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— Nessuno è mai stato qui, signore.

Percorse rapidamente i vari locali della Taverna. Paura, Tensione, Ansietà cominciano già. Scivolò rapido tra le ragazze e altra gente che tentava di trattenerlo, poi si rinchiuse in una cabina telefonica, compose il numero di BD 12232. Il viso di Church gli apparve sullo schermo.

— È un bel pasticcio. C’è qui Powell.

— Oh, Dio mio!

— Dove diavolo è Quizzard?

— Pensavo che fosse lì.

— Powell era nella cantina, ha captato tutto da Chooka. Puoi scommettere che Quizzard non c’era. Dove diavolo era?

— Non lo so, Ben, È sceso con sua moglie e…

— Powell deve aver scoperto dov’è la ragazza. Forse ho solo cinque minuti per arrivare primo. Quizzard avrebbe dovuto pensarci.

— Deve essere di sopra, nello sgabuzzino.

— C’è un modo rapido per salirvi? Una scorciatoia che io possa usare per arrivar primo?

— Se Powell ha teleanalizzato Chooka, ha captato anche la scorciatoia.

— Non è detto. Forse si è concentrato solo sulla ragazza. È bene che io tenti.

— Dietro la scalinata centrale. C’è un bassorilievo di marmo. Fa ruotare a destra la testa della donna scolpita. Vedrai che le figure si staccano l’una dall’altra e troverai l’ingresso di un ascensore pneumatico.

Reich appese il ricevitore. Uscì dalla cabina, trovò il bassorilievo, fece ruotare con furia selvaggia la testa della donna e attese che il blocco di marmo si fendesse. Apparve una porta d’acciaio. La spalancò e si precipitò dentro l’apertura. Istantaneamente una lastra di metallo gli si attaccò alle suole, e in un sibilo d’aria compressa Reich fu sollevato fino al piano superiore. Per effetto magnetico la lastra rimase immobile mentre lui apriva la porta e balzava fuori dall’ascensore.

— Quizzard! — urlò Reich.

Nessuna risposta.

Reich percorse metà del corridoio, poi, a caso, infilò una porta.

— Quizzard! — urlò ancora.

Si udì una risposta soffocata. Reich girò sui tacchi, corse a un’altra porta e la aprì. Una donna dagli occhi rossi per effetto di un intervento di chirurgia estetica gli sbarrò il cammino, e Reich le andò a finire contro. Lei scoppiò in una inesplicabile risata. Reich arretrò, fece per riaprire la porta da cui era entrato; ma sbagliò ed evidentemente afferrò la maniglia di un’altra perché non si trovò più nel corridoio.

Dinanzi a lui stava ora il viso adirato di Chooka Frood.

— Che cosa diavolo state facendo nella mia camera? — strillò Chooka.

Reich si raddrizzò: — Dov’è?

— Uscite di qui, Ben Reich.

— Dov’è Barbara D’Courtney?

Chooka girò la testa e chiamò: — Magda!

La donna dagli occhi rossi teneva in mano un disgregatore psichico e stava ancora ridendo.

— Voglio la ragazza, Chooka, prima che Powell se la prenda.

— Caccialo fuori di qui, Magda!

Reich colpi la donna. Lei cadde indietro, abbandonando l’arma e continuando a ridere. Reich la ignorò. Raccolse l’arma e la puntò alla tempia di Chooka.

— Dov’è la ragazza?

— Andate all’inferno!

Reich fece scattare la leva nella prima posizione. La radiazione che si produsse caricò il sistema nervoso di Chooka di una corrente indotta a bassa frequenza. Lei si irrigidì e cominciò a tremare ma continuò a scuotere la testa. Reich mise l’arma in seconda posizione. Il corpo di Chooka fu scosso da un sussulto febbrile.

— La terza posizione vuol dire morte — ringhiò. — Dov’è?

Chooka era quasi completamente paralizzata: — Fuori dalla porta — rantolò. — Quarta stanza a sinistra… dopo il gomito del corridoio.

Reich non si curò più di lei, lasciando che si afflosciasse al suolo accanto alla donna dagli occhi rossi, sempre scossa dal riso. Uscì dalla camera da letto, svoltò rapidamente, si fermò davanti alla quarta camera a sinistra. Spalancò la porta ed entrò. Un letto vuoto, un cassettone, un armadietto vuoto, e una sola sedia.

— Truffato — sbuffò.

Il letto era intatto. Tirò un cassetto semiaperto. Trovò un vestito di seta bianca e un oggetto d’acciaio brunito che pareva un fiore malefico. L’arma del delitto!

— Dio mio! — mormorò Reich col respiro serrato. Afferrò l’arma e l’esaminò. Gli scomparti contenevano ancora i bossoli vuoti. Quello che aveva sfondato il cranio di Craye D’Courtney era ancora al suo posto, sotto il percussore.

— Non è ancora la rovina — mormorò Reich. Ripiegò il revolver e se lo mise in tasca. In quel momento udì il suono di una risata. La risata di Quizzard.

Reich si diresse rapidamente verso una scala a chiocciola, e seguendo quel suono raggiunse una porta imbottita, montata su cardini di bronzo. Impugnando il disgregatore, pronto a farlo scattare sulla posizione di morte, Reich spalancò la porta.

Si trovò in una cameretta rotonda, dal soffitto di velluto nero. Il pavimento era trasparente. Era la stanza dove Chooka praticava la sua arte di chiromante.

Nella saletta sotto quel locale, Quizzard sedeva in una poltrona, gli occhi ciechi balenanti. La ragazza D’Courtney era seduta sulle sue ginocchia con addosso una strana gonna a liste laminate d’argento, evidentemente il costume che Chooka le faceva indossare. Sedeva immobile, i biondi capelli lisci, i profondi occhi neri placidamente fissi nel vuoto.

— Che aspetto ha? — chiese Quizzard a una donnina appassita che se ne stava appoggiata col dorso contro la parete e un’indicibile espressione d’agonia dipinta sul viso. Era la moglie di Quizzard.

— Sperduto — rispose sua moglie con voce fioca. — Come fosse morta.

— Ma non è morta.

— È inconscia di ciò che sta accadendo intorno a lei.

— Se solo potessi vedere! — urlò Quizzard.

— Io vedo per te Keno.

— Allora guarda per me!

Reich lanciò un’imprecazione e puntò il disgregatore contro la testa di Quizzard. Poi Powell entrò nel budoir. La donna lo vide subito.

— Corri, Keno! Fuggi!

Si staccò dalla parete lanciandosi verso Powell con le mani stese per colpirlo agli occhi. Poi cadde supina e non si mosse più. Quando Quizzard si alzò dalla sedia con la ragazza tra le braccia, gli occhi ciechi dilatati, Reich giunse alla spaventosa conclusione che la caduta della donna non era accidentale; perché anche Quizzard si afflosciò improvvisamente al suolo.

Non c’era dubbio che Powell aveva messo in atto chissà quali poteri telepatici, e per la prima volta nel corso della sua lotta con lui, Reich sentì un senso di paura fisica. Puntò di nuovo l’arma, questa volta al capo di Powell mentre la telespia si avvicinava alla sedia.

Powell disse: — Tutto bene, signorina D’Courtney? — Poiché la ragazza non rispondeva, si curvò a fissare quel suo viso tranquillo e inespressivo. Le toccò un braccio e ripeté: — Tutto bene? Avete bisogno di aiuto?

Alla parola aiuto la ragazza si drizzò, come tendesse l’orecchio a qualcosa. Poi balzò in piedi, oltrepassò di corsa Powell, seguendo una linea retta, si fermò di colpo tendendo una mano come ad afferrare una maniglia. Aprì una porta immaginaria e fece il gesto di precipitarsi fuori di scatto, i biondi capelli ondeggianti, gli scuri occhi atterriti…

— Papà! — gridò. — In nome di Dio, papà!

Corse avanti, si arrestò di scatto e indietreggiò. Fece un balzo a sinistra, si fermò di nuovo lottando con immaginarie braccia che cercassero di trattenerla. Lottò e urlò, gli occhi sempre fissi, poi s’irrigidì e si portò le mani alle orecchie come se un violento rumore le avesse percosse. Cadde sulle ginocchia e si trascinò in avanti, carponi. Poi si fermò, fece l’atto di afferrare qualcosa sul pavimento, rimanendo accoccolata.

Reich comprese che la ragazza stava rivivendo la scena della morte di suo padre. L’aveva rivissuta dinanzi a Powell. E se lui avesse captato i suoi pensieri in quel momento…

Powell si accostò alla ragazza e la sollevò. La circondò con le braccia e la guidò verso la porta.

Reich lo seguì con l’arma spianata, aspettando il momento più opportuno per non sbagliare la mira. Di lassù, era invisibile. Poteva con un sol colpo mettersi per sempre al sicuro. Powell spalancò la porta, poi improvvisamente alzò lo sguardo.

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