si fermò. I suoi occhi ammiccarono verso l'oratore sbalordito. La bocca gli tremò. Sorrise. Tese una mano tremante verso lo studioso. Il thon si ritrasse con uno sbuffo di repulsione.
L'eremita era agile. Balzò sul podio, schivò il leggio, e afferrò il braccio dello studioso.
— Che pazzia…
Benjamin accarezzò quel braccio, mentre fissava, pieno di speranza, gli occhi dello studioso.
Il suo viso si rannuvolò. Il bagliore degli occhi si spense. Lasciò cadere il braccio. Un grande sospiro uscì dai vecchi polmoni inariditi, mentre la speranza svaniva. Il sorriso eternamente saputo del Vecchio Ebreo della Montagna ritornò sul suo viso. Si rivolse alla comunità, tese le magre braccia, scrollò eloquentemente la spalle.
— Non è ancora Lui — disse, in tono acido, quindi si trascinò via.
Poi, vi fu ben scarsa formalità.
21
Fu durante la decima settimana della permanenza del Thon Taddeo che il messaggero portò le nere notizie. Il capo della dinastia regnante di Laredo aveva chiesto che le truppe texarkane venissero evacuate dal suo reame. Il Re era morto di veleno quella notte stessa, e fra gli Stati di Laredo e di Texarkana era stata proclamata la guerra. Sarebbe stata un guerra breve. Si poteva affermare con sicurezza che la guerra era finita il giorno dopo il suo inizio, e che adesso Hannegan controllava tutte le terre e tutti i popoli, dal Fiume Rosso al Rio Grande.
Fin qui, era tutto previsto: ma non erano state previste le notizie che l'accompagnavano.
Hannegan II, per Grazia di Dio Podestà, Viceré di Texarkana, Difensore della Fede, e Vaquero Supremo delle Pianure, dopo aver giudicato Monsignor Marcus Apollo colpevole di "tradimento" e di spionaggio, aveva ordinato che il Nunzio papale venisse impiccato e poi, quando era ancora vivo, tolto dal patibolo per essere squartato e spellato vivo, come esempio a chiunque altro volesse tentare di minare il potere del Podestà. Ridotta in pezzi, la carcassa dell'ecclesiastico era stata gettata ai cani.
Il messaggero ebbe appena bisogno di aggiungere che Texarkana era stata colpita da interdizione assoluta da un decreto papale che conteneva vaghe ma minacciose allusioni alla Regnans in Excelsis, una bolla del sedicesimo secolo che ordinava la deposizione di un monarca. Non vi era ancora notizia di contromisure da parte di Hannegan.