Литмир - Электронная Библиотека
A
A

Le legioni in tonaca rimasero irrequiete ai loro posti durante la lettura. Non era ancora stato portato il cibo. Le tavole non erano apparecchiate. La cena era stata ritardata. L'organismo, la comunità la cui cellula erano uomini, la cui vita era fluita attraverso settanta generazioni, sembrava teso, quella sera, sembrava sentire una nota stonata, sembrava conscio, attraverso la connaturalità dei suoi componenti, di ciò che era stato detto solamente a pochi. L'organismo viveva come un corpo, pregava e lavorava come un corpo, e qualche volta sembrava vagamente cosciente come una mente infusa nei suoi membri che sussurrasse a se stessa e a Un Altro nella lingua prima, la lingua infantile della specie. Forse la tensione era accresciuta dal debole ringhio delle esercitazioni di una lontana base di missili anti-missili, quanto dall'inatteso rinvio del pasto.

L'abate batté una mano sul tavolo per ordinare il silenzio, poi fece cenno al priore, Padre Lehy, di avvicinarsi al leggio. Il priore mostrò per un momento un viso addolorato, prima di parlare.

— A tutti noi spiace — disse, alla fine — la necessità di turbare la quiete della vita contemplativa con notizie dal mondo esterno. Ma dobbiamo anche ricordare che siamo qui per pregare per il mondo e per la sua salvezza, come per la nostra. Specialmente ora, al mondo sarebbe utile qualche preghiera. — Si interruppe per guardare Padre Zerchi.

L'abate annuì.

— Lucifero è caduto — disse il prete, e si fermò. Rimase là ritto, a guardare oltre il leggio, come se fosse improvvisamente stordito.

Zerchi si alzò. — Questa è una deduzione di frate Joshua, comunque — disse. — Il Consiglio di Reggenza della Confederazione Atlantica non ha detto nulla di cui valga la pena di parlare. La casa reale non ha fatto dichiarazioni. Sappiamo poco di più di quanto sapessimo ieri, tranne che la Corte Mondiale si è riunita in sessione d'emergenza, e che quelli della Difesa Interna si stanno dando molto da fare. C'è un allarme difensivo, e questo riguarderà anche noi, ma non lasciatevi turbare. Padre…?

— Grazie, Domne — disse il priore, che parve riacquistare la voce quando Don Zerchi fu di nuovo seduto. — Ora, il Reverendo Padre Abate mi ha chiesto di fare i seguenti annunci:

"Primo, nei prossimi tre giorni canteremo il Piccolo Ufficio di Nostra Signora, prima del Mattutino, chiedendo la sua intercessione per la pace.

"Secondo, le istruzioni generali per la difesa civile, in caso di allarme per un attacco missilistico o spaziale sono a disposizione di tutti sul tavolo vicino all'ingresso. Ciascuno ne prenda una copia. Se le avete lette, rileggetele.

"Terzo, nel caso che suoni l'allarme, i seguenti fratelli devono presentarsi immediatamente nel cortile della Vecchia Abbazia per speciali istruzioni. Se non vi sarà alcun allarme, gli stessi fratelli si presenteranno nello stesso luogo, in ogni caso, dopodomani mattina, dopo il Mattutino e le Laudi. Ecco i nomi: i fratelli Joshua, Christopher, Augustin, James, Samuel…"

I monaci ascoltarono con quieta tensione, senza tradire emozioni. Erano ventisette nomi in tutto, ma fra essi non c'era un solo novizio. Alcuni erano eminenti studiosi, ma c'erano anche un custode e un cuoco. A prima vista, si poteva pensare che i nomi fossero stati estratti a sorte. Prima che Padre Lehy avesse finito di leggere l'elenco, alcuni frati avevano già cominciato a guardarsi l'un l'altro, incuriositi.

— E questo stesso gruppo si presenterà al dispensario per una visita medica completa, domattina, dopo la Prima — finì il priore. Si voltò per guardare Don Zerchi con aria interrogativa. — Domne?

— Sì, solo una cosa ancora — disse l'abate, avvicinandosi al leggio. — Fratelli, non pensiamo che vi sarà una guerra. Ricordiamoci che Lucifero è stato con noi, questa volta, per quasi due secoli. È stato sganciato due volte soltanto, in potenze inferiori al megatone. Noi tutti sappiamo che cosa potrebbe accadere, se scoppiasse la guerra. Le deviazioni genetiche sono ancora con noi, dall'ultima volta in cui l'Uomo cercò di sradicare se stesso. Allora, al tempo di San Leibowitz, forse non sapevano che cosa sarebbe accaduto. O forse lo sapevano, ma non potevano crederlo fino a che non l'avessero provato… come un bambino che sa cosa può fare una pistola carica, ma che non ne ha mai premuto il grilletto. Non avevano ancora visto miliardi di cadaveri. Non avevano visto i mostri, e disumanizzati, i ciechi. Non avevano visto la follia e l'omicidio e gli orrori senza ragione. Poi lo fecero, e videro tutto questo.

"Ora… ora i prìncipi, i presidenti, i presidium, adesso lo sanno, con assoluta certezza. Lo sanno, per i figli che generarono e che mandarono negli ospizi per i deformi. Lo sanno, e hanno mantenuto la pace. Non la pace di Cristo, certamente, ma la pace, fino a qualche tempo fa… con due soli incidenti bellici in molti secoli. Adesso hanno la terribile certezza. Figli miei, non possono farlo di nuovo. Soltanto una razza di dementi potrebbe farlo ancora…"

Smise di parlare. Qualcuno sorrideva. Era solo un lieve sorriso, ma in mezzo a un mare di volti seri spiccava come una mosca morta in una tazza di panna. Don Zerchi si accigliò.

Il vecchio continuò a sorridere ironicamente. Sedeva al "tavolo dei mendicanti" con altri tre vagabondi di passaggio… era un vecchio dalla barba ispida, macchiata di giallo attorno al mento. Portava, come giacca, un sacco in cui erano stati praticati i buchi per farvi passare le braccia. Continuò a sorridere a Zerchi. Sembrava vecchio come un rudere consumato dalla pioggia, un candidato adatto per la lavanda dei piedi, il Giovedì Santo. Zerchi si chiese se stava per alzarsi e fare un annuncio ai suoi ospiti, o per suonare in un corno di montone, forse?… ma era solo un'illusione provocata dal sorriso. L'abate scacciò l'impressione di aver già visto quel vecchio, in qualche posto, prima d'allora. E concluse le sue osservazioni.

Mentre ritornava al posto, si fermò. Il mendicante fece un cenno con il capo verso il suo ospite. Zerchi si avvicinò.

— Chi siete, se posso farvi questa domanda? Ci siamo già visti prima in qualche posto?

Un cantico per Leibowitz - pic_6.jpg

— Cosa?

— Latzar shemi - ripeté il mendicante.

— Non capisco…

— Mi chiami Lazarus, allora — disse il vecchio, e ridacchiò.

Don Zerchi scosse il capo e proseguì. Lazarus? In quella regione correva una favola da vecchie comari, in proposito… ma che mito assurdo era quello. Risorto da Cristo, ma ancora non cristiano, dicevano. Eppure non riusciva a sfuggire l'impressione di aver già visto quel vecchio in qualche posto.

— Fate portare il pane per la benedizione — esclamò, e il rinvio della cena ebbe termine.

Dopo le preghiere, l'abate guardò verso la tavola dei mendicanti. Il vecchio stava sventolando la minestra con una specie di cappello di vimini. Zerchi scrollò le spalle e il pasto cominciò, in un solenne silenzio.

Compieta, la preghiera notturna della Chiesa, sembrò particolarmente profonda quella sera.

Ma più tardi Joshua dormì male. Nel sogno, incontrò di nuovo la signora Grales. C'era un chirurgo che affilava un coltello e diceva: «Questa deformità deve essere asportata, prima che diventi maligna». E Rachel aprì gli occhi e cercò di parlare a Joshua, ma lui la poteva udire solo debolmente, e non la comprendeva affatto.

— Io sono l'accurata eccezione — sembrava dire. — Io commisuro la delusione. Io.

Non riuscì a capire, però tentò di avvicinarsi per salvarla. Ma davanti a lui sembrava vi fosse un muro di vetro elastico. Si fermò e tentò di leggere il movimento delle sue labbra.

Io sono, io sono…

— Io sono l'Immacolata Concezione — venne il mormorio di sogno.

Cercò di farsi largo oltre il vetro elastico per salvarla dal coltello, ma era troppo tardi e poi vi fu molto sangue. Si svegliò dall'incubo blasfemo con un brivido, e pregò, per qualche tempo; ma non appena si riaddormentò sognò di nuovo la signora Grales.

69
{"b":"119625","o":1}