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— Lo so, Thurmond, lo so. Ma credimi, conoscevo quelle persone da prima, il cambio di comportamento è stato radicale e improvviso…

— Come facevi a conoscere così bene dei Vivi? Non sono tuoi pazienti, no? Non sono Cambiati?

— Sì. Non ha alcuna importanza come faccio a conoscerli. Ti assicuro che il cambiamento appare di tipo neuro farmaceutico, non diminuisce dopo che è terminata l’inspirazione e non è accompagnato da disturbi gastrointestinali o da svenimenti. Dovresti vederlo, Thurmond. E io ho bisogno che tu lo veda.

L’ologramma tamburellò con le dita su un computer. — Va bene. Cercherò di interessare Castner, se ci riesco. Portami qui due campioni, il bambino e un adulto.

Campioni?

— Quando? — chiese il dottor Aranow.

— Be’, non posso… oh, che diavolo, questo pomeriggio. Sei sicuro, Jackson, che l’effetto comportamentale non si attenui con il cessare dell’inalazione? Senza questo particolare, non ho tempo da sprecare con…

— Sono sicuro. Potrebbe avere un grande valore per te, Thurmond.

— Vuoi stilare un contratto a percentuale, se le possibilità commerciali dovessero rendere? Il nostro tasso standard è…

— Può aspettare. Saremo lì fra qualche ora. Allerta il tuo sistema di sicurezza. Io e tre Vivi che…

— Tre?

— La madre del bambino deve venire e non ha respirato il neurofarmaco, quindi ci saranno due adulti.

— D’accordo. Fagli fare un bagno, prima.

Jackson lanciò un’occhiata in tralice a Vicki. Quel Thurmond Rogers, quel fottuto stupido Mulo che pensava che i Vivi non si lavassero nemmeno, disse tagliente: — Sono lì con te adesso, Jackson? In casa "tua"?

Vicki si pose davanti all’olopalco. Sollevò delicatamente una fragola con due dita. Aveva una tuta sporca di fango come quella di Lizzie, ma più vecchia. I suoi occhi viola modificati geneticamente sfavillarono. — Sì, Thurmond, siamo qui, adesso. Ma non c’è problema, ci siamo spulciati.

— Lei chi è? — chiese Thurmond.

Vicki gli sorrise dolcemente e mordicchiò la fragola. — Non ti ricordi di me, Thurmond? Alla festa in giardino da Cazie Sanders? L’anno scorso?

— Jackson, che sta succedendo lì? Lei è un Mulo, perché…

— Saremo in cinque a venire alla Kelvin-Castner — disse Vicki. — Io sono la balia del bambino. Ci vediamo dopo, Thurmond. — Si spostò.

Thurmond cominciò: — Jackson…

— Allora a mezzogiorno — terminò in tutta fretta il dottor Aranow. — Grazie, Thurmond. Caroline, è tutto.

L’olopalco si spense. Lizzie guardò il dottor Aranow e Vicki squadrarsi a vicenda. Spostando Dirk sull’altra spalla, si stava facendo pesante, Lizzie aspettò di sentire Vicki strillare contro il dottor Aranow per avere permesso a Thurmond Rogers di chiamarli "campioni", o di sentire il dottor Aranow strillare contro Vicki per essersi intromessa nella sua chiamata. Invece, tutto quello che disse il dottor Aranow fu: — Hai incontrato Thurmond Rogers con Cazie?

— No — rispose Vicki. — Non l’ho mai visto prima in vita mia. Ma adesso scandaglierà il suo cervello chiedendosi dove fosse quella festa in giardino.

— Ne dubito.

— Io no — commentò Vicki. — Non sai davvero come si giocano queste partite, eh, Jackson?

— Non pensavo che stessimo giocando.

— Be’, di certo non sul neurofarmaco. A proposito, chi sarà il nostro campione adulto? Lizzie, non stare lì come una beota a guardare e sbavare. Se hai fame mangia delle fragole. Modificate geneticamente e squisite.

Lizzie voleva dire no: come era possibile che Vicki stesse spadroneggiando con tutti lì intorno, perfino in casa del dottor Aranow? Aveva troppa fame, però. Si sedette stancamente su una delle magnifiche sedie intagliate, con Dirk appoggiato alla spalla, e si servì tutto quello che era in grado di raggiungere.

— Torneremo in volo all’accampamento e prenderemo Shockey — annunciò il dottor Aramow.

— Perché Shockey? — chiese Vicki. — Anche Billy ha respirato il neurofarmaco e sarà molto più disponibile. Oppure Annie.

— No. Billy è troppo anziano e su Annie ho applicato un cerotto, cambiando le condizioni originali. Thurmond non li considererà soggetti ideali. Inoltre i cambiamenti comportamentali di Shockey mi sono sembrati i più pronunciati: deve esserci un’influenza sulle amigdale.

— Le cosa? — chiese Lizzie, per rammentare loro che c’era anche lei. Dirk si agitò e Lizzie lo spostò in grembo per dargli una fragola.

Il dottor Aranow le rispose: — È una parte del cervello che agisce sulla paura e sull’ansia. Che c’è che non va con Dirk?

Dirk si mise a strillare in braccio a Lizzie. Spinse coi piedi e ritirò le braccia al corpo. Contrasse il volto. Si divincolò fra le sue braccia, cercando di scendere, cercando freneticamente di scappare. Nel suo pianto si notò il tono della pura paura animale quando Lizzie lo aveva esposto a qualcosa di nuovo nella sua esperienza, qualcosa che non aveva mai visto prima: una fragola rossa e perfettamente matura.

— Sta dormendo — disse Vicki. — Vieni, Lizzie.

— Venire dove? — Lei non voleva lasciare Dirk. Il piccolo era steso sul pavimento del salottino del dottor Aranow su una soffice coperta multicolore che Vicki aveva preso da uno dei divani bianchi. Dirk aveva strillato e si era agitato talmente che il dottor Aranow alla fine gli aveva applicato un piccolo cerotto sul collo. Solo per farlo dormire, aveva detto. Lizzie era seduta sul divano che le si era modellato attorno al fondoschiena in modo confortevole e lanciò un’occhiataccia a Vicki. Il dottor Aranow, inizialmente, non era disposto ad andare da solo a prendere Shockey. Lizzie non sapeva che cosa gli avesse detto Vicki per convincerlo, o perché Vicki era rimasta lì, o come avrebbe fatto lei stessa ad adattarsi, per il resto della vita, a un bambino che si terrorizzava per una fragola. Era sfinita.

— Voglio parlare con Theresa — disse Vicki. — Non vuoi approfittare per curiosare nei sistemi di qui? Aranow ha un Caroline VIII.

Un Caroline VIII. Lizzie ne aveva solo sentito parlare. All’improvviso desiderò entrare in quel sistema più di qualsiasi altra cosa in vita sua. Poteva trafugare dati da quel sistema. Quel sistema, a differenza di tutto quello che ultimamente le era esploso nella vita, avrebbe potuto capirlo.

— Dirk sta bene e il cerotto durerà per ore. Vieni, Lizzie. Stabiliamo una testa di ponte.

Lizzie non aveva la minima idea di cosa fosse una testa di ponte e non lo chiese. Tuttavia seguì Vicki fino alla sala da pranzo, tanto vicino a Dirk da poterlo sentire. Il cibo per bocca ricopriva ancora la tavola.

— Il sistema di Jackson sarà regolato sulla sua voce — disse Vicki e Lizzie rise, allungando la mano verso un piatto.

— Pensi davvero che questo possa fermarmi?

— Apparentemente no. Ci vediamo dopo. Vado a cercare Theresa.

Lizzie mangiò affamata. Era tutto così buono! Perfino i piatti erano belli, di un materiale strano e sottile e orlati d’oro. E i bicchieri. E le posate d’argento. Dopo che Lizzie ebbe mangiato tutto quello che poteva, lanciò furtivamente un’occhiata attorno. In tutta fretta fece scivolare un cucchiaino d’argento nella tasca della tuta.

Poi cominciò con il sistema di casa, Jones. Come previsto, prevedeva un accesso diretto al sistema privato di Jackson, protetto in maniera ridicola. Dilettanti. Tutto quanto riguardava Jackson era a disposizione di Lizzie.

A Lizzie scintillarono gli occhi. Se Vicki non fosse riuscita a trovare Theresa, o non fosse riuscita a farla parlare, Lizzie avrebbe saputo tutto su Theresa dal sistema personale di lei. Poi, quando Vicki avesse detto che non era stata in grado di scoprire qualcosa, Lizzie avrebbe potuto rivelare casualmente le informazioni. Ne avrebbe saputo effettivamente più di Vicki.

Il sistema personale di Theresa, Thomas, conteneva file a calendario, file medici (Theresa aveva preso davvero preso tutte quelle medicine quando era piccola? e che cos’erano?), conti correnti. Lizzie annotò i loro numeri e i codici di ingresso. Selezioni di programmazione delle pareti, richieste di libri, comunicazioni vocali (quasi nessuna: Theresa non aveva amici?). Ordini a Jones, schizzi di vestiti, ma non aveva un file-diario? No, però c’era un libro che stava dettando.

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