L’incredibile bruttezza di Allgood affascinava Boumour. Il capo della Sicurezza era un semplice basso e tarchiato, con un viso tondo e saettanti occhi a mandorla, un ciuffo di capelli scuri che gli ricadeva sulla fronte: un genotipo Shang, o almeno così si intuiva dal suo aspetto.
Allgood si voltò verso la Barriera di Quarantena, e con un sussulto provocato da un’intuizione improvvisa Boumour comprese che la bruttezza esterna di Allgood scaturiva da quella interiore. Era la bruttezza creata dalle paure, sue e di coloro che proteggeva. Quella comprensione provocò in Boumour un’improvvisa sensazione di sollievo, che egli segnalò a Igan attraverso pressioni esercitate dalle proprie dita sulla spalla dell’altro.
Igan si scostò improvvisamente da Boumour, per guardare la campagna. È ovvio che Max Allgood abbia paura, pensò. Vive immerso in un groviglio inestricabile di paure… proprio come gli Optimati… povere creature.
La vista che era possibile godere dalla Centrale iniziò a imprimersi sui sensi di Igan. Quella era una giornata di primavera tanto perfetta da sembrare irreale, ed era stato il Centro di Controllo Metereologico a stabilire che fosse così. La scalinata che conduceva all’edificio dell’Amministrazione guardava verso un lago, rotondo e perfetto come una lastra di smalto azzurro. Su di una bassa collina alle sue spalle, sorgevano alcuni plinti di plasmeld, simili a pietre bianche: erano gli ingressi degli ascensori che scendevano nella superprotetta e segreta fortezza degli Optimati, duecento piani più in basso.
Oltre la collina, il cielo diventava di un oleoso color azzurro cupo. Era attraversato di tanto in tanto da bagliori rossi, verdi e dorati, secondo uno schema piuttosto banale. Poi si udì un rombo smorzato: da qualche parte, nel territorio della Centrale, un Optimate aveva dato il via per divertimento a un temporale controllato.
Igan pensò che si trattava di una dimostrazione futile, priva di pericolo o di dramma… due parole, decise, che avevano lo stesso significato.
Quel giorno, la tempesta era la prima cosa vista da Allgood che si adattasse alla sua interpretazione dell’atmosfera che pervadeva la Centrale. Per lui, la Centrale era la sede di un potere supremo e oscuro. Le persone svanivano in essa e non erano mai più riviste, e solo lui, il capo della Sicurezza, e una manciata tra gli agenti più fedeli, erano a conoscenza del loro fato. Allgood aveva l’impressione che lo scoppio di tuono si adattasse alla perfezione ai suoi sentimenti; era un suono che simboleggiava un potere assoluto. In preda alla tempesta, adesso il cielo stava assumendo un acido colore giallastro, mentre le nubi disperdevano l’aria primaverile. I plinti, sulla collina che dominava il lago, erano divenuti cenotafi pagani profilati contro uno sfondo verde-porpora.
«Possiamo proseguire,» lo avvertì Boumour.
Allgood si voltò e scoprì che la Barriera di Quarantena si era sollevata. Entrò per primo nella Sala del Consiglio con le sue pareti di scintillante materiale adamantino e i suoi banchi di plasmeld vuoti. Il terzetto attraversò lingue ondeggianti di vapore profumato, che si aprirono al loro passaggio.
Accoliti Optimati, che indossavano cappe verdi fissate alle spalle da fibbie di diamanti, uscirono dall’oscurità che avvolgeva la maggior parte della sala per scortarli. Sulle loro cappe erano intessute zampogne di platino, ed essi agitavano turiboli d’oro che emanavano nuvole rosa di antisettico.
Allgood mantenne la sua attenzione sull’altra estremità della sala. Là, un globo gigantesco, rosso come una radice di mandragora, era sospeso tra una miriade di raggi luminosi. Aveva un diametro di circa quaranta metri, e una delle sue sezioni era ripiegata all’indietro, come se a un’arancia fosse stata tagliata via un pezzo di buccia. Quello era il Centro di Controllo della Tuyere, lo strumento dotato di bizzarri poteri, e di apparati sensori ancora più strani, mediante i quali essi dominavano i loro sudditi. All’interno lampeggiava una miriade di luci verdi fosforescenti, insieme all’azzurro intenso delle lampade ad arco. Grandi quadranti rotondi inviavano messaggi e luci rosse guizzavano ammiccanti. Cifre scorrevano apparentemente attraverso l’aria, mentre simboli esoterici danzavano su nastri di luce.
Al centro, simile al nocciolo del frutto, si ergeva una colonna bianca, che sosteneva una piattaforma triangolare. Ai vertici del triangolo, assisi su troni in plasmled dorato, sedevano i tre Optimati conosciuti come la Tuyere — amici, compagni, eletti come supremi dominatori di quel secolo, e con ancora settantotto anni di potere innanzi a loro. Per i tre, quel mandato era lungo quanto un battito di ciglia, e spesso rappresentava una seccatura, in quanto li costringeva ad affrontare realtà spiacevoli che gli altri Optimati mascheravano con l’uso di eufemismi.
Gli accoliti si fermarono a venti passi dal globo, ma continuarono ad agitare i loro turiboli. Allgood avanzò di un passo, fece segno a Igen e Boumour di fermarsi. Il capo della Sicurezza sapeva fin dove poteva spingersi, in quel luogo. Hanno bisogno di me, si disse. Ma non nutriva illusione alcuna sui pericoli che quel colloquio avrebbe potuto riservargli.
Allgood sollevò lo sguardo verso il centro del globo. Un sottile e danzante schermo d’energia formava come un velo ingannevolmente trasparente; attraverso di esso, si intravedevano forme, profili, ora chiari, ora confusi.
«Sono venuto,» annunciò Allgood.
Boumour e Igan ripeterono quella formula di saluto, ricordando a se stessi il protocollo che in quel luogo doveva essere rigidamente osservato: Chiamate sempre per nome l’Optimate a cui vi state rivolgendo. Se non conoscete il suo nome, chiedeteglielo umilmente.
Allgood attese che la Tuyere rispondesse. Qualche volta pensava che non possedessero alcuna percezione del passare del tempo, od almeno che con si accorgessero del trascorrere dei secondi, dei minuti, o perfino dei giorni. Poteva davvero essere così. Per individui dotati di vita eterna, l’alternarsi delle stagioni avrebbe potuto essere simile al rapido ticchettio di un orologio.
Il supporto dei troni girò, presentando uno ad uno i tre membri della Tuyere. Sedevano avvolti da abiti traslucidi e aderenti, che li facevano apparire seminudi, e sottolineavano la loro somiglianza con i semplici. Di fronte al segmento aperto adesso c’era Nourse, la cui figura ricordava quella di un dio greco, con il viso squadrato, folte sopracciglia, un torace gonfio di muscoli che si contraevano ad ogni respiro. E quanta regolarità c’era in quel respiro, quanta controllata lentezza!
La base ruotò, mostrando Schruille, minuto, imprevedibile, con grandi occhi rotondi, alti zigomi, un naso schiacciato, una bocca che sembrava perpetuamente atteggiata in una smorfia di disapprovazione. Era anche il più pericoloso dei tre. Alcuni dicevano che parlava di cose che gli altri Optimati consideravano tabù. Una volta, in presenza di Allgood, aveva pronunciato la parola "morte", anche se si stava riferendo a quella di una farfalla.
Ancora una volta la piattaforma girò e apparve Calapine, con la veste cinta da placche di cristallo. Era una donna snella, dai seni alti, aveva capelli castani dalla sfumatura dorata, occhi gelidi e insolenti, labbra piene e un lungo naso su un mento aguzzo. Allgood, in qualche occasione, l’aveva sorpresa a guardarlo stranamente. Da parte sua, aveva cercato di non pensare a quegli Optimati che sceglievano dei semplici come Compagni.
Nourse parlò a Calapine, guardandola attraverso il riflettore prismatico montato sulla spalliera di ogni trono. Lei gli rispose, ma le voci non riuscirono ad arrivare fino al pavimento della sala.
Allgood osservò attentamente quello scambio di battute, nel tentativo di intuire l’umore dei due. La Gente sapeva che Nourse e Calapine erano stati amanti per periodi equivalenti a molte centinaia di vite di semplici. Nourse godeva della fama di possedere una volontà forte ma prevedibile, mentre Calapine era dotata di una mente capricciosa e volubile. Bastava menzionare il suo nome, e molto probabilmente qualcuno avrebbe rivolto gli occhi al cielo, chiedendo, «Cosa ha combinato questa volta?» Di solito quelle parole venivano pronunciate con un misto di paura e ammirazione. Allgood conosceva quella paura. Aveva servito altre Triadi Supreme, ma nessuna di esse aveva messo così a dura prova la sua tempra come quest’ultima… e la peggiore dei tre era proprio Calapine.