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— Non ho mai sentito nulla di più spietato…

— Al contrario. Vi ho offerto una possibilità di fare il vostro lavoro, come è richiesto dalla legge che voi riconoscete, senza calpestare la legge che io riconosco. Spetta a voi decidere se dovranno trascinarsi o no su quella strada.

Il medico fissò il foglio bianco. — Cosa c'è di tanto magico, se lo metto per iscritto?

— Io preferisco così.

L'altro si chinò in silenzio sulla scrivania, e scrisse. Guardò ciò che aveva scritto, poi tracciò in fretta la firma e si raddrizzò. — Benissimo, ecco la vostra promessa. Credete che valga di più della mia parola?

— No, no davvero. — L'abate ripiegò il foglio e lo nascose sotto la sua veste. — Ma è qui nella mia tasca, e voi sapete che è qui, e che io posso guardarla di tanto in tanto, ecco tutto. Mantenete le vostre promesse, fra parentesi, dottor Cors?

Il medico lo fissò, per un momento. — La manterrò. — Grugnì, poi girò sui tacchi e uscì.

— Frate Pat! — chiamò l'Abate Zerchi con voce debole. — Frate Pat, siete lì?

Il segretario si presentò sulla soglia. — Sì, Reverendo Padre?

— Avete sentito?

— In parte. La porta era aperta, e non ho potuto fare a meno di ascoltare. Non avevate attivato il silenziatore…

— Avete sentito cho diceva? «La sofferenza è l'unico male che io conosco». L'avete sentito?

Il monaco annuì, solennemente.

— E che la società è l'unica che stabilisce se un atto è giusto o non è giusto? Avete sentito anche questo?

— Sì.

— Buon Dio, come hanno potuto ritornare nel mondo, queste due eresie, dopo tutto questo tempo? L'inferno ha una immaginazione limitata. "Il serpente mi ha ingannato, ed io ne ho mangiato". Frate Pat, farete meglio a uscire di qui, o comincerò a delirare.

— Domne, io…

— Cos'è che vi trattiene? Cos'è, una lettera? Benissimo, date qui.

Il monaco gliela porse ed uscì. Zerchi non l'aprì, e guardò di nuovo la dichiarazione del dottore. Non aveva valore, forse. Eppure quell'uomo era sincero. E devoto al suo lavoro. Doveva essere devoto al suo lavoro, con la paga che gli dava la Stella Verde. Aveva l'aria di chi dorme troppo poco e lavora troppo. Probabilmente viveva di benzedrina e di gallette, da quando l'esplosione aveva assassinato la città. Vedere dovunque la sofferenza e detestarla, e desiderare sinceramente di poter fare qualcosa… Sinceramente… quello era l'inferno. In distanza, gli avversari sembravano malvagi, ma quando li guardavi da vicino, ne vedevi la sincerità, che era grande quanto la tua. Forse Satana era il più sincero di tutti.

Aprì la lettera e la lesse. La lettera l'informava che frate Joshua e gli altri erano partiti da Nuova Roma per una destinazione imprecisata, nell'Ovest. La lettera l'informava inoltre che qualche notizia sul Quo peregrinatur era trapelata alla Difesa Interna di Zona, la quale aveva mandato investigatori in Vaticano per indagare circa il supposto lancio di un'astronave non autorizzata… Evidentemente l'astronave non era ancora nello spazio.

Ben presto verranno a sapere del Quo peregrinatur, ma con l'aiuto del Cielo, lo scopriranno troppo tardi. E allora? si chiese.

La situazione legale era complicata. La legge proibiva la partenza di astronavi senza autorizzazione. L'autorizzazione era difficile da ottenere e la procedura per ottenerla era molto lenta. Zerchi era certo che la Difesa Interna di Zona e la commissione avrebbe ritenuto che la Chiesa aveva infranto la legge. Ma un concordato fra Stato e Chiesa esisteva ormai da un secolo e mezzo: esentava chiaramente la Chiesa dalle procedure di autorizzazione, e le assicurava il diritto di mandare missioni in "qualsiasi installazione spaziale e in qualsiasi avamposto planetario che non saranno stati dichiarati dalla predetta Commissione come ecologicamente critici o chiusi a spedizioni non autorizzate". Ogni installazione nel Sistema solare era "ecologicamente critica" e "chiusa" al tempo del concordato, ma più oltre il Concordato stabiliva il diritto della Chiesa a "possedere navi spaziali e a viaggiare, senza restrizioni, alle installazioni e agli avamposti aperti". Il concordato era molto amico. Era stato firmato nei giorni in cui il motore interstellare Berkstrun era soltanto un sogno nell'immaginazione di qualcuno che riteneva che i viaggi interstellari avrebbero aperto l'universo a un flusso illimitato di popolazione.

Ma le cose erano andate diversamente. Quando il progetto della prima astronave vide la luce, fu chiaro che nessuna istituzione, ad eccezione del governo, disponeva dei mezzi o dei fondi per costruirle; che non sarebbe derivato alcun profitto dal trasporto di colonie ai pianeti extrasolari, a scopo di "mercantilismo interstellare". Tuttavia, i dirigenti asiatici, avevano fatto partire la prima astronave coloniale. Poi, in Occidente, si era levato il grido: "Dobbiamo permettere che le 'razze inferiori' ereditino le stelle"? C'era stata una breve serie di lanci di astronavi coloniali cariche di gente nera, bruna, bianca e gialla, mandate nei cieli, verso il Centauro, in nome del razzismo. Poi, gli specialisti di genetica avevano maliziosamente dimostrato che — poiché ogni gruppo razziale era così piccolo che, se i discendenti non avessero praticato il matrimonio misto, ciascuno di essi avrebbe subito una degenerazione genetica a causa dell'accoppiamento tra consanguinei nei pianeti coloniali — i razzisti avevano reso necessaria, per la sopravvivenza, la mescolanza delle razze.

L'unico interesse che la Chiesa aveva mostrato per lo spazio era stato per i coloni, i quali erano figli della Chiesa, tagliati fuori dal gregge a causa delle distanze interstellari. Eppure non aveva approfittato del concordato che permetteva l'invio di missioni. Esistevano certe contraddizioni tra il concordato e le leggi dello Stato che davano potere alla Commissione, almeno nel senso che la legge più recente poteva, in teoria, influire sull'invio di missioni. La contraddizione non era mai stata portata dinanzi ai tribunali, poiché non vi era mai stato un motivo di lite. Ma ora, se la Difesa Interna di Zona avesse intercettato il gruppo di frate Joshua nell'atto di lanciare un'astronave senza un permesso della Commissione, vi sarebbe stato un motivo. Zerchi pregò che il gruppo potesse partire senza bisogno di una discussione in tribunale, che avrebbe potuto richiedere settimane o mesi. Naturalmente, dopo sarebbe scoppiato uno scandalo. Molti avrebbero sostenuto non soltanto che la Chiesa aveva violato le regole della Commissione ma anche quelle della carità, mandando dignitari ecclesiastici e un gruppo di monaci, quando avrebbe potuto usare la nave come strumento di salvezza per i poveri coloni, affamati di terra. Il conflitto tra Marta e Maria si ripresentava sempre.

L'Abate Zerchi si rese conto, all'improvviso, che il suo modo di pensare era cambiato, in quegli ultimi giorni. Qualche giorno prima, tutti avevano aspettato che il cielo esplodesse. Ma erano trascorsi nove giorni da quando Lucifero era prevalso nello spazio e aveva ucciso una città con la sua vampa. Nonostante i morti, gli storpiati e i morenti, erano stati nove giorni di silenzio. Poiché l'ira si era fermata, fino a quel momento, forse il peggio poteva essere evitato. Si sorprendeva a pensare cose che potevano accadere la settimana prossima o il prossimo mese, come se, dopotutto, potesse esservi, in realtà, una settimana prossima o un prossimo mese. E perché no? Facendo un esame di coscienza, scoprì che non aveva completamente perso la virtù della speranza.

Un monaco ritornò da una commissione in città, quel pomeriggio, e riferì che nel parco, a tre chilometri dall'abbazia, veniva preparato un campo profughi.

— Credo che sia organizzato dalla Stella Verde, Domne — aggiunse.

— Bene! — disse l'abate. — Qui siamo anche in troppi, e ho dovuto rimandare indietro tre camion carichi di profughi.

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