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Rabbrividì e lasciò cadere l’occhio purpureo a terra. Sentì un conato. Non poteva abbandonare lì quella cosa col rischio che la trovasse un robot addetto alle manutenzioni. Si costrinse a recuperare l’occhio e a infilarlo in tasca.

Lizzie cominciò pazientemente a inserirsi nei codici di sicurezza del deposito.

Le occorse quasi mezz’ora. Quando ebbe terminato, uscì nell’Enclave di Manhattan Est. Si trovò su una strada immacolata orlata di fiori modificati geneticamente: lunghe e sottili forme azzurre che si protesero verso di lei. Lizzie balzò indietro, ma i fiori erano soffici, flaccidi, innocui. L’aria profumava di cose meravigliose: fumo di caminetto a legna, erba appena tagliata e spezie che non riuscì a identificare. Le torri di Manhattan scintillavano alla luce del tramonto mentre la programmazione delle loro pareti esterne si intonava delicatamente ai colori del cielo. Da un punto non ben precisato arrivò un profondo tubare di colombi.

C’erano persone che vivevano davvero in quella bellezza e in quell’ordine. Costantemente. Lo facevano sul serio. Lizzie terrorizzata, esausta e incantata, si sentì sul punto di piangere.

Non ne ebbe il tempo. Le andò incontro un robot-poliziotto.

Freneticamente infilò la mano in tasca per prendere l’occhio di Tish. Si era fatto più molle, leggermente flaccido. Lizzie si sentì rivoltare lo stomaco. Tenne l’oggetto disgustoso davanti all’occhio destro, chiudendo anche il sinistro, ma il robot non tentò nemmeno di prendere una scansione di retina dell’occhio purpureo in putrefazione. Non si sa come, quello sapeva già che lei non apparteneva a Manhattan Est. Lizzie vide la nebbiolina che le venne spruzzata in faccia, gridò e si accasciò sui fiori modificati geneticamente che avvolsero amorevolmente i soffici petali attorno ai suoi arti paralizzati.

20

Jennifer Sharifi, vestita con una fluente abbaya bianca, si trovava nella sala conferenze dei Laboratori Sharifi. Gli altri membri della squadra del progetto la chiamavano "centro di comando" ma a Jennifer quel nome non piaceva. La squadra era una comunità, non un esercito. Attraverso il pannello trasparente e bordato posto sul pavimento, le stelle scintillavano sotto i suoi piedi.

Jennifer, tuttavia, non stava guardando in basso ma a una fila di cinque oloschermi. La sala conferenze era stata trasformata. Era sparito il lungo tavolo a ferro di cavallo con le diciotto sedie. L’ampio spazio era stato riempito da banchi di computer e consolle mentre i membri del gruppo si muovevano liberamente fra le strumentazioni. Jennifer restava immobile. Si muovevano soltanto i suoi occhi, dardeggiando da schermo a schermo, assimilando tutto, senza tralasciare niente.

Schermo numero uno: l’accampamento "tribale" nell’Oregon, su un monitor a frequenza nascosta. I Vivi passeggiavano sulla spiaggia rocciosa del Pacifico nella nebbia di metà pomeriggio perché quei Vivi lo facevano sempre su quella spiaggia a metà pomeriggio. Tuttavia, le facce orribili dei Vivi erano chiaramente sconvolte e impaurite. I Vivi si ammassavano insieme a tre metri dall’oceano agitato. Tutto attorno, i giornalisti Muli gridavano domande. Le robocamere registravano.

— La stampa ha scoperto finalmente uno dei siti dell’esperimento? — fece Eric Hulden, avvicinandosi a lei. — Abbastanza lenti, eh? — Eric era uno dei nuovi, uno dei pochi giovani del Rifugio che Jennifer e Will avevano fatto entrare nel progetto in uno stadio successivo. Senza interrompere il guizzare avanti e indietro del suo sguardo, Jennifer sorrise. Eric era alto, forte, perfetto come tutti gli Insonni. Cosa ancora più importante, era freddo, di quella freddezza necessaria per comprendere e dominare il mondo. Ben più freddo di Will. Comunque, se Jennifer sorrideva direttamente a Eric, gli occhi modificati geneticamente di lui si tingevano di un blu più profondo. Aveva novantasei anni meno di lei.

Quello, in ogni caso, poteva aspettare.

Schermo numero due: notiziari terrestri. Il lato sinistro dello schermo diviso in due mostrava la United Broadcast Network, il più affidabile dei canali dei Muli. Un’annunciatrice con la appariscente bellezza modificata geneticamente tipica dei Grandi di Spagna diceva: — In un importante colpo di data-atoll al Cambio di Singapore, le azioni brasiliane della Stanton Orbital Corporation sono salite… — Nulla nel notiziario menzionava uno strano neurofarmaco che alterava il comportamento dei Vivi. Non lo faceva nemmeno il programma di segnalazione sulla parte destra dello schermo, che analizzava costantemente i principali canali di notizie del mondo in svariate lingue. Al momento, la fortuna del progetto teneva: il virus di Strukov non si era ancora alterato spontaneamente.

— Allora il neurofarmaco rappresenta soltanto una storia locale in Oregon — commentò Eric. — Pazzi Muli.

— Non proprio locale — ribatté pacatamente Jennifer. — Soltanto sotterranea. — Indicò i due schermi successivi.

Schermo numero tre: il ricercatore capo di Jennifer, Chad Manning, stava fornendo uno dei suoi sei rapporti quotidiani sul progresso alla Kelvin-Castner nella replica del neurofarmaco di Strukov. La Kelvin-Castner veniva controllata approfonditamente in modi che gli sciocchi Dormienti non avrebbero mai scoperto. Chad riceveva un flusso di dati che poi analizzava e traduceva in termini comprensibili per gli Insonni che non fossero microbiologi. La Kelvin-Castner procedeva con lentezza, troppo perché il progresso servisse a qualcosa.

Schermo numero quattro: il monitoraggio pirata dei progressi del governo. Quello era più problematico. Gli enti federali avevano sistemi di sicurezza decisamente migliori di quelli della Kelvin-Castner. Né Jennifer né il suo responsabile delle comunicazioni, Caroline Renleigh, erano sicure che le le informazioni che riuscivano a trafugare fossero complete. Per quel che aveva scoperto il Rifugio, comunque, i laboratori governativi di Bethesda, pur tenendo in "custodia cautelare" dei Vivi infettati dal virus di Strukov, non erano ancora riusciti a replicarlo né a combatterlo. L’FBI non aveva trovato alcun indizio determinante sul bombardamento a La Solana. Per quello che ne sapeva il Rifugio.

"Miranda lo avrebbe scoperto di sicuro." Jennifer allontanò all’istante quel pensiero. Il pensiero non esisteva e non era mai esistito. I suoi occhi sfrecciarono fra i cinque schermi.

Eric Hulden le appoggiò una mano sulla spalla. — Ero venuto a dirti che c’è un collegamento con Strukov. Vuole colpire Brookhaven fra un’ora. A te va bene?

— Bene. Chiama l’intera squadra per assistere.

— Benissimo, Jennifer. — Una parte della mente di lei notò come il giovane aveva pronunciato il suo nome. Freddamente, con decisione. Le piaceva. Ma poteva aspettare.

Schermo numero cinque: vuoto. Veniva utilizzato per le comunicazioni dagli agenti di Jennifer sulla Terra. Erano Dormienti, informatori contro la loro stessa razza, ben pagati e ben poco fidati. Tutto quello che Jennifer doveva sapere arrivava da lì, all’istante.

Mentre Eric si allontanava, il quinto schermo si illuminò con un bagliore informe. Trasmissione solo via audio. Il codice di crittaggio apparve sul fondo dello schermo. La comunicazione arrivava da uno dei suoi agenti negli Stati Uniti. — Signora Sharifi, sono Sondra Schneider. Abbiamo localizzato Elizabeth Francy.

— Vai avanti — disse Jennifer con compostezza, ma sentì il petto sollevarsi. Quella piccola Viva era stata sorprendentemente difficile da trovare. Dopo che il Rifugio aveva captato il suo ingresso elettronico nel flusso di dati trasmessi alla stazione orbitale dall’accampamento dei Vivi in Pennsylvania, la Francy era scomparsa. Per quanto difficile da credere, un membro della classe più bassa dei Dormienti aveva compreso subito ciò in cui si era imbattuta. La ragazzina sapeva che il Rifugio era connesso in qualche modo con il neurofarmaco che aveva infettato la sua patetica "tribù". Elizabeth Francy aveva compreso anche che se avesse aperto una qualsiasi linea di comunicazione tramite satellite o ripetitore terrestre, il Rifugio l’avrebbe localizzata all’istante. Era sparita dalla Rete, da qualsiasi sorveglianza visibile, e si era nascosta da qualche parte della campagna selvaggia. Jennifer aveva sperato che fosse morta.

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