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Gli occorsero tre ore per tornare a piedi alla tribù di Lizzie. Il sole del tardo pomeriggio proiettava raggi inclinati da sopra le cime delle montagne verde scuro per i pini e bianche per le ultime chiazze di neve. Le altre "squadre di controllo votanti" rientravano anche loro, faticosamente, dopo viaggi stremanti per verificare la lealtà di altri elettori.

Ma perché si era fatto coinvolgere? Perché Cazie odiava la cosa? Non era un motivo sufficiente, non lo era proprio.

Perché era stufo marcio della sua vita, della sua classe sociale, delle sue inutili attività? Non era un motivo sufficiente.

Perché i neonati senza le siringhe del Cambiamento morivano in tutto il paese? Le elezioni non avrebbero aiutato i bambini che soffrivano. Anche se i Vivi avessero vinto ogni maledetta elezione per i successivi sei anni e avessero controllato ogni carica politica, da Presidente a guardacaccia, non si sarebbero create nuove siringhe del Cambiamento. Soltanto Miranda Sharifi e i Super potevano farlo e non lo avevano fatto. Non rispondevano nemmeno alle trasmissioni inviate a Selene, città di esilio sotto la superficie lunare.

Jackson si fermò all’ombra di un pino immenso e fragrante, si asciugò il sudore dalla fronte e cercò il coraggio per affrontare la realtà allucinogeno-olografica del "quartier generale elettorale".

Essa iniziava quattrocento metri prima dell’accampamento, con il candidato in persona.

— Chi diavolo sei tu? — chiese la ragazza. Sollevò il volto da quello di Shockey che aveva scelto cavallerescamente di giacere sotto, protetto dal fango da una sgargiante coperta arancione. La ragazza, nuda dalla vita ai costosi stivali, gli stava sopra a cavalcioni. Non si spostò quando Jackson arrivò arrancando da una salita in mezzo agli alberi e finì nella loro valletta appena nascosta.

Jackson abbassò lo sguardo, non per evitare di guardarla, ma per evitare che lei lo guardasse. L’aveva già vista. Aveva forse diciassette anni, occhi verdi modificati geneticamente e lunghi capelli neri. Una ragazza Mulo, che scorrazzava da quelle parti. Jackson fingeva di essere un Vivo: come doveva reagire? Jackson trascinò i piedi, come se fosse imbarazzato, e mantenne lo sguardo sugli stivali di lei. Le arrivavano al polpaccio, erano di cuoio italiano, nanorivestiti perché i suoi piedi non li consumassero, e sporchi di fango. Più in alto, le perfette cosce della ragazza mostravano la pelle d’oca. L’aria di marzo era fredda.

Lei chiese con malizia: — Sei un reporter?

Chiaramente il suo QI non era modificato geneticamente. Jackson bofonchiò: — No, io no, io.

Shockey lo aveva riconosciuto. Attirò a sé la ragazza. — È solo un guardone, lui, Alexandra. Tu vieni a guardare un po’ me.

Lei fece un risolino. — In questa posizione? — Ma lo baciò. Shockey tenne bene aperti gli occhi e lanciò un’occhiataccia a Jackson: "Vattene via".

Se ne andò, chiedendosi se Alexandra fosse una alla ricerca del brivido, una distrazione politica, un’esca professionista o un tentativo di scandalo. Jackson non aveva notato robocamere. Eppure, Vicki Turner aveva ammonito Shockey. I suoi elettori non avrebbero gradito vedere il loro candidato Vivo, l’antidoto alla corruzione dei Muli, rotolarsi concupiscente nel fango con un Mulo come Alexandra.

Jackson si voltò, mise le mani a coppa attorno alla bocca e strillò: — Shockey! Arriva compagnia, tu! Sharon e la bambina! — Forse quello sarebbe bastato.

All’accampamento c’erano in giro soltanto due giornalisti. Uno stava intervistando Scott Morrison, un amico di Shockey. — Noi vinceremo questa elezione qui. E l’anno prossimo prenderemo la fottuta presidenza!

— Vedo che hai addosso una catenina d’oro — disse serenamente il giornalista. — Un contributo da parte dei Cittadini per Serrano, forse?

— È un’eredità — rispose solennemente Morrison. — Della mia bisnonna, lei. Era un’attrice dello schermo piatto.

— E lo scooter? — La robocamera ronzava: il giornalista non si preoccupò nemmeno di nascondere la smorfia di scherno.

— Anche quello ereditato dalla bisnonna.

Che cosa era successo a Vicki?

Un gruppo di Vivi che Jackson non aveva mai visto prima vagava oziosamente oltre il terreno di alimentazione protetto dalla tenda di plastica. Erano sporchi, sudici per il viaggio. La tribù riceveva gruppi del genere ogni settimana. Arrivavano da luoghi al di là della Contea di Willoughby, avendo visto tutto il gran casino ai notiziari. Alcuni gruppi erano interessati e pensosi. Alcuni erano disgustati dall’idea che i Vivi si sporcassero le mani con il lavoro da Muli della politica. Alcuni avevano semplicemente sentito parlare degli scooter, dei gioielli e del vino dei "gruppi cittadini non affiliati al candidato Serrano". Era già stato rubato uno scooter. I membri della tribù si riunivano in capannelli, e si trovavano sempre all’interno del campo filmabile dal terreno di alimentazione. Eccetto, ovviamente, il candidato, che stava godendo dei benefici della sua fama, steso sulla schiena, nel bosco.

Dove diavolo era Vicki?

Annie uscì affaccendata dall’edificio, tenendo Dirk in braccio. Vide Jackson, si rabbuiò, quindi ricordò che ufficialmente non lo doveva conoscere. Guardò subito da un’altra parte con espressione disgustata, come una duchessa infastidita che ignora un pesce morto. Il suo sguardo atterrò su un altro gruppo di ragazzini Muli curiosi che ridacchiavano maliziosamente all’ombra sicura di una velocissima aeromobile. Due ragazzi avevano inalatori. Il secondo reporter li stava intervistando: per fortuna Jackson si trovava a una tale distanza da non poter sentire la conversazione.

A quel punto, atterrò un’altra aeromobile e ne scese Cazie con il nuovo responsabile tecnico della TenTech.

Jackson voltò la schiena. Si diresse verso l’edificio con passo deciso e vi entrò.

Che ci faceva lei lì? Dopo la riunione di qualche mese prima sui legami politici della TenTech, di cui Jackson aveva capito più o meno la metà, aveva chiesto a Caroline, il suo sistema personale, di effettuare qualche ricerca. La TenTech aveva un portafoglio diversificato, ma Caroline non era riuscita a rintracciare gran parte degli investimenti tramite database legali, sebbene avesse a disposizione i codici personali di accesso di Jackson. Lui non aveva mai degnato di particolare attenzione la TenTech. Lo aveva fatto suo padre, finché non era morto, poi l’avvocato di suo padre l’aveva gestita finché Jackson si era trovato all’università di medicina: quando aveva sposato Cazie, lei aveva preso in mano la situazione e Jackson era stato felice di lasciarglielo fare. Dov’erano i soldi della TenTech e perché ce ne erano tanti legati allo stato della Pennsylvania, se la TenTech aveva sede legale a New York? Cazie aveva molti amici personali in varie imprese ed enti governativi della Pennsylvania. Alla fine Jackson, senza dir nulla a Cazie, aveva assunto un contabile indipendente che gli doveva ancora fare rapporto. Forse Cazie si era accorta delle ricerche svolte dal contabile.

Oppure, semplicemente, era venuta a cercarlo.

Aprì la porta di uno spiraglio, sbirciando fuori dall’oscurità alla luce del sole. Cazie stava parlando con Billy Washington, il patrigno di Lizzie. Quanto meno si trattava di Billy, la persona più sana di mente di tutta la tribù. Cazie non poteva seguire Jackson all’interno dell’edificio: Vicki aveva insistito perché nessun estraneo, in alcun caso, entrasse. Aveva installato un primitivo sistema a scanner: se qualcuno senza chip sensibilizzato cercava di oltrepassare la porta, scattava un allarme. Era un sistema facile da ingannare, ma fino a quel momento nessuno si era dato la pena di farlo. Jackson toccò il chip che teneva in tasca.

I riccioli scuri di Cazie scintillavano al sole primaverile. Gli alti stivali bianchi e il severo abito nero apparivano freschi e ordinati. Gesticolando con Billy, sollevò di scatto un braccio e il suo seno destro si alzò, vibrò e ricadde.

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