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— Nessuno, Eccellenza.

— Io non sono "Eccellenza" — insorse il prete. — Ora, vediamo di ottenere la verità da te. — Andrebbe bene un piccolo intervento diretto di chirurgia, sembrava sottintendere, visto che è necessaria soltanto una amputazione trascurabile.

— Sai che i documenti possono essere invecchiati artificialmente? — domandò.

Frate Francis non lo sapeva.

— Ti rendi conto che il nome Emily non appare nei documenti che hai trovato?

— Oh, ma… — Francis si interruppe, improvvisamente incerto.

— Il nome che vi figura è Em, non è vero? Che potrebbe essere un diminutivo di Emily?

— Io… io credo che sia così, Monsignore.

— Ma potrebbe essere anche un diminutivo di Emma, non è vero? E nella cassetta appariva il nome Emma!

Francis tacque.

— Ebbene?

— Qual era la domanda, Monsignore?

— Non ci pensare! Ho solo inteso dirti che l'evidenza suggerisce che "Em" sta per Emma, ed Emma non è un diminutivo di Emily. Cosa ne dici?

— Non avevo un'opinione su questo argomento, Monsignore, ma…

— Ma cosa?

— Forse che marito e moglie spesso non badano molto al nome con cui si chiamano?

— Stai cercando di fare dell'ironia con me?

— No, Monsignore.

— Allora, di' la verità! Come hai scoperto il rifugio, e cos'è questa favola fantastica sull'apparizione?

Frate Francis tentò di spiegare. L'advocatus diaboli l'interruppe con sbuffi e domande sarcastiche, e quando ebbe finito il suo racconto, l'avvocato passò l'intera storia con un rastrello semantico, fino a che lo stesso frate Francis cominciò a chiedersi se aveva veramente veduto il vecchio oppure se aveva immaginato l'episodio.

La tecnica del controinterrogatorio era spietata, ma Francis giudicò quell'esperienza meno spaventosa di un colloquio con l'abate. L'avvocato del diavolo non poteva fare di peggio che farlo a pezzi un'unica volta, e la certezza che l'operazione sarebbe finita presto aiutò il paziente a sopportare il dolore. Quando era di fronte all'abate, invece, Francis si rendeva sempre conto che uno sbaglio poteva essere punito molte volte, poiché Arkos era il suo superiore a vita e l'inquisitore perpetuo della sua anima.

E Monsignor Flaught sembrò giudicare la versione del monaco troppo ingenua per meritare un attacco in piena regola, dopo aver osservato la reazione di frate Francis all'aggressione iniziale.

— Bene, fratello, se questa è la tua versione e tu la sostieni, non credo che ti disturberemo. Anche se è vera… il che non ammetto… è così trascurabile da essere sciocca. Te ne rendi conto?

— È quello che ho sempre pensato, Monsignore — sospirò frate Francis, che da molti anni, ormai, cercava di sminuire l'importanza che gli altri avevano dato al pellegrino.

— Ebbene, è ora che tu lo dica! — scattò Flaught.

— Ho sempre detto che mi pareva che fosse probabilmente soltanto un vecchio.

Monsignor Flaught si coprì gli occhi con la mano e sospirò pesantemente. La sua esperienza con i testimoni incerti lo indusse a non dire altro.

Prima di lasciare l'abbazia, l'advocatus diaboli, come aveva fatto prima di lui l'avvocato dei Santi, si fermò nella copisteria e chiese di vedere la copia alluminata della blueprint di Leibowitz («quella spaventosa incomprensibilità» come la definì Flaught). Questa volta le mani del monaco tremavano non di impazienza ma di paura, perché era possibile che fosse costretto ad abbandonare di nuovo il suo progetto. Monsignor Flaught osservò in silenzio la cartapecora. Deglutì tre volte. Alla fine si costrinse ad annuire.

— La tua immaginazione è vivida — ammise. — Ma questo lo sapevamo tutti, no? — Fece una pausa. — È da molto tempo che vi stai lavorando?

— Da sei anni, Monsignore… a intermittenza.

— Sì, bene, sembra che occorrano ancora altrettanti anni per finirlo.

Le corna di Monsignor Flaught si accorciarono immediatamente di un paio di centimetri, e le sue zanne scomparvero completamente. La stessa sera se ne partì dal convento per tornare a Nuova Roma.

Gli anni passarono tranquillamente, segnando di rughe i visi dei giovani e aggiungendo capelli grigi alle loro tempie. Il lavoro perpetuo dell'abbazia continuò, aggredendo quotidianamente il Cielo con l'inno sempre ricorrente dell'Ufficio Divino, rifornendo quotidianamente il mondo di un lento rivolo di manoscritti copiati e ricopiati, prestando di tanto in tanto chierici e scribi all'episcopato, ai tribunali ecclesiastici, e alle poche potenze secolari che potevano permetterselo. Frate Jeris manifestò l'ambizione di costruire un torchio da stampa, ma Arkos respinse il progetto non appena ne udì parlare. Non c'era né carta sufficiente né inchiostro adatto, e non v'era richiesta di libri poco costosi, in un mondo che si vantava del proprio analfabetismo. La copisteria continuò ad andare avanti con barattoli e pennelli.

Per la Festa dei Cinque Santi Folli, arrivò un messaggero vaticano con liete nuove per l'Ordine. Monsignor Flaught aveva ritirato tutte le obiezioni e stava facendo penitenza davanti a un'icona del Beato Leibowitz. La causa di Monsignor Aguerra era vinta: il Papa aveva dato istruzioni perché venisse emesso un decreto che raccomandava la canonizzazione. La data per la proclamazione ufficiale era fissata per il prossimo Anno Santo, e doveva coincidere con la convocazione del Concilio Generale della Chiesa allo scopo di fare una prudente riformulazione della dottrina a proposito delle limitazioni del magisterium a materie di fede e di morale; era un problema che sembrava essere stato risolto molte volte, nel corso della storia, ma sembrava ripresentarsi sotto nuova forma durante ogni secolo, specie in quei periodi bui in cui la conoscenza umana del vento, delle stelle e della pioggia era in realtà soltanto una semplice credenza. Durante il tempo del concilio, il fondatore dell'Ordine Albertiano sarebbe stato incluso nel Calendario dei Santi.

L'annuncio fu seguito da un periodo di allegrezza, nell'abbazia. Don Arkos, ormai raggrinzito dall'età e prossimo al rimbambimento, chiamò alla sua presenza frate Francis e gemette: — Sua Santità ci invita a Nuova Roma per la canonizzazione. Preparati a partire.

— Io, Monsignore?

— Tu solo. Il fratello farmacista mi proibisce di mettermi in viaggio, e non sarebbe bene che il Padre Priore si allontanasse, mentre io sono ammalato. E adesso non svenirmi di nuovo — aggiunse Don Arkos in tono querulo. — Probabilmente stai acquistando più credito di quanto meriti, perché il tribunale ha accettato la data di morte di Emily Leibowitz come provata in modo conclusivo. Ma Sua Santità il Papa ti invita comunque. Il consiglio che ti posso dare è di ringraziare Dio e di non pretendere merito.

Frate Francis vacillò. — Sua Santità…?

— Sì. Ora, noi manderemo al Vaticano la blueprint originale di Leibowitz. Cosa ne dici di prendere con te la copia alluminata come dono personale per il Santo Padre?

— Uh — disse Francis.

L'abate lo rincuorò, lo benedisse, lo definì un buon semplicione e lo mandò a preparare la bisaccia.

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