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— Omnes Sancti Martyres, orate pro nobis…

Quando la litania fu finita, Monsignor Manfredo Aguerra rivolse nuovamente la sua supplica al Papa, chiedendo che il nome di Isaac Edward Leibowitz fosse ufficialmente iscritto nel Calendario dei Santi. Di nuovo fu invocata la guida dello Spirito Santo, mentre il Papa intonava il Veni, Creator Spiritus.

E per la terza volta Manfredo Aguerra chiese la proclamazione. — Surgat ergo Petrus ipse…

E giunse il momento. Leone XXI intonò la decisione della Chiesa, presa sotto la guida dello Spirito Santo, proclamando il fatto che un antico e oscuro tecnico, di nome Leibowitz, era veramente un Santo in Cielo, e che la sua potente intercessione poteva, e legittimamente doveva, essere reverentemente implorata. Fu stabilito un giorno per una Messa in suo onore.

— San Leibowitz, intercedi per noi - mormorò frate Francis, insieme agli altri.

Dopo una breve preghiera, il coro esplose nel Te Deum. Dopo una Messa in onore del nuovo Santo, tutto fu finito.

Scortato da due sediari dalle livree scarlatte, il piccolo gruppo di pellegrini passò per una sequenza di corridoi e di anticamere in apparenza interminabile, fermandosi di tanto in tanto davanti all'ornato tavolo di qualche funzionario che esaminava le credenziali e apponeva la firma su un licet adire perché uno dei sediari lo consegnasse al funzionario seguente, il cui titolo diventava progressivamente più lungo e meno pronunciabile man mano che il corteo procedeva.

Frate Francis tremava. Fra i pellegrini c'erano due vescovi, un uomo vestito di ermellino e d'oro, il capo di un clan della gente della foresta, convertito, che tuttavia indossava ancora la tunica di pelle di pantera e il copricapo di pantera del suo totem tribale, un semplicione vestito di cuoio che portava sul polso un falco pellegrino incappucciato — evidentemente un dono per il Santo Padre — e parecchie donne, che sembravano tutte mogli o concubine — da quanto Francis poteva giudicare dal loro contegno — del capo "convertito" del clan degli uomini-pantera; o forse erano ex-concubine messe in disparte secondo il canone ma non secondo le usanze tribali.

Dopo aver salito la scala coelestis, i pellegrini furono accolti da un cameralis gestor che indossava vesti funeree, e ammessi nella piccola anticamera della grande sala concistoriale.

— Il Santo Padre li riceverà qui — disse sottovoce il lacchè di alto rango al sediario che portava le credenziali. Guardò i pellegrini con aria di disapprovazione, pensò Francis, poi sussurrò qualcosa al sediario. Il sediario arrossì e sussurrò qualcosa al capo del clan. Il capo del clan si accigliò, si tolse dal capo l'ornamento zannuto e ringhiante, e lo lasciò penzolare dalle spalle. Vi fu una breve discussione sulle precedenze, mentre Sua Suprema Untuosità, il lacchè, in toni così sommessi che sembravano di rimprovero, sistemava i suoi pezzi degli scacchi nella stanza, secondo qualche arcano protocollo apparentemente comprensibile soltanto ai sediari.

Il Papa non tardò molto. Il piccolo uomo vestito di bianco, circondato dal seguito, entrò nella sala delle udienze con passo spedito. Frate Francis si sentì colto dalle vertigini. Ricordò che Don Arkos aveva minacciato di scuoiarlo vivo se fosse svenuto durante l'udienza, e cercò di farsi animo.

La fila di pellegrini si inginocchiò. Il vecchio vestito di bianco li fece alzare, con dolcezza. Finalmente frate Francis trovò il coraggio di mettere a fuoco lo sguardo. Nella basilica, il Papa era stato soltanto un radiante punto bianco in un mare di colore. Gradualmente, qui nella sala delle udienze, frate Francis osservò, a distanza ravvicinata, che il Papa non era, come i favolosi nomadi, alto tre metri. Con grande sorpresa del monaco, il fragile vecchio, Padre dei Prìncipi e dei Re, Costruttore del Ponte sul Mondo, Vicario terreno di Cristo, sembrava molto meno terribile di Don Arkos, Abbas.

Il Papa avanzò lentamente lungo la fila dei pellegrini, salutandoli uno per uno, abbracciando uno dei vescovi, conversando con ognuno nel suo dialetto o attraverso un interprete, ridendo dell'espressione del monsignore al quale diede l'incarico di portare il rapace portato dal falconiere, e rivolgendosi al capo-clan con un peculiare gesto della mano e una parola che pareva un grugnito, tolta dal dialetto della foresta, che ispirò al capo vestito da pantera un improvviso sogghigno di piacere. Il Papa notò il copricapo pendente sulle spalle dell'uomo e si fermò per riaggiustarglielo sulla testa. Il petto del capo si gonfiò d'orgoglio; lanciò uno sguardo fiammeggiante attraverso la stanza, per guardare Sua Suprema Untuosità il lacchè, ma il funzionario sembrava scomparso nei pannelli di legno.

Il Papa si avvicinò a frate Francis.

Ecce Petrus Pontifex… Ecco Pietro, il pontefice. Leone XXI in persona, "che, solo Dio fece Principe su tutti i paesi e i regni, con la facoltà di sradicare, di abbattere, di distruggere, di annientare, di fondare e di costruire, affinché possa preservare un popolo di fedeli…".

Eppure sul viso di Leone il monaco vide una gentile mitezza che indicava come lui fosse degno del titolo, molto più sommesso di quello concesso a ogni principe o re, per cui lui era chiamato "servo dei servi di Dio".

Francis si inginocchiò prontamente per baciare l'Anello del Pescatore. Mentre si rialzava, si accorse di stringere dietro di sé la reliquia del Santo, come se si vergognasse di mostrarla. Gli occhi ambrati del Pontefice lo esortavano, gentilmente. Leone parlava sommessamente, secondo il tono curiale; una affettazione che gli pareva sgradita, ma che praticava per amore della tradizione mentre parlava con visitatori meno selvaggi del capo-pantera.

— Il nostro cuore è stato profondamente afflitto quando abbiamo udito della vostra sfortuna, diletto figlio. Un resoconto del vostro viaggio è giunto alle nostre orecchie. Per nostra richiesta voi veniste sin qui, ma mentre eravate in cammino foste aggredito dai ladroni. Non è vero?

— Sì, Santo Padre. Ma non è stata una cosa importante. Voglio dire… era importante, ma… — balbettò Francis.

Il vecchio vestito di bianco sorrise gentilmente. — Sappiamo che ci avevate portato un dono, e che vi fu rubato durante il viaggio. Non siate turbato per questo. La vostra presenza è un dono sufficiente per noi. Per lungo tempo abbiamo nutrito la speranza di incontrare in persona lo scopritore dei resti di Emily Leibowitz. Noi sappiamo anche del vostro lavoro all'abbazia. Per i Fratelli di San Leibowitz noi abbiamo sempre provato un ferventissimo affetto. Senza il vostro lavoro, l'amnesia del mondo sarebbe completa. Poiché la Chiesa, Mysticum Christi Corpus, è un Corpo, così il vostro Ordine è servito come un organo della memoria in quel Corpo. Noi dobbiamo molto al vostro santo Patrono e Fondatore. Le età future, forse, gli dovranno anche di più. Possiamo udire altri particolari del vostro viaggio, diletto figlio?

Frate Francis mostrò la blueprint. - Il ladrone fu abbastanza gentile da lasciarmi questo, Santo Padre. Lui… lui la scambiò per una copia del foglio alluminato che io intendevo portarvi in dono.

— E voi non correggeste il suo errore?

Frate Francis arrossì. — Mi vergogno di ammettere, Santo Padre…

— Dunque questa è la reliquia originale che trovaste nella cripta?

— Sì…

Il sorriso del Papa divenne arguto. — Quindi, allora… il bandito pensò che il tesoro fosse la vostra opera? Ah… persino un ladrone può avere un buon occhio per le opere d'arte, no? Monsignor Aguerra ci parlò della bellezza della vostra copia alluminata. È un peccato che sia stata rubata.

— Non era nulla, Santo Padre. Mi dispiace soltanto di avere sprecato quindici anni.

— Sprecato? Perché "sprecato"? Se il ladrone non fosse stato ingannato dalla bellezza della vostra copia avrebbe potuto prendere questa, non è vero?

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