Igan e Boumour balzarono in piedi per la sorpresa. Lizbeth urlò, «No! Oh, no!»
Harvey si scagliò in avanti, sferrò un pugno contro la mascella di Svengaard, mentre con l’altra mano gli tappava la bocca. Rimasero immobili, in una terribile attesa, mentre l’hovercraft continuava a guadagnare velocità.
Igan emise un respiro tremulo, fissò lo sguardo negli occhi di Lizbeth, che avevano assunto un’espressione selvaggia.
Dal comunicatore provenne la voce dell’autista: «Cosa è successo? Non sapete neppure osservare le precauzioni più semplici?»
Il tono di voce accusatorio, ma nel contempo privo di emozioni, gelò Harvey. Si chiese perché l’autista si fosse rivolto loro in quel modo, invece di annunciare se erano stati scoperti oppure no. Poi si rese conto che Svengaard giaceva svenuto sotto di lui. Sperimentò l’impulso selvaggio di strozzarlo seduta stante, ebbe quasi l’impressione di stringere tra le mani la gola dell’uomo.
«Ci hanno sentito?» sussurrò Igan.
«Apparentemente no,» rispose l’autista, con voce resa gracchiante dal comunicatore. «Non noto alcun segno d’inseguimento. Presumo che eviterete di commettere di nuovo una simile imprudenza. Per favore, mi spieghi cosa è successo.»
«Svengaard si è svegliato prima di quanto ci aspettassimo.»
«Ma era imbavagliato.»
«In qualche modo… è riuscito a liberarsi del bavaglio.»
«Forse dovreste ucciderlo. È ovvio che con lui il ricondizionamento non funzionerà.»
Harvey si allontanò da Svengaard. Ora che il Cyborg aveva ventilato quella prospettiva, lui non aveva più alcuna voglia di uccidere Svengaard. Harvey si chiese chi fosse colui che si trovava nella cabina di guida. I Cyborg sembravano tutti uguali, grazie alla loro intelligenza computerizzata tanto lontana da quella umana, ma l’autista era ancora più distaccato del solito.
«Rifletteremo… su cosa fare,» rispose Igan.
«Svengaard è stato neutralizzato?»
«Sì, è svenuto. Ora non darà più fastidi.»
«Certo non grazie a lei,» commentò Harvey fissando Igan. «Era proprio sopra di lui.»
Il viso di Igan impallidì. Ricordò di essere rimasto immobile, dopo essere balzato in piedi per la paura e la sorpresa. Fu travolto da un moto di rabbia. Con che diritto quel bifolco osava rimproverare un dottore? «Mi dispiace, ma temo di non essere un uomo incline alla violenza,» rispose freddamente.
«Allora farà meglio a diventarlo,» ribatté Harvey. Sentì che Lizbeth gli posava la mano sulla spalla e le permise di farlo sedere di nuovo sulla panca. «Se ha ancora un po’ di quella roba che ha usato per addormentare Svengaard, sarà meglio che gliene somministri un po’, prima che si svegli di nuovo.»
Igan si rimangiò una risposta tagliente.
«È nella borsa sotto la nostra panca,» disse Boumour. «Un suggerimento ragionevole.»
A malavoglia, Igan cercò a tentoni una siringa e iniettò a Svengaard il narcotico.
Ancora una volta dal comunicatore provenne la voce dell’autista: «Attenzione! Anche se non ci hanno inseguito immediamente, non dobbiamo presupporre che non abbiano rilevato le vostre voci. Di conseguenza, sto eseguendo il Piano Gamma.»
«Chi è l’autista?» bisbigliò Harvey.
«Non ho visto chi hanno programmato per quest’incombenza,» disse Boumour. Studiò Harvey. Quella domanda era decisamente appropriata. Quel Cyborg era strano, molto più della media. Gli avevano detto che l’autista sarebbe stato dotato di un computer eccezionalmente veloce, una macchina progettata per aumentare al massimo le probabilità di successo della loro fuga. Ma chi aveva scelto il programma?
«Cos’è il Piano Gamma?» sussurrò Lizbeth.
«Stiamo abbandonando il percorso in precedenza scelto,» disse Boumour. Fissò la parete di fronte a lui. Abbandonare il percorso scelto… questo significava che ormai dipendevano esclusivamente dall’abilità dell’autista… e dalle eventuali cellule dell’Associazione che non fossero state scoperte. Ovviamente ognuna di quelle cellule poteva essere già sorvegliata dalla Sicurezza. Anche l’animo di Boumour, di solito saldo come una roccia, iniziò a provare il morso della paura.
«Autista!» chiamò Harvey.
«Silenzio,» replicò bruscamente il Cyborg.
«Si attenga al piano originale,» ordinò Harvey. «Là dove eravamo diretti sono dotati di attrezzature mediche, nel caso mia moglie…»
«La salvezza di sua moglie non è considerata il fattore principale,» rispose l’autista. «I membri che agiscono lungo il percorso programmato non devono essere scoperti. Non mi distragga con le sue obiezioni. Il Piano Gamma verrà eseguito.»
«Tanto vale rassegnarsi,» commentò Boumour, mentre Harvey balzava in piedi, reggendosi con una mano sulla panca. «Cosa può farci lei, Durant?»
Harvey ricadde a sedere, cercò a tentoni la mano di Lizbeth. La moglie gli segnalò, «Aspetta. Non hai letto i dottori? Anche loro sono spaventati… e preoccupati.»
«Io mi preoccupo solo di te,» gli rispose allo stesso modo Harvey.
E così la salvezza della donna — e probabilmente la salvezza di noi tutti — non costituisce il fattore principale, pensò Boumour. Ma qual è allora il vero obiettivo? Che tipo di programma controlla il nostro computer di carne?
CAPITOLO QUATTORDICESIMO
Dei tre membri della Tuyere, soltanto Nourse occupava il suo trono all’interno del Globo, e la sua attenzione era concentrata sui raggi, le luci ammiccanti e i quadranti, gli ologrammi fosforescenti che riferivano sulle attività della Gente. Un sensore video gli mostrò che in quell’emisfero era ormai calata la sera. L’oscurità aveva avvolto le terre che si stendevano da Seatac alla megalopoli di N’Scotia. Nourse considerò il calare delle tenebre come un presagio nefasto di ciò che sarebbe accaduto e desiderò che Schruille e Calapine si affrettassero a tornare.
Lo schermo video si attivò. Nourse voltò il viso verso di esso, vi vide comparire i lineamenti di Allgood. Il Capo della Sicurezza rivolse un inchino a Nourse.
«Cosa c’è?» gli chiese l’Optimate.
«Il Posto di Blocco di Seatac Est riferisce che è appena passato un veicolo con uno strano carico, Nourse. Le turbine erano dotate di dispositivi di mascheramento acustico, ma siamo riusciti a capire che servivano a nascondere il respiro di cinque persone nascoste nel carico. Mentre il veicolo iniziava a muoversi, si è udito uno scoppio di voci. In base alle tue istruzioni, abbiamo applicato un tracciatore al veicolo e adesso lo stiamo tenendo sotto sorveglianza. Quali sono i tuoi ordini?»
Sta iniziando, si rese conto Nourse. E io sono qui da solo.
Nourse osservò gli strumenti collegati con i posti di blocco. Seatac Est. Il veicolo era un puntino verde che si muoveva sullo schermo. Lesse i dati in codice binario che descrivevano l’incidente, li confrontò con un’analisi motivazionale totale. Ne ricavò analoghi di probabilità che lo colmarono di un senso di inquietudine, di catastrofe imminente.
«Le voci sono state identificate, Nourse,» disse Allgood. «Le impronte vocali appartenevano a…»
«Svengaard e Lizbeth Durant,» terminò la frase Nourse.
«E visto che la donna è lì, il marito non può essere troppo lontano,» disse Allgood.
L’abitudine di Allgood di affermare l’ovvio stava iniziando a irritare Nourse, che represse la rabbia e notò che l’uomo aveva dimenticato di usare il nome-titolo del suo superiore. Era un segnale microscopico, ma significativo, specie se Allgood apparentemente non si accorgeva di aver commesso un errore.
«E così ce ne restano soltanto due da identificare,» disse Nourse.
«Ma possiamo formulare un’ipotesi abbastanza verosimile… Nourse.»
Nourse diede un’occhiata agli analoghi di probabilità. «Due dei nostri farmacisti.»
«Uno di loro potrebbe essere Potter, Nourse.»
Nourse scosse il capo. «Potter è ancora a Seatac.»