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— Dell’Uomo senza Volto?

— Sì, commissario. Era il simbolo del reale rapporto che univa Reich a D’Courtney. Non aveva volto perché Reich non poteva accettare la verità. Esso rappresentò dapprima la minaccia della condanna che sarebbe seguita all’esecuzione dei suoi criminosi progetti. Poi si trasformò nella condanna stessa per il delitto compiuto.

— I tranelli?

— Esatto. Reich tese a se stesso quei tranelli senza rendersene conto… in breve fuga dalla realtà cosciente. I trucchi dell’inconscio sono formidabili.

— Ma se Reich stesso non sapeva nulla di tutto questo, come avete fatto a capirlo voi?

— Abbiamo applicato la misura dell’Azione di Massa, signore. È assai difficile da spiegare, ma farò del mio meglio. La psiche di ogni essere umano si compone di energia latente e di energia accumulata. L’energia latente è la nostra riserva, la segreta risorsa naturale della nostra mente. L’energia accumulata è quest’energia latente quando viene chiamata a raccolta e utilizzata per qualche scopo specifico. Moltissimi di noi usano soltanto una minima parte dell’energia latente.

— Capisco.

— Quando la Lega ricorre all’Azione di Massa, ogni esper schiude per così dire la propria psiche e lascia che la sua energia latente fluisca verso un bacino di raccolta. Un solo esper si mette in contatto con il bacino e diviene il canale dell’energia latente. Egli l’accumula in sé e poi la utilizza, e con l’aiuto di essa può compiere cose grandiose… se riesce a controllarla. È un’operazione difficile e pericolosa. Come trovarsi lanciati verso la Luna, insieme a una carica di dinamite… anzi a cavallo di una carica di dinamite.

Crabbe sogghignò d’improvviso. — Mi piacerebbe essere una telespia — disse. — Mi piacerebbe vedere chiaramente l’immagine che vi passa per la testa in questo momento.

— Ma l’avete afferrata perfettamente, signore — sogghignò Powell di rimando.

Per la prima volta un senso d’intesa cordiale si era stabilito tra di loro.

— Era necessario — continuò Powell — mettere Reich faccia a faccia con l’Uomo senza Volto. Era necessario che lui vedesse la verità perché noi potessimo scoprire qual era. Servendomi del bacino di energia latente, ho immesso nel cervello di Reich un’idea fissa tipica di molti malati di mente… l’illusione, cioè, di essere la sola cosa reale in tutto il mondo.

— Ma come, io ho spesso… è davvero tanto tipica?

— È uno dei fondamentali mezzi di evasione mentale. Quando la vita diventa troppo dura per voi, voi cercate rifugio nell’idea che si tratta di un gigantesco trucco. Reich aveva già in sé le radici di questa illusione. Non ho fatto che svilupparle. Sono riuscito a distruggere tutto, per poco non mi sono spezzato nello sforzo… ma alla fine Reich è rimasto solo nel nulla con l’Uomo senza Volto. Allora, poiché non poteva guardare altrove, è stato costretto a guardare quel volto e vi ha visto se stesso e il proprio padre. Una volta raggiunto questo momento, avevamo tutto quanto ci serviva.

Powell prese il suo pacco e si alzò; Crabbe scattò in piedi e lo accompagnò alla porta tenendogli cordialmente una mano sulla spalla.

— Avete compiuto un’impresa formidabile, Powell. Tutto quanto posso dirvi è che deve essere una gran bella cosa essere un esper. Dovete sentirvi tutti molto felici.

Powell si fermò sulla porta. — Sareste felice di vivere in un ospedale, commissario?

— Un ospedale?

— Così viviamo noi esper, tutti noi. Nel reparto psichiatrico. Senza scampo, senza rifugio. Ringraziate il cielo di non essere una telespia, signore. Di vedere l’uomo solo nel suo aspetto esteriore. Ringraziate il cielo di non aver mai visto le passioni, gli odii, le gelosie, le crudeltà, le malattie. Il mondo sarà un luogo meraviglioso quando tutti diventeranno esper, dotati delle adeguate facoltà. Ma fino allora, siate felice di essere cieco.

Uscì dal Comando, salì su una Cavalletta e si fece portare verso nord: al Kingston Hospital. Seduto nella cabina, con il pacco sulle ginocchia, contemplò affascinato la meravigliosa vallata dell’Hudson.

Poi apparve il Kingston Hospital, una vasta distesa di prati, di piscine, di ampie terrazze soleggiate, di campi sportivi, di padiglioni, di cliniche, tutto in uno squisito stile neoclassico. Mentre la Cavalletta planava, Powell riuscì a distinguere le figure dei pazienti e dei sorveglianti che, abbronzati e animati, giocavano e ridevano insieme.

Passò dall’Ufficio Visitatori, chiese dove si trovasse Barbara D’Courtney, e s’incamminò nella direzione che gli fu indicata.

Si videro nello stesso momento, in un vasto spiazzo d’erba fiancheggiato da terrazze di pietra e da luminosi giardini. Lei volò verso di lui, agitando le mani, ed egli si precipitò verso di lei. Poi, mentre si avvicinavano, furono colti entrambi da una specie di timidezza. Si fermarono, a qualche passo di distanza l’uno dall’altra, non osando guardarsi.

— Salve.

— Salve, Barbara. — Pausa. — Andiamo all’ombra.

Si ripararono all’ombra di una terrazza. Powell la guardò con la coda dell’occhio. Era più vivace che mai. E l’espressione da monella — quella che egli credeva fosse semplicemente da attribuirsi agli effetti del déjà éprouvé — era ancora sul suo viso. Lei aveva un’aria inesprimibilmente birichina, allegra, attraente. Ma era una donna fatta, ora. Lui non la conosceva.

— Sarò dimessa questa sera — disse Barbara.

— Lo so.

Si sedettero su una panchina di pietra. Lei gli volse uno sguardo pieno di gravità. — Voglio dirvi quanto vi sia grata.

— Per favore, Barbara. Mi mettete a disagio.

— Davvero?

— Vi conoscevo così bene da bambina, ma ora…

— Ora sono cresciuta di nuovo.

— Sì.

— Dovete approfondire la conoscenza, ora. Vogliamo vederci domani all’ora del tè? Va bene alle cinque? Un invito del tutto confidenziale.

— Sentite — disse Powell disperatamente. — Vi ho aiutato più volte a vestirvi. E vi ho pettinato, e vi ho raccomandato di pulirvi bene i denti.

Lei agitò graziosamente una mano, sorridendogli.

— Vi piaceva il pesce, ma non potevate soffrire l’agnello. Una volta me ne avete ficcato un pezzetto in un occhio.

— È stato tanto tempo fa, signor Powell.

— È stato due settimane fa, signorina D’Courtney.

Si alzò con aria maestosa. — Ma signor Powell! Se insistete su queste calunnie cronologiche… — Si interruppe e lo fissò. L’espressione da monella riapparve sul suo viso. — Cronologiche? — ripeté.

Lui depose il pacco e la prese tra le braccia.

— Signor Powell — mormorò. — Ciao, signor Powell.

— Mio Dio, Barbara-Baba, tesoro. Per un istante ho creduto che parlassi sul serio.

— Ti ricambiavo di tutte le tue cure per farmi crescere bene.

— Sei sempre stata una bambina vendicativa.

— Sei sempre stato un cattivo papà. — Si piegò un poco all’indietro e lo guardò. — Mary Noyes mi ha raccontato. Tutto.

— Davvero?

Barbara annuì. — Aveva ragione. Io sono pronta a tutto.

Lui rise, irradiando intorno a sé una grande ondata di felicità. — Non devi sentirti pronta a nulla. Siediti. Voglio chiederti una cosa.

Barbara sedette.

— Devo ritornare a quella notte.

— In casa Beaumont?

Annuì.

— Non è facile parlarne — bisbigliò lei, tristemente.

— Sarà affare di un minuto. Tu eri a letto, addormentata. Improvvisamente ti svegliasti e ti precipitasti nella camera delle orchidee. Ricordi il resto…

— Ricordo.

— Una domanda. Che grido ti svegliò?

— Lo sai.

Stando al capezzale del letto di Ben Reich, Powell vide i segni della consapevolezza, della pena, in quegli occhi stralunati, balenanti.

Il dottor Johnny Jeems posò una mano sul braccio di Reich. — È un ragazzo pieno di risorse. Abbiamo grandi speranze per lui.

Reich si agitò e si contorse.

— Come riesce l’operazione? — chiese Powell ansiosamente.

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