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Frate Francis ammise quella possibilità.

Leone XXI prese tra le mani avvizzite l'antica blueprint e la srotolò, cautamente. Studiò il disegno in silenzio per un certo tempo, poi: — Diteci, comprendete i simboli usati da Leibowitz? Il significato del… ehm… della cosa rappresentata?

— No, Santo Padre, la mia ignoranza è completa.

Il Papa si piegò verso di lui per sussurrare: — Anche la nostra. — Rise sommessamente, posò le labbra sulla reliquia come se baciasse un altare, poi tornò ad arrotolarla e la porse a un assistente. — Vi ringraziamo dal profondo del cuore per quei quindici anni, diletto figlio — aggiunse, rivolto a frate Francis. — Quegli anni furono spesi per salvare l'originale. Non pensate mai di averli sprecati. Offriteli a Dio. Un giorno il significato dell'originale potrà essere scoperto, e potrà rivelarsi importante. — Il vecchio batté le palpebre… o ammiccò? Francis era quasi convinto che il Papa gli avesse strizzato l'occhio. — E dovremo ringraziare voi, di questo.

La strizzata d'occhio, o quel battito di ciglia, sembrò mettere più chiaramente a fuoco lo sguardo del monaco. Per la prima volta, notò che nella veste del Papa c'era un buco fatto da una tarma. La veste era quasi lisa. Il tappeto nella sala delle udienze era logoro in molti punti; e in molti punti l'intonaco era caduto dal soffitto. Ma la dignità riusciva ad adombrare la povertà. Solo per un attimo, dopo la strizzata d'occhio, frate Francis notò quei segni di povertà. La distrazione fu passeggera.

— Per vostro mezzo, noi desideriamo mandare i nostri più calorosi complimenti a tutti i membri della vostra comunità e al vostro abate — stava dicendo Leone. — A loro, come a voi, noi desideriamo estendere la nostra apostolica benedizione. Vi daremo una lettera per loro annunciante la benedizione. — Fece una pausa, poi batté le palpebre — o strizzò l'occhio — di nuovo. — Incidentalmente, la lettera sarà salvaguardata. Vi faremo affliggere il Noli molestare, scomunicando chiunque molesti il latore.

Frate Francis mormorò il suo ringraziamento per quella garanzia contro i banditi; non gli parve opportuno aggiungere che il ladrone poteva essere incapace di leggere o di comprendere l'avvertimento.

— Farò del mio meglio per consegnarla, Santo Padre.

Di nuovo, Leone si piegò verso di lui per sussurrare: — E a voi, noi daremo uno speciale pegno del nostro affetto. Prima di partire, fate visita a Monsignor Aguerra. Preferiremmo consegnarvelo con le nostre mani, ma questo non è il momento opportuno. Il Monsignore ve lo darà per conto nostro. Fatene ciò che volete.

— Vi ringrazio profondamente, Santo Padre.

— E adesso addio, mio diletto figlio.

Il Pontefice proseguì, parlando a tutti i pellegrini della fila, e quando ebbe finito, impartì la benedizione solenne. L'udienza era conclusa.

Monsignor Aguerra toccò il braccio di frate Francis mentre il gruppo dei pellegrini varcava il portale. Abbracciò il monaco con affetto. Il postulatore della causa del Santo era tanto invecchiato che Francis lo riconobbe con difficoltà. Ma anche Francis si era fatto grigio alle tempie, e gli erano venute le rughe attorno agli occhi, poiché li aveva tenuti socchiusi per aguzzare la vista, al tavolo della copisteria.

Il monsignore gli porse un pacchetto e una lettera, mentre scendevano la scala coelestis.

Francis guardò l'indirizzo della lettera e annuì. Sul pacchetto, che portava il sigillo diplomatico, c'era scritto il suo nome. — Per me, Monsignore?

— Sì, è un dono personale del Santo Padre. È meglio non aprirlo qui. E adesso, posso fare qualcosa per te, prima che tu lasci Nuova Roma? Sarò lieto di mostrarti ciò che può esserti sfuggito.

Frate Francis rifletté brevemente. Era già stata una visita faticosa.

— Mi piacerebbe rivedere ancora una volta la basilica, Monsignore — disse finalmente.

— Sì, naturalmente. Ma questo è tutto?

Frate Francis fece un'altra pausa. Erano ormai rimasti indietro, rispetto agli altri pellegrini che se ne andavano. — Vorrei confessarmi — aggiunse, sottovoce.

— Niente di più facile — disse Aguerra, aggiungendo con un risolino: — Sei nella città più adatta, sai. Ecco, puoi ottenere l'assoluzione da tutto ciò che ti preoccupa. C'è qualche peccato mortale che possa richiedere l'attenzione del Papa?

Francis arrossì e scosse il capo.

— E il Penitenziere Maggiore, allora? Non soltanto ti assolverà, se sei pentito, ma ti toccherà anche la testa con la verga.

— Volevo dire… lo stavo chiedendo a voi, Monsignore — balbettò il monaco.

— Io? Perché io? Non sono una persona importante. Sei in una città piena di berretti rossi, e vuoi confessarti a Manfredo Aguerra!

— Perché… perché voi siete stato l'avvocato del nostro Patrono — spiegò il monaco.

— Oh, capisco. Naturalmente, ascolterò la tua confessione. Ma non posso assolverti in nome del tuo Patrono, sai. Dovrà essere come al solito in nome della Santissima Trinità. Ti andrà bene?

Francis aveva poco da confessare, ma il suo cuore era turbato da lungo tempo — a causa di ciò che gli aveva detto Don Arkos — dalla paura che la sua scoperta del rifugio avesse intralciato la causa del Santo. Il postulatore di Leibowitz lo ascoltò, lo consigliò, e l'assolse nella basilica, poi gli fece da guida nell'antica chiesa. Durante la cerimonia della canonizzazione e la Messa che ne era seguita, frate Francis aveva osservato soltanto lo splendore maestoso dell'edificio. Ora, il vecchio monsignore gli indicava i muri screpolati, i punti che avevano bisogno di restauro, e le condizioni vergognose di alcuni affreschi. Di nuovo vide uno spettacolo di povertà velato dalla dignità. La Chiesa non era ricca, in quei tempi.

Finalmente, Francis fu libero di aprire il pacchetto: conteneva una borsa. Nella borsa c'erano due heklos d'oro. Guardò Manfredo Aguerra. Il monsignore sorrise.

— Avevi detto che il ladrone ti aveva vinto la copia alluminata in una lotta, non è vero? — chiese Aguerra.

— Sì, Monsignore.

— Bene, allora, anche se vi sei stato costretto, hai scelto di batterti con lui per quella copia, non è così? Hai accettato la sua sfida?

Il monaco annuì.

— E allora non credo che faresti male se gliela ricomprassi. — Batté una mano sulla spalla del monaco e lo benedisse. Poi venne il momento di partire.

Il piccolo custode della fiamma della conoscenza si avviò a piedi verso l'abbazia. L'attendevano giorni e settimane di cammino, ma il suo cuore cantava mentre si avvicinava alla postazione del ladrone. Fatene ciò che volete, aveva detto dell'oro Papa Leone. Non solo questo, pensava ora il monaco; in aggiunta alla borsa, c'era una risposta alla domanda sarcastica del ladrone. Pensava ai libri nella sala delle udienze, che attendevano il risveglio.

Il ladrone, tuttavia, non era in attesa alla sua postazione come aveva sperato frate Francis. In quel punto c'erano alcune orme fresche, ma le orme andavano nella direzione opposta e non c'era traccia del ladrone. Il sole filtrava fra gli alberi, coprendo il suolo con l'ombra del fogliame. La foresta non era fitta, ma offriva molta ombra. Sedette accanto al sentiero, ad aspettare.

Una civetta ululò a mezzogiorno, dalla oscurità relativa del letto prosciugato di un fiume lontano. Le poiane tracciavano un cerchio azzurro, al di sopra delle cime degli alberi. Tutto sembrava pacifico, quel giorno, nella foresta. Mentre ascoltava assonnato i passeri che svolazzavano negli arbusti vicini, si accorse che non gli importava molto se il ladrone fosse giunto quel giorno o il giorno seguente. Il suo viaggio era così lungo, che non gli sarebbe dispiaciuto godere un giorno di riposo mentre aspettava. Rimase seduto, a osservare le poiane. Ogni tanto riabbassava lo sguardo sul sentiero che conduceva verso la sua casa lontana, nel deserto. Il ladrone aveva scelto un luogo eccellente per i suoi agguati. Da quel punto, si poteva scorgere più di un miglio di sentiero in ognuna delle due direzioni, pur rimanendo inosservati nel folto della foresta.

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