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Alfred Bester

L’uomo disintegrato

PARTE PRIMA

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Nella inconcepibile finitezza dell’universo non vi è nulla di nuovo, nulla di differente. È una questione di statistica e ciò che appare eccezionale alla mente ristretta dell’uomo appare invece inevitabile all’infinito Occhio Cosmico. Quel che sembra un fatto unico può essere un luogo comune. Questo strano momento che coglie tutti nella vita, questo avvenimento inconsueto, queste impressionanti coincidenze di luogo, di possibilità, di corsi e ricorsi, tutto questo si può ripetere con esattezza e precisione straordinarie, più e più volte sul pianeta di un sistema solare della Galassia che compie un solo movimento di rotazione ogni duecento milioni di anni e ne ha compiuti finora già nove. Vi sono stati mondi e culture a non finire, ognuno forse sedotto dall’illusione orgogliosa di essere unico, insostituibile, irriproducibile. Ci sono stati uomini, a non finire, malati della stessa forma di megalomania da cui anche intere nazioni e mondi interi sono affetti. Ce ne saranno altri e altri ancora. Un’infinità. Questa è la storia di uno di questi uomini: l’Uomo Disintegrato.

Nel gennaio del 2013 sulla coppia solare n. 3 (perché l’Occhio Cosmico vede la Terra e la Luna come un sistema binario), Edward Turnbul, studente del Coates Teachers College, decise di approfondire, quale argomento della sua tesi di laurea, l’enigma dell’isteresi magnetica. Le variazioni di Reamur sulle equazioni post-mortem di Einstein avevano messo in luce un paradosso che nessuno si era preoccupato di analizzare. Le ricerche in campo atomico l’avevano trascurato; e a che servono i vicoli ciechi della scienza se non a offrire un’innocua occupazione agli studenti universitari? Turnbul studiò generalmente il tratto originale, diede un’occhiata a un paio di pubblicazioni minori sull’argomento e poi si divertì a fare lo sperimentatore.

Eccovi il quadro: un giovane serio, grasso, pallido, incredibilmente noioso. Un magnete è il suo amore; le radiazioni di un Duplexor x-27 sono i suoi amplessi coniugali. A mezzanotte il nostro giovane si diverte e prova la sublimazione di tutti i suoi guai nell’eccitante incertezza dell’esperimento. Riuscirà? E lui potrà davvero sfruttarlo commercialmente, guadagnare milioni di dollari, conquistare tutte le donne con questa incontestabile prova della sua virilità?

Turnbul apre l’involto dei panini imbottiti, ne addenta uno, poi fa passare la corrente. L’esperimento è riuscito. Trentadue libbre di macchinari e un litro di etere dimetilmetilico volano dal banco al soffitto con improvviso fragore. Turnbul ha scoperto qualcosa che gli scienziati di un secolo prima avevano, guarda caso, ignorato: l’antigravità. Fatto unico? No, inevitabile. La statistica dichiarava inevitabili tali avvenimenti.

Dimenticate Turnbul. Non è il protagonista di questa storia. Se vi identificate in lui vi perderete nel corso di questa vicenda come Turnbul si è sperduto nell’instabile trama che produrrà l’Uomo Disintegrato. Turnbul prese il suo brevetto, poi fu citato in giudizio. Si batté per quindici anni nelle aule dei tribunali, difeso da un mediocre avvocato, e perdette il brevetto. A quell’epoca Turnbul si era fatto conoscere abbastanza da ottenere una cattedra di professore al suo Istituto. Sposò una bibliotecaria, educò i propri figli, e coninuò a scorrere avidamente ogni nuovo testo, ritenendosi soddisfatto se in qualche nota o appendice gli si attribuiva la paternità dell’antigravità o nulgee.

Nel settembre del 2110 la moglie di Galen Gart morì. Era una donna alta, appariscente, di carattere chiuso, e Gart l’aveva amata profondamente e per trent’anni. Erano stati una coppia felice, e nel corso della loro unione erano venuti ad assomigliare sempre più l’uno all’altra, come spesso accade alle coppie. Era difficile distinguere la loro calligrafia, le loro voci, le loro battute.

— Pensiamo sempre allo stesso modo — era solito dire Gart. — Normalmente le rispondo prima di rendermi conto che non ha avuto il tempo di esprimermi il suo pensiero. — E dopo la sua morte disse: — Che senso c’è a continuare così? Eravamo un corpo e un’anima sola. Non avevamo bisogno di tante parole. Con chi altro potrei giungere a tale intimità? — Ma a cinquant’anni Galen Gart, inconsolabile, prematuramente invecchiato, conobbe un’eccitante ragazza di venti, con un busto stupendo, la pelle di seta, l’infantile nomignolo di Duffi, e sei mesi dopo il funerale la sposò.

Non sei poi così vecchio al buio.

— Whow, Duffi — esclamò Gart. — Che cose piacevoli dici!

— Ma non ho parlato. — Ed era vero.

Ci volle un anno perché Gart si accorgesse che era lui a non aver bisogno che gli altri parlassero. Divenne la sua specialità, il suo giochetto di società, la sua bizzarria.

Così questo è il famoso Galen Gart. Sa leggere il pensiero, eh? Impossibile. Tutti trucchi. A me non la fa. A leggere i miei pensieri non ci riesce.

— Ma sì che ci riesco, cara signora.

— Io non ho detto niente. Ho soltanto…

— Ehi, sentite! Gart c’è riuscito ancora una volta.

— Guardate come arrossisce lei.

— Che cosa sta pensando, Gart?

— La signora — sorrise Gart — sta pensando che io rido di lei. Arrossisce perché le sto dicendo che l’ammiro. Ha una delle più belle menti in cui mi sia imbattuto.

Risate generali.

Risate generali accoglievano il rivelarsi della strana facoltà di Gart, quando lui, gentile, educato, cortese si esibiva nel suo giochetto di società. Ma tale caratteristica era una qualità recessiva, che si rivelò appieno in suo figlio.

Nessuno rise quando quella piccola bestia amorale di Galen junior (tutti i bambini lo sono un po’) scoprì di aver ereditato la facoltà di percezione extrasensoriale e cominciò a usarla brutalmente. Il giovane Galen mutò le risate in lacrime, e si scrissero parecchi libri intorno alla sua triste carriera criminale che si concluse con la sua morte violenta. E Galen Gart junior, ricattatore, consigliere fraudolento e ladro, aiutò a produrre l’Uomo Disintegrato.

Il lotto di terreno in vendita nei pressi di Sheridan Place trovò un acquirente, e il Club dello Spazio fu costretto a trasferire la sede della lotteria, con relativi premi, a Brooklyn. Il barometro costituito da un razzo in miniatura inserito a metà di una colonna illuminata per graduare la quale c’erano voluti migliaia di dollari, e che era di proprietà dei soci, fu lasciato dov’era. Sul terreno sorse un isolato di grandi magazzini sperimentali, costruiti senza tetto e senza mura, protetti dalle intemperie, e dagli eventuali ladri, da un nuovo sistema difensivo detto Protezione Donaldson, una sorgente invisibile di radiazioni che, quando era umido, scintillava con il balenio fluorescente dell’olio sull’acqua.

Il negozio centrale, accanto all’ingresso della Stazione Pneumatica, venne affittato, con un contratto valido per 99 anni, da Wilson Winter, un artista di tendenze ambigue che acquistò una partita di libri vecchi in omaggio alla letteratura, e si diede a esercitare un proprio commercio di opere scandalose in omaggio alla propria borsa. Fra le anticaglie senza valore figurava Giochi di società di Nita Noyes. Il libro rimase a coprirsi di polvere sullo scaffale finché non fu acquistato dall’Uomo Disintegrato.

Platon Quin, giovane e brillante produttore di un nuovo genere di spettacolo noto con il nome di Panty, attribuisce il suo straordinario successo all’estrema attenzione con cui cura ogni minimo particolare. In un’intervista esclusiva con il nostro inviato ha detto: "La gente dimentica che Panty è solo una contrazione che significa Pantografo delle Emozioni. Quando cinquemila persone si riuniscono in un teatro per assistere a un Panty non si può farle fremere di odio, di amore, di orrore, non si possono raffigurare al vero questi sentimenti se non si curano i minimi particolari dell’elemento passione. Troppi produttori pensano che il Panty sia un fatto tridimensionale: vista, suono e sensazione. Per me i Panty sono quadrimensionali e la mia quarta dimensione è il realismo. Ogni scena, ogni costume, ogni brandello di stoffa, ogni pezzo di metallo, di porcellana, di materia plastica, e così via, nelle mie produzioni è autentico. E il pubblico lo sente. Guardate per esempio questo".

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