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Non essendo un tipo troppo sveglio commise l’errore di scegliere la Banca di Marte per il suo furtarello. L’edificio aveva un’aria così antiquata e provinciale! Snim non aveva ancora imparato che solo le istituzioni più forti ed efficienti possono permettersi di apparire modeste e irrilevanti.

Snim entrò nella Banca, attraversò l’atrio affollato, si diresse alla fila di scrivanie di fronte agli sportelli dei cassieri, e rubò una manciata di moduli per depositi e una penna. Mentre usciva dalla Banca, Fred Deal fece un lieve cenno ai suoi uomini, poi indicò Snim che stava scomparendo oltre la porta d’ingresso.

Ignaro, Snim s’appostò fuori della Banca, osservando attentamente gli sportelli. Un onesto cittadino stava ritirando una grossa somma allo sportello z. Era il pesce che ci voleva per lui. Snim si tolse rapidamente la giacca, si rimboccò le maniche e si mise la penna dietro l’orecchio. Mentre il pesce usciva dalla Banca tutto intento a contare il suo denaro, Snim gli scivolò dietro, e gli batté improvvisamente un colpetto sulla spalla: — Scusatemi, signore — disse in fretta — sono dello sportello Z. Temo che il nostro cassiere si sia sbagliato e vi abbia dato meno denaro di quel che vi spetta. Volete ritornare un momento per regolare la situazione, prego?

Snim agitò il suo fascio di moduli, strappò il denaro dalle mani del tipo e si voltò per rientrare nella Banca. Mentre il cittadino attonito lo seguiva, Snim si confuse fra la folla puntando verso un’uscita laterale.

Fu in quel momento che una mano vigorosa abbrancò Snim per il collo, e lui si trovò improvvisamente faccia a faccia con uno dei sorveglianti della Banca. In un solo caotico istante Snim contemplò lotta, fuga, corruzione, implorazione, manicomio, quella cagna di Chooka Frood e la fantomatica ragazza dai capelli di stoppa, il suo pianino tascabile e un tale a nome Streen che ora ne era venuto in possesso. Poi crollò e scoppiò in lacrime. Il sorvegliante lo affibbiò a un altro individuo in uniforme gridando: — Tenetelo ragazzi. Ho fatto un gran bel colpo!

— C’è forse da cavar qualcosa da questo merlo, Fred?

— Non da lui. Da quel che ha in testa. Mi metto subito in comunicazione con la Lega.

Quasi nello stesso istante, nel tardo pomeriggio di quel venerdì, Reich e Powell ricevettero la medesima informazione: Ragazza rispondente ai connotati di Barbara D’Courtney è reperibile presso la chiromante Chooka Frood, Bastion West Side numero 99.

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Ultima famosa roccaforte dell’assedio di New York, Bastion West Side era un ricordo di guerra.

I suoi dieci acri sconvolti dovevano rimanere tali perennemente a denunciare la follia che aveva provocato l’ultima guerra. Ma l’ultima guerra, come al solito, aveva mostrato di essere solo la penultima. Comunque, Bastion West Side era un ricordo di guerra. Il numero 99 era una fabbrica di ceramiche in rovina. Una serie di violente esplosioni si era verificata nel magazzino degli smalti e li aveva fusi formando una specie di arido e variopinto cratere lunare. Qui sorgeva la cosiddetta Casa Arcobaleno di Chooka Frood.

I piani superiori erano stati ripartiti e suddivisi in una serie di stanzucce che la facevano sembrare una conigliera, così intricata e labirintica, che un uomo inseguito poteva sgusciare dall’una all’altra agevolmente e rompere il più impenetrabile accerchiamento. Da questa complicata costruzione Chooka traeva ogni anno lauti guadagni.

I piani inferiori erano occupati dalla famosa Taverna e Fumeria d’oppio di Chooka.

Ma era la cantina dell’edificio che aveva permesso a Chooka Frood l’industria più lucrosa. Ci si arrivava infilandosi in un dedalo di viuzze tortuose, finché si scorgeva la striscia arancione che indicava la porta della Casa Arcobaleno di Chooka. Alla porta vi si faceva incontro un tipo ridicolmente solenne, nel classico costume del XX secolo, che vi chiedeva: — Taverna o Ventura? — Se rispondevate: — Ventura — vi conduceva dinanzi a una porta che pareva la pietra di un sepolcro dove, dopo essere stato costretto a pagare una somma enorme, vi mettevano in mano una torcia al fosforo. Tenendo alta la torcia, discendevate per una ripida scaletta di pietra. Disposti lungo le pareti della cantina c’erano sedili di pietra dove sedevano altri neofiti, ciascuno con la sua torcia. Lì il bagliore della vostra torcia si univa alla costellazione delle altre, finché si udiva l’acuto tintinnio di un campanello d’argento.

Avviluppata nelle note di una musica di fuoco, Chooka Frood faceva il suo ingresso nella cantina e si avviava a passi maestosi verso il centro della camera.

Quel giorno Powell fissò il naso a patata di Chooka, i suoi occhi senza espressione. Può darsi che sappia fingere bene, pensò.

Chooka si fermò nel mezzo della stanza, poi alzò le braccia in quello che doveva essere un gesto mistico.

Non sa fingere, decise tra sé Powell.

— Sono venuta a voi — cominciò Chooka con voce profonda — per aiutarvi a guardare nel profondo dei vostri cuori. Frugate nel fondo dei vostri cuori, voi che aspettate di vendicarvi di un certo Zerlan, abitante di Marte… voi che desiderate l’amore di una donna dagli occhi rossi venuta da Callisto… o le sostanze di quell’avaro di vostro zio che abita a Parigi…

Maledizione! Questa donna è una telespia!

Chooka si irrigidì. Spalancò la bocca dallo stupore.

Ricevete il mio messaggio, vero Chooka Frood?

La risposta giunse in frammenti spauriti. Era ovvio che la facoltà naturale di Chooka Frood non era mai stata coltivata. Chi? Ma chi siete… voi? Con la pazienza con cui avrebbe comunicato con un bambino di terzo grado, Powell sillabò: Nome — Preston Powell. Professione — Ispettore di Polizia. Scopo della mia venuta: interrogare una ragazza a nome Barbara D’Courtney. Ho sentito dire che ve ne servite in questa vostra commedia. Powell le trasmetté l’immagine della ragazza.

Fu patetico il modo con cui Chooka tentò di opporre resistenza.

Maledetta telespia. Andatevene.

Anche voi siete una maledetta telespia. Perché non siete venuta da noi a farvi istruire? Che genere di vita è questa per voi? C’è un vero lavoro che vi aspetta.

Con del vero denaro?

Powell represse a fatica l’ondata di esasperazione che lo aveva invaso.

Parleremo di questo più tardi, Chooka. Dov’è la ragazza?

Non ci sono ragazze.

Leggo nella mente dei clienti seduti qui accanto a me. Quel vecchio caprone ossessionato dalla donna dagli occhi rossi. Powell ne captò delicatamente il pensiero. È già stato qui. Aspetta che arrivi Barbara D’Courtney. Voi la vestite di raso laminato d’argento. La conducete qui dopo circa mezz’ora. A lui piace il suo aspetto. Lei cade in trance al suono delle vostre musiche.

Siete pazzo!

È la donna che è stata ingannata da quello Zelan? Ha visto spesso la ragazza, crede in lei. Dov’è la ragazza, Chooka?

No!

Vedo. Di sopra. Ma dove esattamente Chooka? Non potete fuorviare un primo grado. Forse se vi lasciate educare dalla Lega… Quarta stanza a sinistra; dopo l’angolo formato dal corridoio. Avete un impenetrabile labirinto lassù, Chooka. Lasciate che lo capti ancora una volta per essere ben sicuro…

Confusa e mortificata Chooka gridò: — Fuori di qui sporco poliziotto!

— Scusatemi vi prego — disse Powell. — Faccio il mio mestiere. — Si alzò e uscì dalla stanza.

Questa brillante indagine ebbe luogo in quel minuto secondo che ci volle perché Reich discendesse dal diciottesimo al diciannovesimo gradino che conduceva alla cantina di Chooka Frood. Reich udì il grido di rabbia di Chooka e la risposa di Powell. Si voltò di scatto e rifece di corsa gli scalini fino al piano terreno. Passando di corsa davanti al sorvegliante gli gettò in mano una sovrana e gli sibilò: — Mai stato qui, capito?

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