Литмир - Электронная Библиотека
A
A

— Se sono un po' brutale — disse il religioso — lo sono verso di voi, non verso la bambina. La bambina, come dite voi, non può capire. E voi, come avete detto, non vi lamentate. Di conseguenza…

— Di conseguenza mi chiedete di lasciarla morire lentamente e…

— No! Non ve lo chiedo. Come prete di Cristo io vi comando, per l'autorità di Dio Onnipotente, di non alzare la mano sulla vostra bambina, di non offrire la sua vita in sacrificio a un falso Dio di sbrigativa misericordia. Io non vi consiglio, vi scongiuro e vi comando in nome di Cristo Re. È chiaro?

Don Zerchi non aveva mai parlato con quel tono, prima d'allora, e la facilità con cui le parole gli venivano alle labbra sorpresero persino lui mentre continuava a guardarla, lei abbassò gli occhi. Per un momento, l'abate aveva temuto che la ragazza gli ridesse in faccia. Quando la Santa Chiesa faceva capire, di tanto in tanto, che considerava assoluta la propria autorità sulle nazioni, superiore all'autorità degli stati, gli uomini, in quei tempi tendevano a sghignazzare. Eppure l'autenticità del comando poteva ancora essere sentita da una ragazza amareggiata che aveva una figlia morente. Era stata una brutalità tentare di ragionare con lei, e gli dispiaceva. Un semplice comando diretto poteva ottenere ciò che non poteva la persuasione. Adesso aveva bisogno della voce dell'autorità, più di quanto avesse bisogno di persuasione. Lo poté capire dal modo in cui la ragazza aveva sussultato, sebbene lui avesse formulato il comando con tutta la dolcezza di cui la sua voce era capace.

Raggiunsero la città. Zerchi si fermò per impostare una lettera, si fermò alla chiesa di San Michele per parlare qualche minuto con Padre Selo del problema degli sfollati, si fermò alla Difesa Interna di Zona per prendere una copia delle ultime direttive in materia di difesa civile. Ogni volta che ritornava alla macchina, quasi si aspettava di non trovarvi più la ragazza, ma lei se ne stava tranquilla, stringendo la piccina e fissando distratta nel vuoto.

— Mi volete dire dove dovete andare, figliola? — le chiese, alla fine.

— In nessun posto. Ho cambiato idea.

L'abate sorrise — Ma avevate bisogno urgente di andare in città.

— Lasciate perdere, Padre. Ho cambiato idea.

— Bene, allora torneremo a casa. Perché non lasciate che le sorelle si prendano cura della bambina, per qualche giorno?

— Ci penserò.

La macchina accelerò, sull'autostrada, verso l'abbazia. Come si avvicinarono al campo della Stella Verde, l'abate poté vedere che qualcosa non andava. I picchettanti non stavano più marciando. Si erano raccolti in gruppo e stavano parlando agli agenti — o li ascoltavano — e a un terzo uomo che Zerchi non poté identificare. Diresse la macchina sulla corsia lenta. Uno dei novizi vide la macchina, la riconobbe, e cominciò ad agitare il cartello. Don Zerchi non aveva intenzione di fermarsi, poiché aveva a bordo la ragazza, ma uno degli agenti uscì sulla corsia del traffico lento e puntò la paletta verso i detector della macchina; l'autopilota reagì automaticamente e fermò il veicolo. L'agente fece cenno di portare la macchina sul ciglio della strada. Zerchi non poteva disobbedire. I due agenti si avvicinarono, annotarono il numero della patente e chiesero i documenti. Uno di loro guardò, incuriosito, la ragazza e la bambina, notò i biglietti rossi. L'altro fece un cenno in direzione della fila, ora immobile, dei picchettanti.

— Dunque siete voi che avete organizzato tutto, non è vero? — grugnì, rivolto all'abate. — Bene, quel signore dalla tunica bruna, laggiù, ha qualche notizia per voi. Credo che farete meglio ad ascoltarlo. — E indicò con il capo un tipo grassoccio che avanzava pomposamente verso di loro.

La bambina aveva ricominciato a piangere. La madre si agitava, irrequieta.

— Agenti, questa ragazza e questa bambina non stanno bene. Accetterò il processo, ma per favore, lasciateci ritornare all'abbazia. Poi ritornerò qui da solo.

L'agente guardò di nuovo la ragazza. — Signora?

Lei guardò verso il campo e alzò gli occhi verso la statua che torreggiava all'ingresso. — Io scendo qui — disse, con voce incolore.

— Sarà bene che scendiate, signora — disse l'agente guardando di nuovo i biglietti rossi.

— No! — Don Zerchi l'afferrò per il braccio. — Figliola, vi proibisco…

La mano dell'agente scattò per afferrare il polso del religioso. — Lasciatela andare! — scattò; poi, con voce sommessa: — Signora, siete affidata a lui o qualcosa di simile?

— No.

— E allora perché proibite alla signora di scendere? — domandò l'agente. — Abbiamo già perduto un po' la pazienza con voi, caro signore, e sarà meglio che…

Zerchi lo ignorò e parlò rapidamente alla ragazza. Lei scosse il capo.

— La piccina, allora. Lasciate che porti la piccina alle sorelle. Insisto…

— Signora, la bambina è vostra? — chiese l'agente. La ragazza era già scesa dalla macchina, ma Zerchi teneva ancora la bambina.

La ragazza annuì. — È mia.

— Quest'uomo l'ha tenuta prigioniera o qualcosa di simile?

— No.

— Cosa volete fare, signora?

Lei si fermò.

— Risalite in macchina — le disse Don Zerchi.

— Abbassate quel tono di voce, caro signore — abbaiò l'agente.

— Signora, cosa decidete per la bambina?

— Scendiamo qui, tutte e due — disse lei.

Zerchi sbatté la portiera e cercò di rimettere in moto la macchina, ma la mano dell'agente scattò dal finestrino, premette il pulsante CANCELLATO e tolse la chiavetta.

— Tentato rapimento? — brontolò un agente, rivolto all'altro.

— Forse — disse l'altro, e aprì la portiera. — Adesso lasciate andare la bambina!

— Perché venga assassinata qui? — chiese l'abate. — Dovrete usare la forza per riprenderla!

— Vai dall'altra parte della macchina, Fal.

— No!

— Adesso infila il bastone sotto l'ascella. Ecco, tira! Benissimo, signora, ecco la vostra piccina. No, credo che non riuscirete a portarla, con quelle grucce. Cors? Dov'è Cors? Ehi, dottore!

L'Abate Zerchi intravide un viso familiare che si avvicinava, in mezzo alla folla.

— Portate via la piccina mentre noi teniamo questo matto, vi spiace?

Il medico e il religioso si scambiarono un'occhiata silenziosa, poi la piccina fu tolta dalla macchina. Gli agenti lasciarono i polsi dell'abate. Uno di loro si girò e si trovò bloccato dai novizi con i cartelli levati. Interpretò i cartelli come armi potenziali, e la mano gli cadde sulla pistola.

— Indietro! — urlò.

Sconvolti, i novizi indietreggiarono.

— Scendete.

L'abate scese dalla macchina. Si trovò di fronte al grassoccio ufficiale giudiziario. Quest'ultimo gli batté su un braccio con una carta ripiegata. — Il tribunale mi chiede di leggervi e di spiegarvi la seguente ordinanza. Questa è la vostra copia. Gli agenti testimoniano che vi è stata consegnata, così non potrete opporre resistenza.

— Oh, date qua.

— Così va bene. Ora, il tribunale ordina quanto segue: "Poiché è stata presentata una lamentela, affermante che un grave turbamento dell'ordine pubblico è stato…"

— Buttate i cartelli in quel barile, laggiù — disse Zerchi ai novizi — a meno che qualcuno non faccia obiezione. Poi salite in macchina e aspettate. — Non prestò attenzione alla lettura ma si avvicinò agli agenti mentre l'ufficiale giudiziario lo seguiva, leggendo con voce monotona. — Sono in arresto?

— Ci stiamo pensando.

— "…e presentarsi davanti a questo tribunale nella data predetta per la causa, poiché una ingiunzione…"

— C'è qualche accusa particolare?

— Potremmo elevare quattro o cinque accuse, se volete.

Cors ritornò. La donna e la piccina erano state scortate nel campo. L'espressione del medico era seria, se non colpevole.

— Ascoltate, Padre — disse. — So cosa provate davanti a tutto questo, ma…

Il pugno dell'Abate Zerchi colpì il medico in pieno viso. Cors fu colto alla sprovvista, e cadde a sedere sul viottolo. Sembrava sbalordito. Tirò su con il naso un paio di volte. All'improvviso, cominciò a perdere sangue dal naso. I poliziotti avevano bloccato il religioso per le braccia.

80
{"b":"119625","o":1}