Drew si mise improvvisamente a sogghignare, un sorriso di tale puro trionfo, così privo di frustrazione o di arroganza, che Leisha ne restò abbacinata. Tuttavia, si aggrappò alla ragione, con forza. Gli disse: — Drew, gli altri quattro pazienti che hanno subito la tua stessa operazione in quella clinica messicana non hanno prodotto nulla del genere, non hanno subito alcun tipo di cambiamento, alcun… — non riuscì a trovare la parola.
— Ma non erano artisti — ribatté lui con l’assoluta convinzione del giovane rinato. — Io lo sono.
— Ma… — cominciò a dire Leisha. E non andò oltre perché Drew, ancora sorridente, ancora trionfante, si sporse in avanti sulla carrozzella e la baciò intensamente sulla bocca.
Leisha rimase seduta, immobile. Poteva sentire il proprio corpo rispondere, per la prima volta… dopo quanto tempo? Anni. I capezzoli le si indurirono, il ventre le si tese. Lui aveva un odore mascolino, di pelle e capelli maschili. La bocca di lei si aprì per conto proprio. Leisha si ritrasse con uno scatto.
— No, Drew!
— Sì!
Lei odiava dover rovinare il suo trionfo, la sua magnifica realizzazione: lei aveva "sognato". Ma su quello era sicura. — No.
— Perché no? — Drew si era fatto pallido, ma era inflessibile. Aveva le pupille dilatate.
— Perché io ho settantotto anni e tu ne hai venti. So che a te non sembra così, ma per la mia mente, la mia mente, tu sei un bambino. E lo sarai sempre per me.
— Perché io sono un Dormiente!
— No. Perché io ho vissuto cinquantotto anni che tu non hai vissuto.
— Non pensi che lo sappia? — disse Drew con fierezza.
— No. Non penso. Non hai idea di ciò che significhi. — Coprì la sua mano con la propria. — Penso a te come a un figlio, Drew. Un figlio. Non un amante.
Lui la fissò diritto negli occhi. — E che cosa ti ha detto il tuo sogno di madri, padri e figli da essere tanto terrificante?
Per un istante lei provò ancora le sensazioni del sogno e colse qualcosa al di là di esso, qualche lato oscuro del sentiero illuminato, del Roger sorridente con le mani piene di fiori esotici, dell’amorevole Elizabeth, come Elizabeth non era mai stata realmente, non con lei. Leisha non riusciva a vedere quel lato oscuro, ma esso era lì, nel profondo della sua mente, un modo di ordinare il mondo che non aveva nulla a che fare con le leggi, l’economia, l’integrazione politica o tutte le cose cui lei aveva dedicato la propria vita. Un modo non necessariamente peggiore, o migliore, ma diverso, "alieno". La visione fugace scivolò via.
— Mi dispiace, Drew. — Disse lei, con tutta la compassione possibile.
Mentre lasciava la stanza lui le disse tranquillamente alle spalle: — Migliorerò nella mia arte, Leisha. Tirerò fuori dell’altro dal tuo preconscio, ti mostrerò cose che non hai mai nemmeno… Leisha!
Lei non riuscì a rispondergli. Avrebbe solamente peggiorato le cose. Uscì e chiuse delicatamente la porta.
Quella sera, quando Leisha aveva riflettuto su come discutere con lui, cosa dirgli per mettere lo sconvolgente episodio sotto una prospettiva razionale, Stella le disse che Drew aveva fatto le valigie e se ne era andato.
Miri si mise seduta al proprio posto nella Cupola del Consiglio. Era un posto nuovo, aggiunto alla sala per il suo sedicesimo compleanno, la quindicesima sedia imbullonata al pavimento attorno al lucido tavolo in metallo. Da quel momento in poi, il 51 per cento delle azioni possedute dalla famiglia Sharifi sarebbe stato ripartito in sette blocchi uguali. L’anno successivo, quando Tony avesse assunto il proprio incarico, ce ne sarebbero stati otto. La sedia scricchiolò leggermente quando Miri vi si sedette,
— Il Consiglio del Rifugio è orgoglioso di dare il benvenuto a Miranda Serena Sharifi in qualità di membro votante — esordì formalmente Jennifer. I consiglieri applaudirono. Miri sorrise. Sua nonna aver va alleggerito per un momento la tensione nella stanza, tanto densa che le sue correnti si sarebbero potute tracciare su una matrice Heller. Miri guardò tutto attorno alla tavola con occhi bassi: da tempo, per abitudine, chinava la testa visto che, allo specchio, questo sembrava minimizzare i suoi tremori e le sue contrazioni. La madre di Miri applaudì senza guardarla direttamente. Il padre le sorrise con quella espressione di rassegnata malinconia che ormai aveva sempre negli occhi. La bellissima zia Najla, incinta di un altro Super, fissò Miri con ferma determinazione.
I consiglieri con mandato a termine sorrisero, ma lei non li conosceva a sufficienza per sapere che cosa significassero i loro sorrisi. Si chiese se non fossero gelosi del suo improvviso potere. Lo statuto del Rifugio, lei lo aveva scoperto in biblioteca, era ben più generoso con i membri della famiglia di quanto non lo fosse qualsiasi altra azienda familiare sulla Terra. Nell’olocanale "drammi" sembrava che la più usuale procedura comunitaria sulla Terra fosse che i giovani figli maschi uccidessero i padri che gestivano imperi commerciali, ranch o società orbitali, per acquistare potere. Poi, apparentemente, si sposavano le giovani terze mogli dei padri morti. Era un sistema sociale così sconvolgente e barbarico che Miri aveva concluso non potesse essere realmente il modo in cui i mendicanti gestivano le cose: dovevano apprezzare i loro "drammi" per esaminare situazioni che non avevano alcuna relazione con la realtà. Era un’idea talmente sciocca che, per la seconda volta, aveva lasciato perdere disgustata i drammi ed era tornata ai canali di sesso.
— Abbiamo un ordine del giorno molto denso — disse Jennifer con la sua voce aggraziata. — Consigliere Drexler, può iniziare con il rapporto sulle finanze?
Il rapporto sulle finanze, di routine e in attivo, non fece nulla per allentare la tensione. Miri, inosservata, cominciò a studiare un volto dopo l’altro, mantenendo la fronte bassa. C’era qualcosa che non andava assolutamente bene. Cosa?
I capi dei comitati agricoli, legali, giudiziari e medici lessero i loro rapporti. Hermione arricciò una ciocca dei capelli color del miele (quando era stata l’ultima volta che Miri aveva toccato i capelli di sua madre? Anni addietro) attorno a un dito, passò il ricciolo a un secondo dito e continuò così. Gira, gira. Najla si passò una mano sul ventre gonfio. Il consigliere Devore, un giovanotto sottile dai grandi occhi dolci, sembrava seduto sui carboni ardenti.
Alla fine annunciò Jennifer: — C’è un’altra voce del rapporto medico che ho chiesto al consigliere Devore di sottoporre alla discussione generale. Come la maggior parte di voi sa, c’è stato un incidente. — Improvvisamente, Jennifer abbassò la testa, e Miri si accorse, sbalordita, che la nonna aveva bisogno di qualche istante per poter andare avanti. Miri era abituata a pensare a lei come a una persona invulnerabile.
— Tabitha Selenski, della Kanyon International, stava riparando un ingresso di un convertitore di potenza nell’Edificio Commerciale Tre e ha preso una scarica elettrica che… I suoi tessuti in generale si stanno rigenerando, molto lentamente. Parti del suo sistema nervoso sono tuttavia così rovinate che non c’è più nulla da rigenerare. Non sarà mai più completamente cosciente, anche se possiede una coscienza parziale, più o meno al livello che potrebbe avere un animale. Avrà bisogno di assistenza costante, anche per operazioni basilari quali il cambiamento dei pannolini, l’alimentazione e la degenza. Inoltre non sarà mai più un membro produttivo della comunità.
Jennifer guardò uno alla volta i membri del Consiglio. Le stringhe di Miri si annodarono in reti orrende. Essere impotente, dipendente da altri per tutto, un salasso del tempo e delle risorse altrui senza dare nulla in cambio…
Un mendicante.
Comprese quale fosse il problema e il suo stomaco si contrasse.
— Quando ero bambina, conoscevo un tempo una donna sulla Terra — disse Jennifer. — La madre di un’amica. Dopo la mia amica, la donna aveva avuto un altro bambino affetto da un grave disturbo neurologico. Come parte del cosiddetto trattamento, alla madre era richiesto di muovergli gambe e braccia nel ritmico movimento del gattonare, cercando di imprimergli quegli schemi nel cervello e di stimolare in questo modo uno sviluppo cerebrale. Doveva farlo per un’ora sei volte al giorno. Fra una seduta e l’altra, dava da mangiare al bambino, lo lavava, ne risucchiava gli escrementi dal colon, faceva suonare determinate cassette per stimolarne i sensi, gli faceva il bagno e gli parlava ininterrottamente per sessioni di tre ore e mezzo a un intervallo regolare nel corso delle ventiquattro ore. Un tempo, la donna aveva suonato il pianoforte per professione, ma non lo toccava nemmeno più. Quando il bambino aveva raggiunto i quattro anni, i dottori avevano aggiunto altre pratiche al trattamento. Quattro volte al giorno la madre doveva portare il bambino in carrozzina attorno al giardino per quindici minuti esatti, incontrando gli stessi oggetti nello stesso ordine ma con differenti condizioni climatiche, ancora una volta per costruire un certo tipo di schemi di risposta nel cervello. La mia amica la aiutava, ma, dopo interi anni di questo impegno, odiava perfino tornare a casa. Ciò valeva anche per il marito della donna che, alla fine, non tornò a casa affatto. Nessuno dei due era presente il giorno in cui la madre sparò al bambino e a se stessa.