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Che ci faceva lei lì? E "lui" che ci faceva? Attraverso lo spiraglio della porta, Jackson vide Shockey arrivare trotterellando dal bosco. La bellezza Mulo non era con lui. Sharon si precipitò verso Shockey attraverso l’erba avvizzita, col volto infuriato. Annie strillò qualcosa a un giornalista. Billy lasciò Cazie, si diresse verso Annie e venne bloccato da un ragazzetto Mulo sogghignante che si era avventurato lontano dall’aeromobile quel tanto da poter infilare il proprio inalatore sotto il naso di Billy. Billy ondeggiò. Scott Morrison si tuffò contro il ragazzino Mulo, buttandolo per terra. Le due robocamere zoomarono sulla lotta. Il candidato balzò addosso a un altro giovane Mulo e Sharon gridò. Annie, che teneva ancora in braccio Dirk, corse verso Billy che sorrideva con espressione vacua. Dirk cominciò a piangere. Sharon continuò a gridare. Cazie tirò indietro la testa e scoppiò a ridere, emettendo un suono terrificante che, non si sa come, superò di intensità perfino quel trambusto. La donna disse qualcosa al responsabile della TenTech, e Jackson riuscì a leggere il movimento delle labbra: — Il processo politico americano in azione.

Chiuse la porta malconcia dell’edificio.

Erano tutti pazzi. Jackson era rimasto un po’ sorpreso nello scoprire che così tanti Vivi restavano attaccati cocciutamente all’idea di votare per Shockey: nonostante avessero accettato bustarelle dall’altra fazione, Shockey avrebbe vinto chiaramente le elezioni. Alla lunga, tuttavia, lui temeva che non avrebbe fatto alcuna differenza. Shockey non avrebbe vinto perché i Vivi erano in ascesa politica ma perché i Muli avevano preso sottogamba quella campagna elettorale. Avevano usato la carota ma non il bastone, diffondendo beni di consumo e presumendo che il problema fosse risolto. Quando, il giorno delle elezioni, avessero scoperto che le cose non stavano così, avrebbero ritirato le carote. Gli accampamenti dei Vivi non erano protetti, erano privi di tecnologia e non erano armati. Il successivo candidato Vivo per una qualsiasi carica pubblica avrebbe perduto. Jackson stava assistendo a un insospettabile colpo fortunato, un irripetibile avvenimento improbabile per il quale stava rischiando il suo stato sociale all’interno del suo popolo. Ciò lo fece sentire il più pazzo di tutti.

Da qualche parte nell’edificio, qualcuno stava piangendo.

Jackson si fece strada attraverso l’oscurità, oltre i decrepiti mobili dello spazio comune, in mezzo al dedalo di pareti di assi di legno, divani ribaltati, scaffalature rotte, tende appese fatte a mano. Il singhiozzare si fece più forte. Superò anche il robot tessitore della tribù che produceva pazientemente metri e metri di orribile tela grezza con chissà quale materiale organico infilatogli nel serbatoio. Il robot ronzava piano. Nell’ultimo loculo di fortuna posto contro una parete priva di finestre, Jackson li vide.

C’era un ragazzino, che dava le spalle a Jackson, quasi ripiegato in due. La sua schiena era sottile e, attraverso i buchi del vestito, si notava che era piena di lentiggini. Vicki gli stava accanto e gli teneva un braccio attorno alle spalle ossute, quasi sorreggendolo. Quando i due si voltarono, Jackson vide che il ragazzino era chino su un neonato che stringeva fra le braccia.

Vicki disse con espressione seria: — Stavo giusto venendo a cercarti.

Jackson allungò le mani verso il neonato. Vide che stava morendo, forse a causa di qualche microrganismo mutato che aveva già distrutto il sistema immunitario. La bocca del bimbo era chiazzata di candida, la pelle macchiata di ematomi sottocutanei. Le guance devastate erano tese sul piccolo cranio. Jackson sentì i polmoni del piccolo faticare per continuare a respirare. Sul collo aveva due cerotti, uno blu e uno giallo: antibiotici e antivirali ad ampio spettro. Vicki li portava sempre con sé. Non l’avrebbero aiutato: era decisamente troppo tardi.

Il ragazzo ansimò: — Sei tu il dottore? Questa è mia figlia, lei. Le puoi dare una siringa del Cambiamento? Non ne abbiamo più nella mia tribù e non ne ho trovate da nessuna altra parte. Io ho sentito parlare di questo posto, io…

— No — rispose Jackson — non ho più siringhe. — Vicki lo fissò, sbalordita. Si era aspettata una risposta diversa, non sapendo che Theresa aveva ripulito la magra scorta di Jackson.

— Non hai più siringhe, tu? Davvero? — chiese il ragazzo.

— Davvero — rispose Jackson.

— Ma non sei un dottore… un dottore Mulo?

Jackson non rispose. Nessun altro parlò. Il silenzio si prolungò, doloroso. Alla fine Jackson annuì, penosamente, e scosse la testa. Non riuscì a fissare il giovane padre negli occhi.

Il ragazzo non si mise a discutere, né esplose, né ricominciò a singhiozzare. Nella postura afflosciata delle sue spalle, Jackson lesse rassegnazione: il ragazzo non si era veramente aspettato aiuto. Non lo aveva mai fatto. Era giunto lì perché non sapeva cosa altro fare.

Vicki disse a denti stretti: — Farai tutto quello che potrai, Jackson?

Era già andata a prendere la sua valigetta in una sacca fra il ciarpame della tribù. Jackson eseguì futili mosse. Quando ebbe finito il ragazzo gli disse: — Grazie, dottore — e l’umiliazione di Jackson fu completa.

— Vieni con me — disse Vicki, e lui la seguì, senza che gli importasse dove, fondamentalmente contento di andarsene. Erano entrati dei Vivi dall’esterno e si erano seduti a parlare animatamente sulle sedie comuni. Vicki lo condusse attraverso un labirinto di loculi, oltre una tenda tirata fra una parete e una lunga tavola ribaltata.

— Qui non verrà nessuno, Jackson.

— Dov’è la madre della bambina?

Vicki alzò le spalle. — Sai come vanno le cose. Restano incinte facilmente, nel loro corpo nulla può andare storto e tutti allevano i piccoli collettivamente. Chiunque non voglia prendersi cura del neonato può anche non farlo.

— Allora è sbagliato. Questa nuova organizzazione creata dal Cambiamento è tutta sbagliata.

— Lo so.

— Lo "sai"? Pensavo che tu fossi il più strenuo difensore di ciò che Miranda Sharifi ha dato al mondo!

— Difendo la necessità di adeguarsi alla situazione. Al momento, non lo abbiamo fatto.

Non l’aveva mai vista in quel modo: seria, diretta, non barricata dietro un distacco divertito. Non gli piaceva: così lo prendeva in contropiede. Per sfuggire allo sguardo di lei, si girò attorno nel loculo e si rese conto che era il suo. Il loculo non aveva nulla di diverso da quello di qualsiasi altro membro della tribù: pagliericcio a terra, una scrivania tutta intaccata e stipata di bigiotteria fatta a mano, vestiti appesi a ganci. Nulla di costoso e incongruo come il terminale Jansen-Sagura o la biblioteca di cristallo del loculo di Lizzie. Eppure quello spazio angusto sapeva di Mulo, non di Vivo. Per i colori, tenui e ben armonizzati, per la sistemazione dei mobili, per il singolo ramoscello di salice, sistemato in una boccia nera di coccio con un’essenzialità e una grazia quasi orientali.

Lei disse: — Ti sei accorto che stavi piangendo, mentre tenevi in braccio la bambina?

Non se n’era reso conto. Si asciugò le guance umide, disprezzandola per averlo notato e, allo stesso tempo, grato perché non aveva esposto le sue lacrime allo scherno dei Vivi nel bel mezzo dell’edificio.

Visto che doveva per forza dire qualcosa, spiegò: — Soffrono. Non qui, in questa tribù, ma in altri posti dove non ci sono queste risorse vivono così…

— I poveri hanno sempre vissuto in un paese diverso rispetto ai ricchi. In ogni epoca, indipendentemente da quanto fossero vicine fisicamente le loro case.

— Ti prego, non darmi lezioni su…

— Guarda questo, Jackson. — Aprì il cassetto superiore della scrivania e tirò fuori un oloregistratore, poi disse: — Invia registrazione numero tre. — Quando lo consegnò a Jackson, lui lo prese.

Lo schermo in miniatura mandò un servizio giornalistico di un canale di Muli: il tono oscillava fra lo scherno e il disprezzo. Il pezzo, non più di due minuti, era un’intervista a un gruppo di medici che aveva appena allestito in Texas una clinica protetta da uno scudo a energia-Y subito fuori dall’Enclave di Austin per curare bambini Vivi nonCambiati. — È necessario — diceva un giovane medico dall’aspetto stanchissimo che aveva un gran bisogno di tagliarsi i capelli. — Soffrono. Quello che Miranda Sharifi permette che accada qui è criminale. — L’oloschermo si spense.

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