— Oh!
— Non ho mai sentito un "oh" più malaugurante. Ne deduco che avete compreso le gravi implicazioni di questo fatto.
— Certamente, Monsignore. Significa che il Patto è stato una frode, da parte di Hannegan, e che lui intende usarlo contro…
— Shh! Più tardi. — Gli occhi di Apollo segnalarono l'avvicinarsi di estranei, e il frate si voltò per riempire di nuovo la tazza. Il suo interesse si appuntò improvvisamente sulla grande tazza piena di rum; così, non guardò la snella figura vestita di seta marezzata che, dall'ingresso, si dirigeva verso di loro a grandi passi. Apollo sorrise in modo formale e si inchinò all'uomo. La loro stretta di mano fu breve e notevolmente fredda.
— Bene, Thon Taddeo — disse il prete — la vostra presenza mi sorprende. Credevo che rifuggiste questi convegni festaioli. Che cosa può esservi di speciale in questo, per attrarre un celebre studioso come voi? — E sollevò le sopracciglia, in atto di ironica perplessità.
— Naturalmente, l'attrazione siete voi — disse il nuovo venuto, rispondendo con il sarcasmo al sarcasmo di Apollo. — E siete anche l'unica ragione della mia presenza.
— Io? — Apollo finse di essere sorpreso: ma l'affermazione era probabilmente vera. Il ricevimento nuziale di una sorella consanguinea non era una ragione sufficiente per costringere il Thon Taddeo a perdersi in raffinatezze formali e ad abbandonare le sale claustrali del collegio.
— Per la verità, vi ho cercato tutto il giorno. Mi hanno detto che sareste stato qui. Altrimenti… — Guardò la sala del banchetto e sbuffò, irritato.
Quello sbuffo irritato spezzò il legame di fascino che univa lo sguardo di frate Claret alla tazza del punch; il religioso si voltò per inchinarsi al Thon.
— Volete un po' di punch, Thon Taddeo? — chiese, offrendogliene una tazza colma.
Lo studioso l'accettò con un cenno e la vuotò. — Volevo farvi altre domande sui documenti leibowitziani di cui abbiamo discusso — disse a Marcus Apollo. — Ho ricevuto una lettera di un certo Kornhoer, dell'abbazia. Mi assicura che là conservano scritti che risalgono agli ultimi anni della civiltà europea-americana.
Anche se il fatto di essere stato lui stesso a fornire allo studioso quelle assicurazioni parecchi mesi prima irritò Apollo, la sua espressione non lo mostrò. — Sì — disse. — Sono assolutamente autentici, mi hanno detto.
— Se è così, mi sembra molto misterioso che nessuno abbia sentito… ma lasciamo perdere. Kornhoer ha elencato alcuni documenti e testi che sarebbero conservati nell'abbazia, e li ha descritti. Se esistono, io devo andare a vederli.
— Oh?
— Sì. Se è un'impostura, sarebbe bene scoprirlo, e se non lo è, i dati potrebbero avere un valore inestimabile.
Il monsignore corrugò la fronte. — Vi assicuro che non è un'impostura — disse, impettito.
— La lettera contiene un invito a visitare l'abbazia e a studiare i documenti. È evidente che hanno sentito parlare di me.
— Non necessariamente — disse Apollo, incapace di resistere a quell'occasione. — Non badano molto a chi legge i loro libri, purché l'individuo in questione si lavi le mani e non sfiguri le loro proprietà.
Lo studioso si accigliò. L'allusione alla possibile esistenza di persone letterate che non avevano mai udito il suo nome non gli faceva piacere.
— Benissimo, in ogni caso! — continuò affabilmente Apollo. — Non avete alcun problema. Accettate l'invito, andate all'abbazia, studiate le loro reliquie. Sarete indubbiamente il benvenuto.
Lo studioso sembrò irritato di quel suggerimento. — E dovrei viaggiare attraverso le Pianure, proprio quando il clan di Orso Pazzo sta… — Il Thon Taddeo si interruppe bruscamente.
— Stavate dicendo? — fece Apollo; il suo viso non dimostrava alcuna speciale attenzione, anche se sulla tempia una vena cominciava a pulsare, mentre il suo sguardo si fissava, in attesa, sul Thon Taddeo.
— Soltanto, è un viaggio lungo e pericoloso, e io non posso concedermi sei mesi di assenza dal collegio. Volevo discutere la possibilità di mandare un drappello di guardie del Podestà, bene armate, per portare qui i documenti da studiare.
Apollo si sentì soffocare. Provò l'impulso puerile di prendere lo studioso a calci negli stinchi. — Ho paura — disse, educatamente — che sia impossibile. Ma, in ogni caso, la questione esorbita dalla mia competenza, e temo di non potervi essere minimamente di aiuto.
— Perché no? — domandò il Thon Taddeo. — Non siete il Nunzio del Vaticano alla Corte di Hannegan?
— Precisamente. Io rappresento Nuova Roma, non gli ordini monastici. Il governo di una abbazia è completamente nelle mani del suo abate…
— Ma, con qualche lieve pressione da parte di Nuova Roma…
L'impulso di prenderlo a calci negli stinchi si fece sentire di nuovo. — Faremo meglio a discuterne più tardi — disse seccamente Monsignor Apollo. — Questa sera nel mio studio, se vi piace… — Si girò a mezzo, e guardò dietro di sé, con aria interrogativa, come per chiedere "Ebbene?".
— Ci sarò — disse con voce tagliente lo studioso, e si allontanò.
— Perché non gli avete detto un no chiaro e tondo? — sbuffò Claret quando furono soli, nell'appartamento riservato all'ambasciata, un'ora più tardi. — Trasportare reliquie inestimabili attraverso un paese di banditi, in questi tempi? È inimmaginabile, Monsignore.
— Certamente.
— E allora perché…
— Per due ragioni. Prima, il Thon Taddeo è parente di Hannegan, e ha molta influenza. Dobbiamo essere cortesi con Cesare e con la sua schiatta, anche se non ci va a genio. Seconda, aveva cominciato a dire qualcosa sul clan di Orso Pazzo, e poi si è interrotto. Credo che sappia ciò che sta per accadere. Non ho intenzione di dedicarmi allo spionaggio, ma se lui ci offre spontaneamente qualche informazione, nulla ci impedisce di includerla nel rapporto che voi consegnerete personalmente a Nuova Roma.
— Io! — Il religioso si mostrò sconvolto. — A Nuova Roma…? Ma che cosa…
— Abbassate la voce — disse il Nunzio, guardando la porta. — Dovrò mandare la mia analisi della situazione a Sua Santità, e presto. Ma si tratta di quel genere di cose che non si osa affidare alla carta. Se la gente di Hannegan intercettasse un simile dispaccio, voi e io finiremmo probabilmente annegati nel Fiume Rosso. Se invece se ne impadroniscono i nemici di Hannegan, Hannegan si sentirebbe probabilmente in diritto di impiccarci in pubblico come spie. Il martirio è una cosa bellissima, ma prima abbiamo un compito da svolgere.
— E io dovrò riferire oralmente il rapporto al Vaticano? — mormorò frate Claret, che evidentemente non si rallegrava alla prospettiva di attraversare un territorio ostile.
— È necessario. Può darsi, dico può darsi, che il Thon Taddeo ci offra un pretesto per il vostro viaggio improvviso all'abbazia di San Leibowitz o a Nuova Roma. Nel caso che qui, a Corte, qualcuno abbia sospetti, io cercherò di stornarli.
— E quale sarà la sostanza del rapporto, Monsignore?
— Che l'ambizione di Hannegan, unire il continente sotto un'unica dinastia, non è un sogno pazzesco come noi credevamo. Che il Patto della Sacra Sferza è stato probabilmente un inganno, da parte di Hannegan, e che lui intende servirsene per spingere tanto l'impero di Denver quanto la nazione Laredana in conflitto con i nomadi delle Pianure. Se le forze laredane fossero impegnate in combattimento con Orso Pazzo non occorrerebbero molti incoraggiamenti allo Stato di Chihuahua per attaccare Laredo dal sud. Dopotutto, c'è una vecchia inimicizia, tra loro. Hannegan, naturalmente, potrebbe poi marciare vittorioso a Rio Laredo. Una volta padrone di Laredo, può pensare a impadronirsi tanto di Denver quanto della Repubblica del Mississippi senza doversi preoccupare di una eventuale pugnalata alle spalle, da sud.
— Credete che Hannegan possa riuscirci, Monsignore?
Marcus Apollo fece per rispondere, poi richiuse lentamente la bocca. Si avvicinò alla finestra e guardò la città illuminata dal sole, una città disordinata e ampia, costruita principalmente con le macerie di un'altra epoca. Una città senza un piano regolatore ordinato. Era cresciuta lentamente su antiche rovine, così come un giorno, forse, un'altra città sarebbe cresciuta sulle rovine della città attuale.