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Non aveva le caratteristiche di un radar, soprattutto se le sonde si trovavano in orbita ed erano mimetizzate. Il monitoraggio visivo era oltre le sue possibilità. Però poteva individuare un flusso di dati con una sorgente terrestre entro un raggio di un chilometro e mezzo. Se erano impiantati dei trasmettitori di qualsiasi tipo che monitoravano l’accampamento, li avrebbe trovati solo spostando il terminale in vari punti del bosco. A meno che le potenziali sonde nascoste non trovassero prima lei e smettessero di inviare segnali.

Durante la terza notte, lo trovò: un flusso di dati costante, fortemente criptato, proveniente da una fonte all’interno di un pino a quaranta metri di distanza dall’edificio della tribù. Mostrava una chiara scansione del terreno di alimentazione. Lizzie non era certa di cosa fossero quei dati: non era in grado di inserirsi nel flusso e quello, di per sé, le mise addosso una gran paura.

Ma anche se non era riuscita a decifrare il codice, e ci aveva provato, poteva determinare dove andasse a finire il flusso di dati. Veniva trasmesso verso il cielo, verso un satellite in orbita. Da lì, la sua destinazione era così confusa da risultare ignota. Ma non per Lizzie. Per lei i dati di collegamento erano una vecchia conoscenza.

Lavorò al problema per una mattinata intera, mentre una calda pioggia picchiava sul tetto e lei sentiva il cuore straziarsi dal desiderio di abbracciare Dirk. Alla fine, come aveva immaginato, riuscì a inserirsi nella trasmissione dati.

Restò a bocca aperta e si guardò attorno impaurita, anche se, ovviamente, non c’era nessuno in vista. Quindi, col cuore che le batteva come quello di Dirk quando lei lo allontanava dai suoi blocchi, spense l’intero sistema. Chiuse e sigillò perfino il terminale Jansen-Sagura. Seduta a gambe incrociate, fissò il vuoto, cercò di riflettere sulle implicazioni, i significati e le difese. Non ci riuscì.

Le osservazioni riguardanti la sua tribù venivano effettivamente trasmesse in orbita. Al Rifugio.

— Devo trovare il dottor Aranow — confidò Lizzie a Billy Washington, perché doveva pure dirlo a qualcuno. Aveva trovato Billy dove si recava sempre nel primo pomeriggio, a pescare al ruscello.

— No, meglio che te ne resti qui, tu — rispose Billy, ma con minore convinzione di quella che avrebbe avuto Annie. "Differenze biochimiche individuali" aveva detto il dottor Aranow. Le persone reagivano in maniera diversa, a volte molto diversa, a qualsiasi farmaco.

— Non posso rimanere qui, Billy. "Devo" trovare il dottor Aranow e Vicki.

— Parla più forte, tu. Non riesco quasi a sentirti.

— No, non parlerò più forte, Billy. — Il monitor si trovava a trecento metri di distanza, ma Lizzie non voleva correre rischi. — Come posso arrivare all’Enclave di Manhattan Est?

— Manhattan? Non puoi, tu. Lo sai bene.

— Non ci credo. Tu sai molte più cose di quante ne vuoi dire, Billy. Hai sempre parlato con gli estranei, prima che ci sistemassimo qui per l’inverno. — Notò un barlume di allarme scintillargli negli occhi alla sola menzione della parola estranei. — La ferrovia a gravità non funziona, ho già controllato, ma deve esserci un altro modo!

Qualcosa strattonò la lenza. Billy la tirò fuori dal ruscello ma la lenza era vuota e l’esca era scomparsa. Infilò un nuovo verme sull’amo. — Adesso hai un bambino, Lizzie. Non è cosa per te andare in posti pericolosi quando hai il piccolo Dirk da curare, tu.

— Come posso raggiungere Manhattan Est?

— Non puoi, tu.

Anche prima del neurofarmaco, Billy era stato un testardo.

Visto che Lizzie non riprese a parlare, alla fine il vecchio disse: — Se devi proprio parlare col dottor Aranow, tu, lo puoi chiamare.

— Non posso.

— Perché?

"Perché tutto quello che viene trasmesso da quel terminale è captato dal Rifugio." Non poteva dirlo. A Billy, il Billy colpito dal neurofarmaco, sarebbe venuto un infarto. — Non posso e basta, Billy. Non farmi altre domande.

Ancora una volta l’uomo apparve allarmato. Billy tirò su la lenza, anche se non c’erano stati strattoni e guardò il verme. Quindi fece ricadere in acqua la lenza.

— Billy, so che lo sai. Come posso arrivare a Manhattan Est?

— Non sono cose per te nemmeno…

— Come?

Un leggero strato di sudore si formò sulla superficie delle guance di Billy. Lizzie cercò di trattenere la propria impazienza. A quel punto, Annie sarebbe stata presa ormai da una vera e propria crisi di panico. Sarebbe accaduto anche a Shockey, quello che un tempo era stato uno smargiasso e un gradasso. Differenze chimiche individuali.

Alla fine Billy disse: — L’autunno scorso un uomo mi ha raccontato che i binari della ferrovia a gravità a est del fiume portano direttamente a Manhattan Est. Non puoi superare lo scudo dell’Enclave, Lizzie. Questo lo sai, tu!

— Quale fiume? Dove?

— Quale fiume? Noi ne abbiamo uno solo, noi. Questo ruscello qui ci si butta dentro.

Ne abbiamo uno solo. Quello che non esisteva nel mondo di Billy dal momento dell’assunzione del neurofarmaco non esisteva e basta. Eppure, un tempo, lui era stato forse l’unico all’accampamento a esplorare zone più ampie.

— Quanti giorni di cammino sono? — chiese Lizzie.

Lui cominciò a farsi prendere dal panico. Le appoggiò una mano tremante sul braccio. — Lizzie, non puoi andare, tu! È troppo pericoloso, una ragazzina da sola, e inoltre hai Dirk…

Il respiro dell’uomo accelerò. All’improvviso Lizzie ricordò come era stato Billy quando lei era bambina, prima del Cambiamento, quando il suo cuore era stato vecchio e stanco. Gli sarebbero venute le vertigini e avrebbe ansimato, proprio come in quel momento. Lizzie si sentì pervadere da un sentimento di amore, compassione ed esasperazione. — D’accordo, Billy, d’accordo.

— Promettimi… promettimi che non andrai… da sola, tu!

— Lo prometto — disse Lizzie. Be’, non sarebbe andata da sola. Avrebbe portato con sé il terminale e lo scudo personale che le aveva lasciato Vicki.

— Va bene — concesse Billy. Il respiro si tranquillizzò. Si era sempre fidato della parola di lei. Nel giro di qualche minuto era di nuovo intento a pescare.

Lizzie lo osservò. I suoi occhi scuri, allertati nel volto smunto, fissavano l’acqua. Aveva tolto il cappello e la testa quasi pelata, circondata da riccioli grigi sopra le orecchie, poteva assorbire la dolce luce del sole. Il cappello era appeso a un ramo di un albero. Ogni giorno, in quel momento, prendeva la decisione se tenere il capello in testa o toglierlo. Ogni giorno sistemava il secchiello di plastica per i pesci nello stesso punto sull’erba. Ogni giorno cercava lo stesso numero di vermi, applicandoli all’amo come esca nello stesso modo finché non fossero finiti. Ogni giorno.

Che stava facendo Jennifer Sharifi?

Lizzie non lo sapeva. Lei poteva anche trafugare dati con grande abilità, ma Jennifer Sharifi era un’Insonne. Non una Super come Miranda, ma pur sempre una Insonne. E aveva tutti i soldi del mondo. Stava trasformando le persone che Lizzie amava, bloccandole in un posto e in una routine, come se fossero tanti robot programmati. Lizzie non era così pazza da pensare di sapere il perché o di sapere cosa fare in proposito. Jennifer Sharifi aveva tentato, una volta, di costringere gli Stati Uniti a concedere al Rifugio la secessione e aveva tenuto in ostaggio cinque città con un virus da guerra batteriologica che avrebbe potuto ucciderne tutti gli abitanti, ed era finita in prigione per un periodo di tempo più lungo di tutta la vita di Lizzie. Lizzie si accorgeva quando si trovava in acque così alte da non toccare più. Aveva bisogno di aiuto.

Ammetterlo fu quasi un sollievo, alla fine. Quasi.

Partì quella stessa notte e schivò il trasmettitore nascosto allontanandosi con un ampio giro attorno alla montagna. Restò lontana dalla vecchia strada dissestata: non era là che il Rifugio si sarebbe aspettato che passassero le persone e dove avrebbe logicamente piazzato i proprio monitor? Camminare nei boschi di notte, tenendo sott’occhio il ruscello, non fu facile. Col terminale nello zaino, avanzò con grande lentezza. Non ci sarebbe riuscita affatto se non ci fosse stata una bella luna piena, aiutata da quelle che sembravano milioni di stelle. Arrancando attraverso la sterpaglia, Lizzie cercò di restare coperta dagli alberi, nel caso il Rifugio usasse immagini satellitari ad alta risoluzione.

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